Attualità
18 luglio, 2025Da Matteotti a Rosselli, fino al Manifesto di Ventotene: nell’oppressione nazista, di fronte alla violenza fascista nacque la spinta ideale che sta alla base dell’Unione
L’Europa è stretta tra guerre terribili, nel cuore del Continente quella dell’Ucraina invasa dalla Russia di Putin e nel Mediterraneo quella dello sterminio a Gaza da parte di Israele. Per non parlare dello spappolamento della Siria e della Libia, della persecuzione infinita del popolo curdo e dell’attacco alle istituzioni rappresentative in Turchia con arresti e censure.
Non vanno trascurate le guerre economiche e sui dazi, la crisi della Nato e l’allentamento del rapporto storico con gli Stati Uniti.
In una situazione ancora più drammatica, nel clangore della Seconda guerra mondiale, negli anni 1941 e 1942, con il nazismo che occupava uno dopo l’altro tutti i Paesi europei, alcuni militanti antifascisti imprigionati nell’isola di Ventotene iniziarono un processo di ripensamento critico del passato e degli errori compiuti, ma soprattutto una ricerca di una idea originale, quella di un ordinamento federale dell’Europa. Questa priorità assoluta era fondata sugli sconvolgimenti provocati in tanti Paesi dall’occupazione tedesca, dalla necessità della ricostruzione di una economia distrutta, dal ripensamento dei confini politici, delle barriere doganali, delle minoranze etniche, delle questioni dello “spazio vitale” e della “indipendenza nazionale”.
Il testo, noto come il Manifesto di Ventotene e scritto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, era nato da una discussione con Eugenio Colorni e con il contributo di Ursula Hirschmann e altri esponenti di una minoranza estrema.
Il titolo originale era “Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto” ed era composto da tre capitoli: il primo La crisi della civiltà moderna, il secondo Compiti del dopoguerra. L’unità europea, il terzo Compiti del dopoguerra. La riforma della società. Fu pubblicato a Roma nel gennaio 1944 con il titolo Problemi della Federazione Europea con la prefazione, non firmata, di Eugenio Colorni e con le iniziali A.S e E.R. come autori.
Colorni sottolineava come questo ideale che poteva apparire «lontana utopia ancora qualche anno fa», rappresentava invece una impellente, tragica necessità e stabiliva i punti essenziali di una libera Federazione Europea elaborati da un Movimento che aveva operato nella clandestinità sotto l’oppressione fascista e nazista e impegnato nella lotta armata per la libertà: esercito unico federale, unità monetaria, abolizione delle barriere doganali e delle limitazioni all’emigrazione tra gli Stati appartenenti alla Federazione, rappresentanza diretta dei cittadini ai consessi federali, politica estera unica.
Nel maggio 1944 Ernesto Rossi pubblicò a Lugano con la firma Storeno un volume intitolato “Gli Stati Uniti d’Europa” come primo quaderno delle Nuove edizioni di Capolago, con la dedica a «Leone Ginzburg e a Eugenio Colorni, capi del Movimento Federalista Europeo in Italia che, durante l’occupazione tedesca di Roma, hanno fatto olocausto della loro vita per la nascita della nuova Europa». Questo saggio pubblicato quasi contemporaneamente al Manifesto di Ventotene offre approfondimenti politici importanti e precise indicazioni sull’organizzazione federale, sul rapporto con la Germania (Rossi stigmatizzava il fatto che l’intero popolo tedesco fosse considerato maledetto, degno di una punizione eterna) e con l’Inghilterra, sulla posizione della Russia e indicava la necessità di un nucleo promotore ristretto.
La generosa utopia degli Stati Uniti d’Europa viene da lontano: Giacomo Matteotti nel 1923 scriveva un appello ai partiti socialisti europei perché fosse superata «la frammentazione nazionalista in infiniti piccoli Stati turbolenti e rivali».
Carlo Rosselli pubblicava sui Quaderni di Giustizia e Libertà del 17 maggio 1935 un saggio di straordinario acume intitolato “Europeismo o fascismo” sull’urgenza di fronte al trionfo nazista di trovare «un’altra passione più potente, giusta e lucida» per battere la Germania e darsi un concreto obiettivo politico. Rosselli rispondeva alle probabili accuse di utopismo così: «Le utopie dell’oggi possono essere le realtà del domani. I movimenti rivoluzionari, che ancora si attardano alla politica dello ieri, debbono osare una politica anticipatrice, la politica del domani». E non aveva paura di essere considerato un pazzo. Occorreva indicare alle masse un grande obiettivo positivo: «Fare l’Europa. Ecco il programma. All’infuori di ciò non esiste possibilità di vera pace e disarmo; non si sfugge alla miseria e alla crisi… La sinistra europea dovrebbe impadronirsi di questo tema abbandonato ai diplomatici. Prospettare loro sin d’ora la convocazione di una assemblea europea, composta di delegati eletti dai popoli, che in assoluta parità di diritti e di doveri elabori la prima costituzione federale europea, nomini il primo governo europeo, fissi i principi fondamentali della convivenza europea, svalorizzi frontiere e dogane, organizzi una forza al servizio del nuovo diritto europeo, e dia vita agli Stati Uniti d’Europa». La conclusione era lapidaria: «Eppure, in questa tragica vigilia, non esiste altra salvezza. Stati Uniti d’Europa. Assemblea europea. Il resto è flatus vocis. Il resto è la catastrofe».
Che fare? L’assenza di un pensiero forte come quello di Luigi Einaudi nel 1946 sui problemi economici della Federazione europea e il ricordo della polemica di Ugo La Malfa contro De Gaulle e la concezione dell’Europa delle patrie mostrano una fotografia desolante. L’afasia totale è segno di una mediocrità intollerabile. Per evitare un fallimento catastrofico sarebbe indispensabile proporre un referendum consultivo come nel 1989 a favore di una Costituzione europea.
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