Il copione del sudafricano Ronald Harwood, che nel 2000 con 'Il pianista' di Roman Polanski vinse la statuetta d'oro dell'Accademia per la miglior sceneggiatura (e che con Roman Polanski ha lavorato allo stupendo 'Oliver Twist'), metteva in risalto lo stile - un po' confessione un po' commedia - della saga dell'amore di Fiorentino per la bella Fermina nell'arco di oltre 50 anni nella Colombia tra la seconda metà dell'800 e il 1930, e la complessità del carattere di un uomo di tempestose passioni quanto di profonda purezza emotiva. La regia, affidata all'inglese Mike Newell ('Quattro matrimoni e un funerale'), garantiva il feeling di commedia romantica sofisticata. "Márquez ha accettato di farsi consultare da noi e ci ha dato note preziosissime durante le riprese", dice Steindorff: "Dopo aver letto la prima versione della sceneggiatura mi disse: 'L'unico problema del vostro adattamento è che appare troppo fedele al mio libro. Dovete invece prenderne le distanze, involarvi per la vostra versione'. Márquez ha uno spiccato senso dell'umorismo: nei nostri incontri si rideva in continuazione".
'L'amore ai tempi del colera' debutta l'11 novembre al Festival dell'American Film Institute a Los Angeles, per poi uscire nelle sale in tutto il mondo (in Italia il 21 dicembre). 'L'espresso' lo ha visto in anteprima. È un film d'epoca di sapore cosmopolita recitato in lingua inglese, con un regista britannico, un direttore della fotografia brasiliano (Alfonso Beato), uno sceneggiatore sudafricano. Sullo schermo, oltre a Bardem e alla Mezzogiorno (uno spagnolo e un'italiana), ci sono: l'americano di origine peruviana Benjamin Bratt, il colombiano di Queens John Leguizamo, la messicana-americana Laura Harring e la colombiana Catalina Sandino Moreno. Per girarlo ci sono poi volute 6 mila comparse, in maggior parte colombiani.
Newell, che di recente ha diretto 'Harry Potter e il calice di fuoco', è al corrente delle proteste dei fan latino-americani del libro di Márquez, che avrebbero voluto vedere il film girato in lingua spagnola e diretto da un latino. Ma lui ribatte con fermezza: "Significa forse che non possiamo permetterci di far niente al di fuori dai limiti dell'idioma in cui sono scritte le opere originali? Allora non potremmo produrre una versione bulgara di 'Amleto' o una versione argentina di 'Guerra e pace'. Capisco la sensibilità culturale. Ma la libertà artistica non ha confini".
Per cinque mesi durante lo scorso autunno e inverno a Cartagena è stata ricostruita nei minimi dettagli una città che rispecchiava lo stile di vita del periodo raccontato da Márquez, con abiti d'epoca, carrozze e il battello a vapore teatro della scena sul fiume Magdalena, quando gli oramai anziani Fiorentino e Fermina si disfano finalmente dei loro indumenti e delle loro difese. "A Cartagena abbiamo trovato un senso di autenticità", racconta Newell, "abbiamo provato una sensazione magica". Conferma, ridendo la Mezzogiorno: "Non vorrò rivedere Cartagena per i prossimi dieci anni, ma passare lì tanto tempo, a partire da un mese di preparazione rigidissima sui movimenti e il linguaggio prima dell'inizio delle riprese, ha aiutato tutti noi a entrare nel mondo di Márquez. Per me", aggiunge, "recitare in questo ruolo è stato un lavoro titanico. Inizialmente Mike aveva pensato a me solo per la parte centrale del film, affidando ad altre due attrici il ruolo di Fermina adolescente e poi anziana, ma il giorno dopo avermi conosciuta a Londra mi ha telefonato per dirmi che avrebbe voluto lo facessi tutto io. Nessuno mai mi aveva dato tanta fiducia. Un ruolo epico, difficilissimo. Ero spaventata, ma ho accettato senza pensarci troppo. Un'occasione così non si presenta due volte".
García Márquez ha spesso raccontato che per il suo romanzo si era ispirato alla storia d'amore tra i suoi nonni. Anche Newell ci trova elementi autobiografici. "È un romanzo che mi ha toccato nel cuore: avevo infatti sempre sognato di realizzare un film sul matrimonio dei miei genitori, e i personaggi del libro li evocano anche se in un modo diverso. Un matrimonio, quello dei miei, riuscito per oltre 50 anni, e poi precipitato nella catastrofe", racconta Newell: "E allora mi sono chiesto: com'è possibile che questo accada dopo tanto tempo, alla loro età? La risposta fornita da García Márquez nel romanzo è che alcune relazioni vengono cucite, bendate e riparate più volte per anni e anni, finché le bende si disfano una volta per tutte, rivelando qualcosa che era stato nascosto e negato.
Per Giovanna Mezzogiorno, che dopo 'L'amore al tempo del colera' ha girato un film italiano, 'L'amore non basta' diretto da Stefano Chiantini, il ruolo di Fermina è stato diverso da chi lei sente di essere nella sua vita: "Rispetto e ammiro Fermina, ma la mia idea dell'amore è che sia faticoso, una cosa da costruire tutti i giorni, in cui vivi cose belle, ma anche in cui ogni giorno rinnovi la tua scelta. Io non sono determinata come Fermina, non credo sarei così fortemente sicura nelle mie scelte, ma capisco come l'amore di qualcuno che ti adora, ti venera, un amore fatto di poesie, di petali di rose, di lettere, possa spaventare". L'unico a non aver avuto paura di questa storia (né nella vita, né nel libro, né sulla pellicola) sembra essere proprio lui, il grande Gabo.