Un libro leggendario. Un regista sofisticato. Uno sceneggiatore amato da Polanski. E attori in carriera. 'L'espresso' ha visto in anteprima il film tratto da uno dei capolavori di Gabriel Garcìa Màrquez (Da Los Angeles)

Erano 22 anni che Hollywood faceva la corte a Gabriel García Márquez per avere i diritti cinematografici del suo romanzo bestseller 'L'amore ai tempi del colera' (pubblicato nel 1985). L'autore colombiano premio Nobel per la letteratura (1982) ha tenuto duro fino a due anni fa, quando il produttore Scott Steindorff e la New Line Pictures lo hanno convinto con ragioni che niente avevano a che fare col denaro, di cui l'80enne García Márquez (detto Gabo) dispone in abbondanza. Gli argomenti vincenti erano: un regista giusto, uno sceneggiatore in grado di lavorare su copioni sofisticati, un attore in forte ascesa, una protagonista brava e bella. Insomma tutti gli ingredienti per un Oscar.

Il copione del sudafricano Ronald Harwood, che nel 2000 con 'Il pianista' di Roman Polanski vinse la statuetta d'oro dell'Accademia per la miglior sceneggiatura (e che con Roman Polanski ha lavorato allo stupendo 'Oliver Twist'), metteva in risalto lo stile - un po' confessione un po' commedia - della saga dell'amore di Fiorentino per la bella Fermina nell'arco di oltre 50 anni nella Colombia tra la seconda metà dell'800 e il 1930, e la complessità del carattere di un uomo di tempestose passioni quanto di profonda purezza emotiva. La regia, affidata all'inglese Mike Newell ('Quattro matrimoni e un funerale'), garantiva il feeling di commedia romantica sofisticata. "Márquez ha accettato di farsi consultare da noi e ci ha dato note preziosissime durante le riprese", dice Steindorff: "Dopo aver letto la prima versione della sceneggiatura mi disse: 'L'unico problema del vostro adattamento è che appare troppo fedele al mio libro. Dovete invece prenderne le distanze, involarvi per la vostra versione'. Márquez ha uno spiccato senso dell'umorismo: nei nostri incontri si rideva in continuazione".

Il film, girato a Cartagena, la storica città colombiana sulla costa atlantica mai nominata da Márquez in 'L'amore ai tempi del colera' ma chiaramente il luogo di riferimento del romanzo tradotto in decine di lingue, narra la storia affascinante nella sua sensualità ed eroticità, unita appunto alla rara purezza spirituale, di Fiorentino Ariza, interpretato dal bravissimo Javier Bardem, che trascorre 53 anni, sette mesi e 11 giorni della sua vita sognando di poter un giorno sedurre l'eterea Fermina Daza (Giovanna Mezzogiorno). L'attesa di Fiorentino, un povero telegrafista, è lunga perché Fermina, da giovane, ha accettato il diktat del padre e ha sposato il benestante dottor Juvenal Urbino (Benjamin Bratt). Ma il suo spasimante ammiratore continua a desiderare solo lei. Precisa Bardem: "Il mio personaggio aspira non solo al corpo di una donna, ma a una sfera più alta di coscienza, qualcosa di simile alla ricerca del divino. In attesa di poter avere Fermina, però, il galante Fiorentino inanella oltre 600 conquiste sessuali, mentre da ex povero fa carriera in una compagnia di battelli fluviali. Eppure una parte di lui rimane magicamente vergine. Un conto è tradire", spiega Bardem, "un altro essere sleale. Fiorentino è leale. Questa è la parte più delicata della storia, perché fanno sempre ridere le scuse di qualcuno che sta ingannando qualcun altro. Ma Fiorentino è convinto di non aver mai ingannato Fermina. Èd è vero".

'L'amore ai tempi del colera' debutta l'11 novembre al Festival dell'American Film Institute a Los Angeles, per poi uscire nelle sale in tutto il mondo (in Italia il 21 dicembre). 'L'espresso' lo ha visto in anteprima. È un film d'epoca di sapore cosmopolita recitato in lingua inglese, con un regista britannico, un direttore della fotografia brasiliano (Alfonso Beato), uno sceneggiatore sudafricano. Sullo schermo, oltre a Bardem e alla Mezzogiorno (uno spagnolo e un'italiana), ci sono: l'americano di origine peruviana Benjamin Bratt, il colombiano di Queens John Leguizamo, la messicana-americana Laura Harring e la colombiana Catalina Sandino Moreno. Per girarlo ci sono poi volute 6 mila comparse, in maggior parte colombiani.

Newell, che di recente ha diretto 'Harry Potter e il calice di fuoco', è al corrente delle proteste dei fan latino-americani del libro di Márquez, che avrebbero voluto vedere il film girato in lingua spagnola e diretto da un latino. Ma lui ribatte con fermezza: "Significa forse che non possiamo permetterci di far niente al di fuori dai limiti dell'idioma in cui sono scritte le opere originali? Allora non potremmo produrre una versione bulgara di 'Amleto' o una versione argentina di 'Guerra e pace'. Capisco la sensibilità culturale. Ma la libertà artistica non ha confini".

La stessa Mezzogiorno, scelta da Newell fra tante altre attrici, confessa di aver avuto molte esitazioni di fronte a quella che poteva sembrare un'impresa impossibile: trasporre bene in una pellicola un libro leggendario. "Il romanzo è talmente lungo, complesso, ci sono così tanti personaggi, che mi domandavo come sarebbero riusciti a renderlo in poco più di due ore", dice l'attrice impegnata ora nelle riprese del film di Wim Wenders 'The Palermo shooting'. "Chiaramente la sceneggiatura ha dovuto sacrificare alcune parti, è stata un'impresa assai ardua, quasi folle, anche se di tutti i romanzi di Márquez, 'L'amore ai tempi del colera' è senz'altro quello che più si presta a una versione cinematografica". Chiosa Bardem: "Avevo letto il romanzo quando avevo 14 anni, ora ne ho 38, e all'epoca ero troppo giovane per poter comprendere un libro del genere. Il racconto va bene per qualsiasi età, ma all'epoca non avevo ancora idea di cosa fosse l'amore. È stato solo la seconda volta che l'ho letto, pochi anni fa, che mi sono reso conto di quanto sia bella questa storia. Ora, con Mike Newell, mi sono lasciato catturare dal dolore di Fiorentino, mi sono aperto alla sua anima spezzata, ed è stata un'esperienza catartica per me".

Per cinque mesi durante lo scorso autunno e inverno a Cartagena è stata ricostruita nei minimi dettagli una città che rispecchiava lo stile di vita del periodo raccontato da Márquez, con abiti d'epoca, carrozze e il battello a vapore teatro della scena sul fiume Magdalena, quando gli oramai anziani Fiorentino e Fermina si disfano finalmente dei loro indumenti e delle loro difese. "A Cartagena abbiamo trovato un senso di autenticità", racconta Newell, "abbiamo provato una sensazione magica". Conferma, ridendo la Mezzogiorno: "Non vorrò rivedere Cartagena per i prossimi dieci anni, ma passare lì tanto tempo, a partire da un mese di preparazione rigidissima sui movimenti e il linguaggio prima dell'inizio delle riprese, ha aiutato tutti noi a entrare nel mondo di Márquez. Per me", aggiunge, "recitare in questo ruolo è stato un lavoro titanico. Inizialmente Mike aveva pensato a me solo per la parte centrale del film, affidando ad altre due attrici il ruolo di Fermina adolescente e poi anziana, ma il giorno dopo avermi conosciuta a Londra mi ha telefonato per dirmi che avrebbe voluto lo facessi tutto io. Nessuno mai mi aveva dato tanta fiducia. Un ruolo epico, difficilissimo. Ero spaventata, ma ho accettato senza pensarci troppo. Un'occasione così non si presenta due volte".

García Márquez ha spesso raccontato che per il suo romanzo si era ispirato alla storia d'amore tra i suoi nonni. Anche Newell ci trova elementi autobiografici. "È un romanzo che mi ha toccato nel cuore: avevo infatti sempre sognato di realizzare un film sul matrimonio dei miei genitori, e i personaggi del libro li evocano anche se in un modo diverso. Un matrimonio, quello dei miei, riuscito per oltre 50 anni, e poi precipitato nella catastrofe", racconta Newell: "E allora mi sono chiesto: com'è possibile che questo accada dopo tanto tempo, alla loro età? La risposta fornita da García Márquez nel romanzo è che alcune relazioni vengono cucite, bendate e riparate più volte per anni e anni, finché le bende si disfano una volta per tutte, rivelando qualcosa che era stato nascosto e negato.

Per Giovanna Mezzogiorno, che dopo 'L'amore al tempo del colera' ha girato un film italiano, 'L'amore non basta' diretto da Stefano Chiantini, il ruolo di Fermina è stato diverso da chi lei sente di essere nella sua vita: "Rispetto e ammiro Fermina, ma la mia idea dell'amore è che sia faticoso, una cosa da costruire tutti i giorni, in cui vivi cose belle, ma anche in cui ogni giorno rinnovi la tua scelta. Io non sono determinata come Fermina, non credo sarei così fortemente sicura nelle mie scelte, ma capisco come l'amore di qualcuno che ti adora, ti venera, un amore fatto di poesie, di petali di rose, di lettere, possa spaventare". L'unico a non aver avuto paura di questa storia (né nella vita, né nel libro, né sulla pellicola) sembra essere proprio lui, il grande Gabo.

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