Uno spettacolo "fatto con il pubblico e non per il pubblico". Gli spunti partono proprio dalla nostra quotidianità. E la realtà supera l"immaginazione irrompendo in teatro con il G8 di Genova
Silvio? È un uomo che si è fatto tutto da solo. È persino nato all"insaputa dei suoi genitori! ». Paolo Rossi torna alla carica con uno dei suoi più bei one-man show:
"Storie per un delirio organizzato", che "L"espresso" e "Repubblica" propongono in Dvd la prossima settimana. Scritto con Stefano Benni, Riccardo Pileri e Giuseppe Gabardini e portato in tournée tra il 2001 e il 2002 è uno spettacolo di storie piccole e grandi, personali e raccolte in giro, a volte ispirate a leggende urbane, che Rossi voleva «parlassero di libertà». Poi però «sono accaduti altri fatti, quelli del G8 di Genova e la realtà ha fatto irruzione in teatro ». Solo in scena e con un titolo che è già un programma (e che più volte ricorre come appendice nella sua produzione teatrale), Rossi passa da esilaranti aneddoti sul suo anno di militare alla questione palestinese, dalle hit degli anni Sessanta ad una personale rilettura dell"ultimo mezzo secolo di storia d"Italia.
Ma soprattutto, proprio non riesce a trattenersi, si ritrova «costretto» a parlare di Berlusconi. «Non volevo farlo», dice sgranando gli occhi al pubblico, «perché non amo parlare di quelli che fanno il mio stesso lavoro. Ma lui ha raggiunto vette di comicità sublime». Un"ammirazione che risale all"85, a quelle prime battute lanciate nello spettacolo
"Chiamatemi Kowalski". «Come cittadino», spiega, «non è il mio Presidente del Consiglio, ma come comico è il mio re». E allora, comodi in poltrona, «sentite gente, sentite…».