Uno scrittore di successo che progetta un film. E la donna più bella del mondo. In un incontro solo immaginato. Ma da togliere comunque il fiato

Certo che a vederla così, di fronte a non più di un metro, Milla Jovovich, uno prova quel sentimento che Dante cercava di spiegare a Guido Cavalcanti e per descrivere il quale non trovò di meglio che la parola "Incantamento".

«E così lei fa il professore», mi chiede all'improvviso. Ha una voce profonda quasi roca e una parlata tagliente per come pronuncia a spigoli quelle consonanti che noi arrotondiamo. Faccio segno di sì, che faccio il professore, o meglio che ho fatto il professore, ma che al momento non sono lì in quanto tale. Lei accenna un sorriso, e che sorriso! Prende fiato sollevando un po' il busto. È vestita semplicemente: una maglia di cotone un po' délabrée, quasi che si fosse appena alzata dal letto, calzone leggero, lento sui fianchi. Ha ai piedi, sottilissimi, un paio di infradito di cuoio, l'idea di un calzare. Come capita alle donne bellissime, tutta questa semplicità la fa sembrare elegantissima, tanto che viene da pensare che gli abiti troppo eleganti siano fatti soprattutto per le donne brutte. Mi scappa da ridere perché ho fatto un pensiero stupido: le donne brutte non esistono proprio. Ma Milla, dovreste vederla dalla distanza a cui la sto vedendo io: gli occhi, la forma del viso, il disegno del collo, l'attaccatura dei capelli, la linea dei lobi, il disegno delle labbra.

«Ho fatto il professore», chiarisco a un certo punto. «Ma poi, per caso direi, sono diventato uno scrittore…». Lei inarca le sopracciglia. «Ho scritto un libro di grande successo qui nel nostro Paese».

«E così smetterà di insegnare?», mi chiede Milla, con un velo di rammarico nella voce.

«Non so». E lo dico sinceramente. «Uno pensa di aver trovato la sua strada una volta per tutte e poi si trova a fare qualcosa che non pensava mai di poter fare.
Capisco cosa intende…»

«Diamoci del tu», dico io.

Lei accenna di sì, come farebbe Amaliya Kazimirovna Bezhetskaya nell'ultimo film che ha girato. Glielo faccio notare.

«Sa tutto di me…», constata lei. «Sa persino della "Regina d'Inverno" e magari anche della faccenda degli slip… ». Arrossisco perché è vero, la faccenda degli slip la so. «Li avevo», afferma lei senza scomporsi. «Forse un po' troppo ridotti, ma li avevo… Sui giornali hanno scritto che non li portavo e che sul set durante una scena si è visto tutto, ma non è così, giuro», aggiunge impostando un po' di broncio, come se ci tenesse davvero ad essere creduta da me.

«Non ci sarebbe stato nulla di male anche nel caso contrario: uno potrà essere libero di usare o meno la biancheria intima no?»

«Lei deve essere stato un professore davvero speciale», commenta Milla. «Ma il punto è che quando si è continuamente sotto ai riflettori anche le cose più semplici sembrano straordinarie».

Sì, questa l'approvo assolutamente: assomiglia in qualche modo all'idea che mi sono fatto dello scrivere storie e cioè prendere qualcosa di assolutamente ordinario, metterlo sotto ai riflettori e renderlo straordinario. Questo incontro per esempio: io sono qui, di fronte a me, perfetta, magnifica, c'è Milla Jovovich. Per definire straordinaria questa circostanza non occorrono nemmeno i riflettori è semplicemente un sogno. Milla segue con lo sguardo il mio pensare. «Non credevo assolutamente che avrebbe accettato di incontrarmi», sparo a bruciapelo. A lei si incrina un po' lo sguardo. «Insomma, la consideri dal mio punto di vista: uno nasce professore, nei momenti di libertà, dalla scuola e dalla famiglia ecco che si dedica a scrivere un romanzo, così senza una prospettiva… Poi…».

«Poi?», incalza lei.

«Poi a un certo punto quel professore finisce il suo romanzo e, senza la minima convinzione lo spedisce a qualche editore…».

«Sì», fa lei. Ha gli occhi che le brillano come se la mia storiella ordinaria fosse la cosa più strepitosa che abbia sentito da quando è nata. «E poi?»

«E poi passano i mesi, mica ti rispondono subito gli editori… A volte non ti rispondono proprio».

«Ma a lei hanno risposto». E lo dice con la convinzione di una che non teme smentite.

«Sì, hanno risposto», dico io infatti. Lei si scioglie in un sorriso di soddisfazione. Mi si annebbia la vista. Non starò esagerando? «Qualche volta bisogna stare attenti a quel che si desidera perché magari succede che si avvera».
Magari, mi viene da pensare, ora allungo la mano per vedere come reagisce; la allungo come per prendere qualcosa e sfioro la sua che è lunga sottile, curatissima.

«Le hanno risposto che erano entusiasti della sua storia e che l'avrebbero pubblicato», aggiunge lei come a distogliermi dal pensiero di poco prima.

«Esatto», confermo. «E poi è stato tutto stranissimo: recensioni, passaparola, classifica… Fino al film. E poi…».

«E poi?», incalza lei.
Siamo così vicini che potrei sfiorarle le labbra con la mia risposta. «E poi lei», sussurro senza nemmeno temere di sembrare uno di quei lumaconi che abbordano donne bellissime nei bar degli hotel cinque stelle.

«Io?», fa lei. E scuote la testa come se avessi pensato la fandonia più impressionante di questo mondo. «Ma sono io che devo ringraziarla per aver scelto me. Sono entusiasta della possibilità che mi dà».

Parla come se sapesse tutto di quanto intenderei proporle. E questo mi inviterebbe a non esagerare, ma non ce la faccio. «È una parte perfetta per lei», butto lì.

«Si tratta di una top manager in un'azienda di gioielli sintetici che diventa pescatrice di perle: non so se legge la metafora».

«Certo che la leggo», fa lei, con sguardo febbrile. «Si tratterebbe di incarnare la metafora di una donna che cerca l'autenticità: circondata dal falso, improvvisamente pretende il vero, anche se è difficile da trovare, anche se per averlo si rischia la vita».

Mi toglie il fiato. Ha detto esattamente quello che io stesso pensavo di dirle. Ed è una cosa che nella vita comune non succede mai: vi immaginate uno scrittore locale che scrive un romanzo assurdo e che assurdamente vende qualche migliaio di copie che sogna di farci un film con protagonista Milla Jovovich? Ecco immaginate che per le strade occulte del desiderio si riesca a contattarla, ha appena finito di girare un film tratto dal romanzo di Boris Akunin "La regina d'Inverno" in cui fa la parte di una femme fatale dal nome russo impronunciabile, ma comunque, saltando una sessione di doppiaggio, accetta di incontrarmi. Arriva bellissima e sembra sapere tutto di me, tutto, anche qualcosa che nemmeno io so… Ecco questo nella vita comune non succede, sembrerebbe esagerato. Esagerato appunto: infatti mentre Milla Jovovich mi si avvicina alla distanza di un sussurro, incantata dal mio fascino animale oltre che dalla mia straordinaria intelligenza, per farmi annegare nel suo sguardo azzurro cielo, ecco che io i miei, di occhi, li spalanco. Esagerato. Ci vuole misura, anche nei sogni.