Giovani
16 settembre, 2025Umberto Eco, nella sua Bustina "Si può amare Joyce e Dan Brown?", parla della nostra incapacità ad accogliere gusti letterari, e aggiungerei culturali, differenti. Facciamo fatica a immaginare qualcuno che guardi i film di Kubrick e, allo stesso tempo, sia in grado di divertirsi grazie a un cinepanettone
Quanto i gusti personali rappresentano chi siamo? Si dice che da questi non si possano ricavare giudizi sul nostro carattere. Eppure, se nelle cuffie riproduciamo Yesterday invece di un valzer di Chopin vorrà dire qualcosa sulla nostra personalità, esprimerà pure una parte della nostra identità. Oppure sono solamente sottofondi che accompagnano la quotidianità, senza scalfire minimamente la formazione del nostro io.
D’altro canto, è difficile credere che ascoltiamo, leggiamo, osserviamo, cantiamo, cuciniamo, raccontiamo qualcosa senza scorgere al suo interno un nostro riflesso, un piccolo cosmo familiare. Umberto Eco, nella sua Bustina "Si può amare Joyce e Dan Brown?", parla della nostra incapacità ad accogliere gusti letterari, e aggiungerei culturali, differenti. Facciamo fatica a immaginare qualcuno che guardi i film di Kubrick e, allo stesso tempo, sia in grado di divertirsi grazie a un cinepanettone. Ma, in realtà, non tolleriamo l’incoerenza più di quanto siamo disposti a immaginare: soprattutto quando le contraddizioni riguardano noi stessi.
Consideriamo sbagliato amare ciò che un tempo abbiamo detestato: la coerenza rappresenta un valore, una qualità di una persona. Crediamo che l’incoerenza sia sempre e comunque una colpa, un sintomo di inaffidabilità. Eppure, se ci soffermiamo a pensare alla persona che, da bambini o da adolescenti, immaginavamo saremmo diventati, in pochi si riconoscerebbero nell’immagine dipinta all’epoca da noi stessi. Forse questo ci potrebbe spaventare, potremmo scoprire di disprezzare la nostra attuale versione: abbandonando ciò che un tempo adoravamo, abbiamo semplicemente accettato, un giorno, di non proseguire una via che sembrava prestabilita.
Un giorno come altri abbiamo deciso di non sfiorare mai più un pianoforte quando, un tempo, il nostro desiderio era di suonarlo nei palcoscenici più importanti: abbiamo scelto di appendere gli scarpini al chiodo, non ci siamo ricandidati, non abbiamo più danzato, abbiamo smesso di scrivere. Lasciando andare per sempre una variante di noi stessi che oggi non esiste più, ma di cui un tempo ci siamo presi cura. Nonostante ciò, continuiamo a condannare l’incoerenza come un peccato. Ma in fondo, questa riflessione, finché riguarda ciò che abbiamo scelto in passato, la scrolliamo di dosso come un pensiero intrusivo. Nel presente, tentiamo di interpretare la trama del personaggio che abbiamo deciso di essere, pronti a diventare terribili giudici nel caso in cui mostrassimo sbavature: non possiamo essere tipi da camicia in lino e sentirci a nostro agio con una t-shirt, non possiamo mangiare una pizza nel cartone se frequentiamo ristoranti stellati. Abbiamo imparato che le etichette dobbiamo appuntarle, senza chiederci nemmeno perché a noi sia capitata l’una o l’altra.
Allora Mercoledì Addams deve essere la ragazza pungente, egoista, ostinata nel raggiungere i propri obiettivi, Scrooge deve odiare il Natale, un supereroe deve essere coraggioso, una matrigna deve essere cattiva. Non possiamo sentirci stanchi, esausti, quando siamo abituati a marciare, a correre senza sosta. Non possiamo prendere un voto troppo alto a un esame, perché gli altri potrebbero continuare ad aspettarsi questo. Così continuiamo a recitare la parte che ci hanno affidato, il personaggio che non abbiamo tracciato. Dovremmo imparare a riconoscere che spesso ci aggrappiamo a nostre vecchie versioni, a ritratti privi di espressione, credendo riproducano ancora i lineamenti del nostro volto: spesso sono solo copie sbiadite.
Forse la nostra storia personale è una grande invenzione, una narrazione che abbiamo stilato in un preciso momento della nostra vita dandoci una rotta: facendoci inseguire ciò che, in quell’istante, credevamo giusto per noi, ma nella quale non siamo più in grado di riconoscerci. Pur non amando chi cambia idea velocemente, dovremmo imparare ad apprezzare la bellezza di essere incoerenti nell’arco della nostra vita. Abbiamo visto Mercoledì abbracciare la propria amica e Scrooge donare regali: non ci avrebbero affascinato se non avessero scosso i fili delle proprie marionette. Un ritratto senza sbavature rischia di trasformarsi in una prigione: la consapevolezza di essere ciò che un tempo non avremmo accettato può, a volte, diventare un atto di coraggio.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Nuovo ordine - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 12 settembre, è disponibile in edicola e in app