Ipertensione e tachicardia: per la prima volta uno studio italiano dimostra perché lo stress uccide

Di lavoro non si muore. Ma sicuramente ci si può ammalare, con chiari effetti concreti come aumento della pressione, tachicardia e fastidi all'apparato digerente. Perché lo stress non è solo psicologico. E, soprattutto, se cronico, può davvero porre le basi per possibili malattie future. A provarlo è una ricerca condotta su un centinaio di colletti bianchi di una grande multinazionale della chimica, la DuPont, con sede a Milano. Lo studio, pubblicato sulla rivista 'Hypertension' che ha dedicato l'editoriale a questa ricerca tutta italiana, è stato interamente condotto all'interno dell'azienda nel periodo della ristrutturazione. Una fase complessa, in cui le persone temono per il proprio lavoro o sono comunque preoccupate per un possibile mutamento delle mansioni. "La ristrutturazione è sicuramente un momento di grande impatto su chi lavora, perché assomma diverse condizioni in grado di indurre stress", fa notare Daniela Lucini, autrice della ricerca che lavora al Centro di ricerca sulla terapia neurovegetativa dell'Ospedale Sacco di Milano. "Si sommano infatti tre situazioni psicologicamente stressanti che hanno un impatto immediato sul sistema nervoso centrale: la paura di perdere il lavoro, l'impossibilità di controllare quanto avviene perché i cambiamenti sono decisi da altri, il rischio che si modifichi la condizione operativa di ogni giorno. Il nostro studio ha considerato un centinaio di dipendenti di questa grande azienda, che sono stati seguiti e studiati in ufficio. Ci ha permesso di dimostrare che lo stress non è solo una reazione psicologica, ma può essere valutato e misurato anche in termini clinici e diagnostici ben definiti. Ma soprattutto che questa condizione può essere trattata nel tempo, direttamente sul posto di lavoro".

L'indagine ha preso in esame volontari sani sottoposti a una batteria di test, poi confrontati con i valori di una popolazione di controllo, composta anch'essa da persone sane ma senza la tensione indotta dalla spada di Damocle della ristrutturazione. I risultati dimostrano chiaramente che nella popolazione sottoposta a stress lavorativo, oltre a uno stato di sofferenza psicologica, si ha un incremento medio della pressione arteriosa. E soprattutto sono presenti spesso i sintomi legati all'attivazione cronica del sistema nervoso autonomo, come respirazione accelerata, disturbi digestivi, tachicardia.

Proprio l'effetto sul cuore è un parametro delle moderne misurazioni dello stress. Lo studio milanese ha analizzato la sequenza dei battiti cardiaci registrata, per cinque minuti, nei lavoratori del campione e l'ha poi confrontata con un'analisi analoga effettuata sulla popolazione di controllo. Spiega Lucini: "Visto che il battito del cuore non è regolare, ma variabile, con una valutazione di cinque minuti si possono avere informazioni importanti su come la frequenza cardiaca viene controllata dall'azione del sistema nervoso autonomo, da cui dipendono molti sintomi dello stress". Questo test è alla base della valutazione neurovegetativa, non è invasivo, è ripetibile, ed è utilizzato in tutte le occasioni in cui è importante indagare il funzionamento del sistema nervoso autonomo, ad esempio nei malati di ipertensione arteriosa, in quelli che hanno sofferto un infarto miocardio, nei diabetici. Oggi è il test principe, anche se non il solo, della misurazione dello stress (vedi box di pag. 187).

Perché questo dimostra, da ultimo, lo studio milanese: che lo stress è patogeno e si misura. E non è uno studio isolato: ancorché molto importante, è solo l'ultimo di una serie. Una ricerca condotta in Israele, su 677 lavoratori di mezza età, apparsa su 'Psychosomatic Medicine', indica che l'eccessivo stress professionale potrebbe addirittura aumentare il pericolo di ammalarsi di diabete. "Lo stato di stress da lavoro è cronico ed è associato a un maggior rischio di diabete analogamente ad altri fattori di rischio come l'alto indice di massa corporea, il fumo e la mancanza di attività fisica", spiega il coordinatore dello studio, Samuel Melamed, dell'Università di Tel Aviv: "I ricercatori hanno notato che i lavoratori stressati con pressione alta presentavano un rischio quattro volte maggiore di sviluppare il diabete di tipo 2 della popolazione generale"

Insomma, lo stress fa male. E non quando è associato a una situazione particolare, legata ad esempio ad un test professionale o a un colloquio importante, ma quando è generatore di una tensione cronica che si scarica sull'organismo. Quando il carico di lavoro e la tensione emotiva diventano eccessivi, i problemi superano le nostre capacità di gestirli, la motivazione manca o non si riesce più ad avere il controllo della situazione, ecco che possono iniziare i problemi. "Lo stress negativo nasce quando esiste un disequilibrio tra le richieste e le nostre risorse", spiega Massimo Pagani, docente di Medicina Interna all'Università di Milano, ospedale Sacco: "In questi casi una condizione emotiva come la paura di perdere il lavoro o il timore di profondi mutamenti in ambito professionale possono tradursi in sintomo fisico o malattia vera e propria".

Per capire come questo possa accadere si può pensare ad una situazione acuta, un momento clou della nostra vita. È esperienza comune percepire il cuore che batte forte, lo stomaco che si stringe, l'agitazione e la mente che non ricorda nulla. Tutti questi sintomi sono fisiologici, perché si tratta di una normale risposta dell'organismo. Infatti in seguito a un evento emotivo, indotto ad esempio dalla consapevolezza di una condizione difficile o pericolosa, alcune parti del nostro cervello inviano impulsi nervosi ad alcuni centri specializzati (centri che controllano il sistema nervoso autonomo, l'ipotalamo) dai quali partono dei veri ordini che raggiungono i nostri organi periferici facilitandone l'azione e inducono la secrezione di alcuni ormoni particolari, come il cortisolo o le catecolamine. Risultato: il battito cardiaco accelera, lo stomaco 'si stringe'. Ma finito il momento clou, tutto torna nella norma.

"Se invece la condizione di stress si mantiene nel tempo ed è prolungata, cioè esiste uno stress cronico, ecco che l'attivazione del sistema nervoso autonomo che manda fuori controllo le funzioni dei nostri organi permane, e di conseguenza si mantengono anche i sintomi", spiega Pagani: "Stanchezza, mal di testa, cuore che batte forte, disturbi gastrointestinali, difficoltà a riposare e dolori muscolari possono diventare presenti anche in momenti di apparente tranquillità e senza che vi sia una malattia che li possa giustificare".

Ovviamente sulla risposta soggettiva allo stress cronico incidono molto altri elementi: le caratteristiche individuali, il comportamento che la persona assume in modo consapevole o meno in conseguenza dell'evento stressante, la percezione dello stress da parte dell'individuo. Insomma: predisposizione genetica, psicologia del soggetto, eventuali condizioni cliniche preesistenti come patologie cardiovascolari o diabete, fumo, l'abuso di alcol sono tutti fattori che giocano un ruolo chiave nel determinare l'effetto dello stress sull'organismo e nel favorire alcune patologie come l'ipertensione o le aritmie.

Ma si può vincere, lo stress da lavoro? Le tecniche sono molte: da quelle di rilassamento mentale e muscolare, alle terapie psicologiche individuali o di gruppo, passando per il recupero delle buone abitudini come una regolare attività fisica, il controllo dell'alimentazione e l'addio al fumo.

Ma proprio dalla ricerca condotta a Milano emerge un modello promosso a pieni voti da 'Hypertension'. Si basa su una tecnica di intervento che promette di salvare mente, cuore e rendimento: trasformare la pausa pranzo in una scuola di benessere, con un programma specifico fatto di lezioni ad hoc, dieta sana anche in mensa, attività fisica in palestra e allenamento al relax. "Abbiamo sviluppato una serie di interventi sulle persone che liberamente hanno deciso di sottoporsi a questo trattamento", conclude Lucini. "Una volta alla settimana sono stati approntati corsi di ginnastica respiratoria attiva sul sistema nervoso autonomo, e sono stati effettuati nel tempo alcuni incontri per aiutare le persone, fornendo strumenti per la gestione del cambiamento. Dopo un anno di osservazione sono stati ripetuti i test strumentali e psicologici condotti all'inizio dello studio, e nei dipendenti che avevano seguito questo training la situazione generale è migliorata".

Uno studio pilota, s'intende. E per tutti gli stressati senza programmi ad hoc? Una ricerca condotta all'Università di Atene promuove la classica 'pennichella' post-mensa. Chi schiaccia un pisolino pomeridiano avrebbe un rischio inferiore del 34 per cento di morire per problemi di cuore, e la riduzione arriverebbe fino al 64 per cento nel caso dei maschi che lavorano. n