Nobel veri ed eterni candidati. Vincitori di Booker, Goncourt e Friedenspreis: narratori, pensatori e affabulatori. Sono oltre 300 tra scrittori, intellettuali, artisti a dare vita a 270 incontri, reading, happening, della quattordicesima edizione del FestivaLetteratura, forse l'evento culturale più importante in Italia, in programma a Mantova fino al 12 settembre. L'anno scorso furono 90 mila (il primo anno 15 mila) le donne e gli uomini che hanno voluto ascoltare scrittori, poeti, studiosi: a riprova che la qualità paga. Del resto, se un newsmagazine come il "Time" dedica la copertina a uno scrittore non facile, Jonathan Franzen (è successo la settimana scorsa), vuol dire che la letteratura non è solo una distrazione colta, ma una materia di stringente attualità. "L'espresso" ha scelto dieci tra i protagonisti di Mantova, da non mancare.
Amos Oz
Quando parla sembra uno zio che racconta storielle. Del resto, questa è la cifra della scrittura di un romanziere, tra i più grandi nel mondo degli ultimi decenni, e che è la vera star di Mantova. Ha rifondato la letteratura israeliana (diventata oggi un esempio da imitare), ma soprattutto ha influito su due generazioni di scrittori ovunque, da quando, nel 1967, all'età di 32 anni, ha pubblicato "Michael Mio". Si tratta di un romanzo in cui in apparenza succede poco, come nei libri di Cechov, in realtà viene descritto con struggente empatia l'animo di una giovane donna di Gerusalemme, che cercando il senso della vita e delle emozioni, finisce per rovinare il matrimonio, mentre il marito uomo bravo e buono è incapace di capire la sua infelicità. Non a caso, Oz definisce l'amore come la "forma più radicale dell'egoismo". Da allora, racconta la solitudine, i sogni e le frustrazioni degli individui nelle piccole città del deserto (lui nel deserto di Negev ci abita). Ma ha scritto anche un'autobiografia epica "Storia dell'amore e di tenebre", un libro imprescindibile. Pacifista, parla spesso e molto della politica, con ottimismo.
Azar Nafisi
È nata in Iran, da 13 anni vive negli States, scrive in inglese. Il suo "Leggere Lolita a Teheran" del 2003, ha venduto 1,5 milioni di copie nel mondo. Il libro si basa sulla sua esperienza di professoressa in Iran, ed è una specie di inno alla "forza sovversiva della letteratura, che rende possibile immaginarsi un mondo diverso". Le ragazze col chador leggono appunto di Lolita, di Madame Bovary e di altre eroine di libri pieni di eros, come se fossero a Parigi o a Londra. In "Le cose che non ho detto" del 2009, racconta la madre "intrusiva e totalitaria". Intelligente, spiritosa, come pochi scrittori coglie il nesso tra vita vera, narrazione immaginaria e politica. Parlando in pubblico racconta un Iran rimosso: cosmopolita, dominato dalle donne forti.
Frederick Forsyth
Per i cultori dei thriller è un mito, per gli altri è "solo" l'autore di "Il giorno dello sciacallo" e "Dossier Odessa". Il maestro della spy-story incontra Carlo Lucarelli per parlare del suo metodo, fatto di stile giornalistico e di passione personale: da quando un'inchiesta giudicata troppo a favore degli indipendentisti in Biafra lo costrinse a lasciare la Bbc, fino al libro più recente, "L'afgano", analisi impietosa dei fallimenti nella lotta ad Al-Qaeda.
V.S. Naipaul
Uno dei maggiori scrittori di lingua inglese, Nobel (nel 2001), nato a Trinidad da genitori di origini indiane, vive in Inghilterra. Romanziere, saggista, uomo contro. Autore di capolavori come "Una casa per il signor Biswas" e "Fedeli a oltranza", spesso si lamenta che non ci sono più grandi scrittori. Ma anche di Proust afferma che è "buono per gli europei, ma a me non dice niente". Ha litigato con Derek Walcott, altro Nobel caraibico, un poeta che prima ammirava. Accusato in una biografia di aver trattato male la prima moglie e di aver frequentato bordelli, in pubblico dice spesso e volentieri cose spiazzanti, politicamente scorrette, scomode ma coraggiose. Due anni fa ha definito Hay-on-Wye, la madre di tutti i festival della letteratura, "un evento inutile". Ma ha accettato di venire a Mantova, dove arriva sull'onda delle polemiche causate dal nuovo libro, "The Masque of Africa", accusato di razzismo e di vedere nell'Africa "solo spazzatura".
Zadie Smith
Dura la vita della scrittrice troppo bella per essere brava. È dai tempi di "Denti bianchi" che la Smith lotta contro il pericolo di essere ghettizzata a diva delle librerie, e non vera autrice. Eppure i romanzi di questa anglo-giamaicana trapiantata negli Usa, epopee quotidiane di eroi e antieroi di una società faticosamente interrazziale, raccontano il mondo di oggi come pochi sociologi sono riusciti a fare. Non ama "il pubblico", non ama i giornalisti, ma ama "i lettori", protagonisti di un lavoro che "se fatto come si deve, è difficile quanto scrivere".
Kader Abdolah
Scrive in una lingua in prestito, l'olandese. Perché ha lasciato l'Iran quando la rivoluzione del '79 lo trasformò in Repubblica Islamica. Così è diventato un olandese provvisorio. Esule permanente nel "Paese nudo", come lo descrive lui, cresciuto in un mondo velato, nella pudicizia sensuale delle donne della sua terra. Ha scritto romanzi formidabili: "La casa della moschea", "Il viaggio delle bottiglie vuote", "Ritratti e un vecchio sogno", ora "Il messaggero". A Mantova, sarà uno degli autori che varrà la pena di incontrare. Per scoprire la tridimensionalità dell'Islam. Quella profondità, sensualità, intelligenza e bellezza che i fondamentalismi hanno oscurato. Per ascoltare qualcuno che non dice mai Iran, ma sempre Persia.
John Berger
Romanziere e saggista, poeta e polemista, l'inglese Berger ha iniziato come critico d'arte. E torna alle origini qui a Mantova in compagnia della figlia Katya per parlare della Camera degli sposi di Mantegna. Un'occasione per incontrare un autore di culto (Booker Prize con "G.", classico universitario con "Modi di vedere", grande scrittore d'amore e di diritti umani con il recente "Da A. a X.") che dà il meglio di sé negli incontri dal vivo. E che in un'altra conversazione con Maria Nadotti torna su un suo leitmotiv: come lo "storytelling" sia essenziale per dare un senso alla vita e al mondo.
Niccolò Ammaniti
In quindici anni da "giovane scrittore" ha sdoganato la scrittura di genere, portando il noir a livelli da premio letterario. Da "Branchie" al recente "Che la festa cominci", le sue storie hanno riempito librerie, cinema ("L'ultimo capodanno" di Marco Risi, "Io non ho paura" di Gabriele Salvatores"), parterre di premi letterari (lo Strega per "Come dio comanda"). Ma lui, Ammaniti, non è facile incontrarlo né nelle piazze letterarie né tantomeno in tv, e sentirlo parlare di scrittura sua e altrui come farà con Marino Sinibaldi.
Donald Sassoon
Inglese, studioso di Gramsci, per cui parla un italiano stupendo. È l'autore de "La cultura degli europei", un saggio indispensabile, su come il romanzo fosse il fondamento dell'identità europea, un'intuizione che condivide con il grande sociologo Zygmunt Bauman. Nello stesso libro, raccontando l'evoluzione e la convivenza l'uno accanto all'altro delle varie e stratificate forme di espressione artistica (opera lirica, cinema, teatro, industria discografica) spiega come il Vecchio continente sia una costruzione culturale, e non etnica o religiosa per esempio. Parlerà anche del futuro del libro: in versione elettronica e non solo.
Seamus Heaney
Immaginate un mito vivente. Seduto lì, sul palco dell'incontro che chiude il Festivaletteratura 2010. Il poeta che ha vinto il Nobel nel 1995, l'uomo capace di tramutare in poesia qualsiasi sensazione, ogni momento della vita quotidiana, e soprattutto ogni suono. Perché "la poesia è come la lente del binocolo che aiuta a mettere a fuoco il mondo". Ma il mondo cambia dopo aver ascoltato un poeta così, dopo aver sentito la sua voce leggere una sua scelta di poesia nel silenzio di Piazza Castello.
ha collaborato Enrica Murru