Occhi incastonati con la stessa tecnica usata in orificeria, cornee in pietra e non d'avorio e scudo ed elmo aggiunti a posteriori. Ecco le nuove scoperte sui bronzi che l' Espresso rivela in anteprima

È dall'agosto del 1972, quando furono ritrovati in mare, che non c'è tregua per i Bronzi di Riace. Il successo popolare che ha creato "il fenomeno" è andato oltre l'aspetto storico-artistico, suscitando polemiche di ogni genere, controverse clonazioni e richieste di partecipazione (respinte) a Olimpiadi e G8. Ma, per fortuna loro e nostra, le esigenze conservative prevalgono sullo show: dopo aver subito due restauri le statue sono di nuovo ricoverate pancia in giù, per ulteriori indagini e trattamenti. Sono fragili i due giganti, corrosi all'interno dalle terre usate per la fusione e dalla salsedine. E sono stressati per gli spostamenti subiti: la potenza virile sprigionata dai muscoli nasconde numerosi segni di fratture.

Il lavoro di Paola Donati dell'Istituto superiore per il Restauro e di Cosimo Schepis della Soprintendenza, procede da due anni a Reggio Calabria sotto gli occhi dei visitatori che, attraverso un vetro, possono ammirare i bronzi più famosi. Si trovano al pianterreno di palazzo Campanella, sede del Consiglio regionale che ha finanziato il laboratorio e le operazioni su alcuni capolavori del Museo chiuso da due anni. Il primo grande checkup, effettuato con sonde robotiche e concluso nel 1995, aveva stabilito che erano stati creati con la tecnica di lavorazione col metodo "diretto" a cera persa, individuando le diverse consistenze del bronzo e i restauri effettuati in antico. Inoltre era stata scoperta la provenienza delle terre di fusione - ben 120 chili - ma la rimozione dei materiali interni si era fermata sotto le teste delle statue.

Gli interventi in corso, rivolti a completare lo svuotamento e a proseguire le analisi con gamma-grafie, hanno già rivelato delle novità, che "l'Espresso" può descrivere in anteprima. Innanzitutto, una tecnica inaspettata: gli occhi del Bronzo "A", il più bello e giovane dei due, quello con le labbra rosse di rame e i denti d'argento, sono stati incastonati "a griffe", come si usa in oreficeria; mentre nell'altra statua, scolpita qualche decennio dopo, l'artista li ha infilati fissandoli semplicemente con un legante. Inoltre, le cornee non sono d'avorio come si è sempre ritenuto. "Si tratta di pietra, con ogni probabilità calcite", spiega Paola Donati: "L'equivoco è dovuto al colore giallastro, che invece è stato provocato dalla lunga permanenza in mare". E non è finita. L'imbracciatura dello scudo - sempre nel Bronzo A - sembra aggiunta, il personaggio raffigurato ne era privo all'origine, al pari dell'elmo che doveva coprirne il capo: la capigliatura così ben scolpita, fusa ciocca per ciocca, non era stata concepita per essere nascosta - non si sprecavano soldi e fatica - e le tracce di scalpellatura dietro la nuca farebbero supporre un'aggiunta successiva.

Dunque, un re o un eroe diventato guerriero a tavolino per creare il pendant con l'altra statua della stessa altezza, poi messi insieme su una nave, spediti con ogni probabilità a Roma e finiti in mare a causa di una tempesta o dell'eccessivo carico.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Il rebus della Chiesa - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso