Non diamo la colpa ai soldi che mancano. L'Italia non dà nessun valore alla ricerca, sia per tradizione sia per il forte influsso della Chiesa cattolica.  Ma il pensiero scientifico non si ferma e continua il suo cammino inarrestabile nonostante tutto

L'Italia non è un Paese per scienziati. E se la scienza disegna il progresso e quindi il domani, il nostro è un Paese senza futuro? Io dico di no, nonostante il grande dolore provato vedendo bruciare la Città della Scienza di Napoli e nonostante tutti i pensieri plumbei sui valori che dominano il nostro Paese che hanno accompagnato quelle immagini.

Che l'Italia sia in una situazione di arretratezza per quanto riguarda gli investimenti in ricerca scientifica, è innegabile. Secondo gli ultimi dati di "Observa, Science in society", la quota di ricchezza nazionale, Pil, dedicata alla ricerca nel 2012 è stata dell'1,3 per cento, mentre era dell' 1,1 nel 2010. Intanto in due anni i ricercatori sono passati da 3,6 al 4,3 su mille occupati. Un minimo progresso c'è stato quindi, ma il problema si pone nel confronto internazionale, perché mentre il nostro Paese è in situazione di semi-immobilismo, gli altri si muovono eccome. Ad esempio la Danimarca è passata in due anni da una percentuale del Pil investito in ricerca del 2,6 al 3,1, la Corea dal 9,5 all'11,1.

Tuttavia il cuore della questione non è esclusivamente finanziario, ma anche di cultura: la scienza non è considerata un valore del Paese. I perché sono molteplici: una tradizione che considera la creatività appannaggio dell'arte e la letteratura, un sistema scolastico che, dalle elementari all'università, non valorizza le materie scientifiche, l'influenza forte della Chiesa cattolica, che tende a limitare il peso del pensiero scientifico nelle scelte sociali ed etiche che riguardano la vita dell'uomo, considerata dono e proprietà esclusiva di Dio. Eppure anche in un mondo antiscientifico, la scienza non si ferma.

I ricercatori italiani sono accolti ovunque all'estero con grande favore e continuano a scalare le classifiche nei finanziamenti degli enti internazionali. Sono pochi e i loro percorsi di carriera sono bloccati, ma la loro produttività individuale è fra le più elevate in Europa. Sono la dimostrazione vivente che il pensiero scientifico continua imperterrito il suo sviluppo, quasi autonomamente rispetto alla storia.

Da quando è nata diecimila anni fa, in Mesopotamia, la scienza ha superato guerre, rivoluzioni, carestie, disastri ecologici, epidemie, continuando a progredire perché la capacità ideativa non viene mai meno e la mente continua a svilupparsi nutrendosi del nuovo sapere. Il processo della conoscenza è inarrestabile e anche se non lo vogliamo - o se qualcuno non lo vuole - le idee nascono, e prima o poi si realizzano.

Per questo la scienza non è intimorita neppure oggi: la crisi attuale è finanziaria ed economica, ma il pensiero scientifico sta vivendo uno dei suoi periodi più floridi. È importante a questo punto sottolineare che la scienza non è portatrice solo di benessere e sviluppo, ma anche di civiltà. Ha una forte vocazione umanistica perché è nata con le finalità ultime del bene collettivo, la tutela della vita umana, la salvaguardia degli equilibri del pianeta.

Di conseguenza i suoi obiettivi sono di alto respiro: la lotta alla fame nel mondo, la sconfitta delle malattie gravi come il cancro o la malaria e l'Hiv, la ricerca di fonti di energia non inquinanti, la difesa dell'ambiente e della biodiversità. L'universalità del linguaggio e del metodo scientifico possono rendere compatibili mondi altrimenti inconciliabili, recuperando differenze di culture ed esperienze.

Per questo la scienza rappresenta anche un movimento etico impegnato nel promuovere la tolleranza, cancellare i fondamentalismi e difendere i diritti umani fondamentali, primo il diritto alla pace, che è condizione di esistenza per tutti gli altri. Per avvicinare la scienza alla gente, facendone capire questi valori, ho voluto creare la Fondazione Umberto Veronesi per il Progresso delle Scienze, che celebrerà il suo decimo compleanno in Campidoglio il 20 marzo, alla Cerimonia di Consegna dei Grant 2013.

Attribuiremo oltre cento Borse di Ricerca, come facciamo ogni anno dal 2003, a giovani laureati, per costruire un esercito di futuri scienziati capaci di far riacquistare al Paese la fiducia nel proprio futuro.