Giovani
25 novembre, 2025La prima disegnata a mano sull'auto, la seconda fatta con dei ramoscelli e la terza con dei sassi di fronte al pianerottolo dell’appartamento dove vive con la famiglia
Trovarsi tre svastiche fuori casa, sembrerebbe, per la propria attività politica. Non è una storia che arriva dalla Germania degli anni Trenta, ma da Latina, nel 2025. A subire il gesto Stefano Vanzini, segretario 28enne dei Giovani democratici del capoluogo di provincia, che ha denunciato sui social il ritrovamento di tre svastiche tra fine ottobre e l’8 novembre: la prima disegnata a mano sulla propria macchina, la seconda fatta con dei ramoscelli, la terza con dei sassi di fronte al pianerottolo dell’appartamento dove vive con la sua famiglia. Vanzini ha ricevuto la solidarietà di alcuni parlamentari del Partito democratico.
Come si è sentito trovando le svastiche fuori casa?
“Davanti alla prima ho riso. Era una svastica sulla macchina, fatta con il dito. La mia macchina è sempre sporca e ho pensato: la solita cretinata. Magari poteva essere stato un amico di destra che ha visto la targa, ha riconosciuto il posto. La seconda invece era fatta con dei ramoscelli. Qualcuno si è chinato, li ha raccolti, li ha sistemati. Non era più un gesto al volo. Ma non me ne sono fatto un cruccio. Davanti alla terza ho iniziato a prendere la situazione più sul serio: era sul pianerottolo. Davanti alla porta dell’undicesimo piano. A venti centimetri da casa. Lì capisci che non è più solo una bravata. Qualcuno è salito, ti ha cercato, ha aspettato il suo buio, si è preso la sua vigliaccheria e l’ha lasciata lì. Non è che ti cambia l’umore. Ti cambia la misura delle cose. Non è più un episodio. È un messaggio”.
Non deve essere una situazione facile per lei e la sua famiglia.
“Mia madre ha raddoppiato le telefonate. Mattina, pomeriggio, sera. Come se la sua voce potesse fare da guardia per chi si avvicina alla porta. La sua, e quella di mio fratello, è la paura normale, pulita, di chi ti vuole bene. Io cerco sempre di non trascinarli dentro guerre che non hanno scelto”.
Le forze dell’ordine si sono interessate a questa vicenda?
“Sono state loro a cercarmi. Mi hanno ascoltato. Sembra poco, ma è tantissimo. Ho avuto la sensazione che fossero più preoccupati loro di me. Domande, appunti, attenzione. Quando qualcuno prende sul serio quello che ti è successo, il pavimento sotto i piedi torna a essere solido”.
Il contesto di Latina non deve essere semplice.
“Prima di questo si erano già verificati in passato episodi simili, ma non solo qui. Roma, Milano, Firenze: è un catalogo, purtroppo. Ogni tanto questi simboli riemergono, come muffa dove c’è umidità. Latina è una città complicata, lo sappiamo. Qui c’è una cosa in più: la normalizzazione. La svastica, il saluto romano, i simboli dell’estrema destra sono trattati spesso come folklore, colore locale. Ma non è così. Non è folklore, non è coreografia. E soprattutto non è il volto vero della città. Latina è altro, è meglio, è più larga di questo”.
Questo evento influenzerà il suo modo di approcciarsi all’attività politica?
“No. Se ti fermi davanti a questi gesti, hai già perso”.
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