Nelle fotografie di Jürgen Schadeberg in mostra a Parigi le foto di un giovane Mandela e del breve periodo in cui in Sudafrica sembrava possibile il sogno della convivenza e della libertà
Johannesburg, 1958. Il giovane avvocato Nelson Mandela, attivista dell'African National Congress (Anc), esce dal tribunale dove è imputato insieme ad altri centocinquantacinque nel processo per "tradimento". Dopo la vittoria elettorale del Partito nazionale degli Afrikaner nel 1948, in Sudafrica la bieca politica dell'apartheid si fa strada a colpi di arresti e segregazione, anche se le aberrazioni più gravi verranno perpetrate qualche anno più tardi. Lo sguardo di Mandela è sereno, forte e determinato, il sorriso cordiale che neanche ventotto anni di carcere duro e lavori forzati riusciranno a spegnere. L'immagine in bianco e nero, uno dei rari scatti del Nobel per la pace prima dell'arresto e della lunga prigionia a Robben Island, fa parte della
mostra di Jürgen Schadeberg alla
galleria Polka di Parigi (fino al 22 maggio).
Il fotografo arrivò in Sudafrica nel 1950 dalla lontana Berlino, a diciannove anni, e insieme a Peter Magubane, il padre del fotogiornalismo africano, diede il suo fondamentale contributo all'epopea di
Drum, la rivista che incarnò il sogno della convivenza pacifica tra bianchi e neri e lo spirito progressista anti-apartheid. Il sogno coltivato in quartieri come Sophiatown, a Johannesburg, e District 6, a Città del Capo. Uno strano miracolo: con le sue inchieste e i suoi reportage la redazione, un gruppo di giornalisti di ogni colore (tra cui Peter Abrahams, Can Themba, Ezekiel Mphahlele) assemblato dal fondatore, il milionario bianco Jim Bailey, e guidato dal giornalista britannico Anthony Sampson - amico e biografo di Mandela - faceva da sponda ai militanti dell'Anc e alle loro battaglie di disobbedienza civile. Mentre il Paese sprofondava nell'abisso.
Le immagini di Schadeberg, che nel 1988 ha realizzato anche il bel documentario
Hai visto Drum di recente? sulle vicende del suo giornale, raccontano un'epoca lontana, di lotta e di speranze, e i personaggi gioiosi e vitali che popolano le pagine del "tamburo" di carta di Johannesburg: erano gli anni, ad esempio, in cui esplodeva il jazz sudafricano con Todd Matshikiza, Dollar Brand e Hugh Masekela e cominciava a splendere la voce della grande "Mama Afrika" Miriam Makeba, scomparsa nel 2008 a Castel Volturno dopo il suo concerto anticamorra a sostegno di Roberto Saviano,
qui ripresa all'inizio degli anni Cinquanta mentre canta in mezzo ai giornalisti e agli intellettuali di Drum. Grandi maestri della musica in seguito costretti all'esilio dall'ottuso regime segregazionista.
Finito l'incubo, nel 1990, Jürgen Schadeberg incontrerà di nuovo Nelson Mandela all'uscita dal carcere. "Quando mi ha rivisto dopo tutto quel tempo - racconta il fotografo nella rivista Polka magazine che accompagna la mostra parigina - mi ha chiesto sorridendo: 'Non sei ancora andato in pensione?' Allora io gli ho risposto: 'Neanche lei, a quanto pare'. Il lungo cammino del Sudafrica democratico era appena all'inizio.