Un disegno di Tullio Pericoli, pittore e illustratore, sulla copertina de L’Espresso del 22 febbraio 1976 trasformò in modo irreversibile l’immagine pubblica del presidente della Repubblica Giovanni Leone, segno che la satira politica era in grado, sopratutto negli anni Settanta, di muovere idee e opinioni. Vestito da marinaretto, il capo di Stato illustrato da Pericoli veniva associato allo scandalo Lockheed appena scoppiato anche in Italia, aprendo la strada alle inchieste de L’Espresso che nel 1978 portarono alle dimissioni di Leone stesso. Nel disegno, diviso in quattro vignette, Pericoli faceva riferimento ai poteri del presidente della Repubblica, che in qualità di massima carica dello Stato avrebbe dovuto esporsi contro i “ministri delle bustarelle”, come capo delle forze armate avrebbe dovuto sapere di più sulle tangenti della Lockheed all’Aeronautica militare e, infine, come capo della magistratura avrebbe dovuto appoggiare un’inchiesta. La sua sostanziale vicinanza ai fratelli Léfebvre - Antonio suo personale amico e Ovidio, agente italiano della Lockheed - complicò la posizione di Leone, tanto che L’Espresso, citando Léfebvre nell’ultima vignetta di fatto riconobbe in Leone l’Antelope Cobbler, nome in codice nello scandalo Lockheed, e provò a a lungo a dimostrarlo, ricevendo anche una condanna per diffamazione.

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