Dopo le bombolette, gli stencil, i laser, i writer esplorano una nuova dimensione per le loro opere: la profondità

Street art in 3D

Arte o divertissement? La domanda incalza dalle prime "Death Squad" che si contendevano il Bronx a colpi di bomboletta. A metà anni Settanta, i "guerrieri dei graffiti" hanno preso il nome di writer o tagger e la street art si è tramutata in un quartiere-museo. Di recente, sui palazzi decorati di Rotterdam la vernice è stata soppiantata dal laser. Oggi, dopo l'exploit degli Ottanta, torna di moda il 3D e il graffitismo si fa più pulp e vandalico. Basti guardare le opere di John Pugh, l'artista californiano che miscela trompe l'oeil e murales alterando la percezione della realtà e simulando catastrofi naturali come terremoti e frane. "Per il mio ultimo lavoro, ho chiamato a raccolta undici dei miei assistenti - dice - siamo usciti dal laboratorio dopo nove mesi, gli stessi di un parto".

L'artista tedesco Edgar Mueller, noto per il capolavoro "The Riverstreet River", da anni disegna le sue opere su strade, marciapiedi e selciati. "La rivoluzione ottica - spiega Mueller - sta in un piccolissimo effetto: se si osserva l'opera dall'esterno, tutto il complesso ci appare in tre dimensioni; questo si ottiene, in particolare, se posiziono degli astanti sopra il disegno. L'impressione è che il mio scenario non sia un graffito, bensì parte integrante dell'architettura esistente. Da chi ho appreso? Nessuno ha mai potuto insegnarmi a disegnare graffiti tridimensionali. Ho tratto ispirazione dalla pittura illusionista però il look urbano è farina del mio sacco". Quindi, con Mueller, passanti e figuranti si trovano immersi in una percezione distorta del cemento: possono restare impigliati in una fitta foresta mentre sono diretti in ufficio, stendersi lungo una spiaggia caraibica prima di entrare al supermarket o buttarsi dalle rapide impetuose di una montagna metropolitana senza tute professionali.

Il britannico Julian Beever, definito "Pavement Picasso" (il Picasso dei pavimenti), mischiando tecnica trompe l'oeil e gesso, si discosta dalla cosiddetta "arte dei madonnari" per avvicinarsi ad una proiezione più attuale, quella dell' "anamorfosi", portata al cinema di recente da Henry Miller nel thriller americano "Anamorph". Beever ha fatto il giro del mondo grazie alle pitture murali in 3D ed ora disegna su commissione viaggiando dal Regno Unito alla Francia, dalla Spagna agli Stati Uniti, fino al Brasile e all'Uruguay.

Di stampo illusorio anche le opere di Kurt Wenner, illustratore della Nasa negli anni Ottanta. Poi si è trasferito in Italia, dove ha decorato il soffitto della chiesa di San Giorgio sul lago di Como e ha realizzato un'opera per la visita del papa a Mantova.

A settembre, i 400 mila abitanti di Bristol, a sud-ovest dell'Inghilterra, hanno lanciato un referendum per stabilire se murales, scritte e disegni sugli edifici e sulle strade dovranno andare rimossi, cancellati, coperti, oppure lasciati così come sono e riconosciuti "forma d'arte". Con il 3D, scherza Beever, il rischio è quello di vedere le autorità cancellare parti reali della città, confuse per graffiti.

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