Videomaker. Autori di spot. Nel nome del corto e della parodia. Dal capoluogo partenopeo arriva il nuovo fenomeno della Rete

A camminare nei vicoli di Napoli, sulla strada verso la sede dei The Jackal, non si incontrano che bambini. Li vedi giocare a calcio in Piazza Plebiscito, correre a Spaccanapoli, su via Toledo. E forse non è un caso, perché nel cinema e nel teatro napoletano i bambini sono la vera ricchezza della città. Come il ragazzino in “Paisà” di Roberto Rossellini, che diventa amico del soldato americano che ha derubato, come i figli di Filumena Marturano, nella commedia di Eduardo De Filippo, allevati in segreto per fuggire a un passato di miseria.

I ragazzi di The Jackal fanno cinema, e anche loro sono stati bambini con grandi speranze in testa. «Mentre gli altri giocavano a pallone noi usavamo la telecamera», racconta Ciro Priello, attore e direttore del casting. «E se alle medie proiettavamo i nostri corti in aula magna, alle superiori eravamo già più timidi». Oggi sono noti con una sigla che vuol dire “lo sciacallo”, e che è tante cose insieme: un collettivo di videomaker, una società di produzione (srl), un’agenzia commerciale. Un gruppo di vecchi compagni di scuola che ha sempre e solo voluto fare cinema.

[[ge:rep-locali:espresso:285507254]]Ciro, Francesco Ebbasta, Simone Ruzzo - più gli altri arrivati dopo - hanno raggiunto la notorietà da diversi anni attraverso YouTube. «Il primo successo fu un video ironico su “msn”, la chat che si usava allora», spiega Francesco, il regista del gruppo. E se ancora non avete mai visto un loro video, è probabile che li conosciate senza saperlo. Perché nelle ultime settimane la loro parodia della serie tv “Gomorra” dal libro di Roberto Saviano ha riscosso un successo senza precedenti: «Abbiamo realizzato cinque milioni di visualizzazioni», dice Francesco.

La parodia si intitola “Gli effetti di Gomorra. La serie sulla gente”. «Ci siamo concentrati soprattutto sulla scrittura dei dialoghi, mentre di solito “spariamo” e basta», dice Ciro Priello. Il risultato è un piccolo fenomeno di costume: «Stà senza pensier» o «Dù frittur» sono frasi ricorrenti nella serie. «E ora ci hanno fatto anche le magliette», racconta Ciro. La pagina Facebook dei The Jackal ha superato i 300mila iscritti; hanno vinto il Premio Speciale al Roma Web Fest e quello come “Miglior webseries” al Gran Galà Cinema Fiction.

Il successo di questa idea e i traguardi raggiunti dagli “sciacalli” sono frutto di un lavoro iniziato da giovanissimi. Di una voglia di andare lontano, che nel gruppo ha trovato la sua forza. «Io e Simone ci conosciamo sin dall’asilo», continua Ciro. «Alfredo (Felco) lo abbiamo conosciuto sul bus della scuola», aggiunge Francesco. Vengono tutti da Melito, un paesino tra Scampia e Secondigliano. «Io e Ciro andavamo a fare danza assieme», racconta Roberta Riccio, attrice. «I titoli li facevamo coi fogli di carta. Poi veniva il difficile: premere il “rec” della telecamera in contemporanea col “play” dello stereo per la musica», ride Ciro Priello.

Nel 2006 arriva YouTube, e i The Jackal aprono il loro canale. Nasce una produzione eclettica: «Dalla fantascienza all’action-movie americano», spiega il regista. C’è la parodia di “Ritorno al Futuro”, con la Panda che viaggia nel tempo; “The Washer”, in cui un lavavetri ha capacità che ricordano la trilogia di “Matrix”. C’è la serie di “Gomorra”, appunto, in cui si torna al dialogo teatrale, anche grazie alla presenza dell’attore Fabio Balsamo che «ricorda un po’ Massimo Troisi, gioca sulle sue incertezze», spiega Ciro. «Immagina Troisi che combatte contro gli alieni. Non è male come metafora di The Jackal», nota Francesco. E le indagini mistiche di Don Matteo rilette in “Don Matteo Begins”.

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Eppure, i The Jackal sono molto più di questo. Perché per ogni bambino con un sogno nel cassetto arriva il momento in cui prendere posizione. «Nella nostra Gomorra ridicolizziamo i modi di fare camorristici», spiega il regista. Il video, “Io sono molto leggenda”, prese la menzione speciale al Napoli Film Festival per le immagini sull’emergenza rifiuti del 2010. «Mentre giravamo dalle macchine ci urlavano: “Và a ballà a Milano, strùnz!” C’è chi non vuole che si porti all’estero la cartolina brutta di Napoli. Ma la nostra è una denuncia», spiega Francesco.

The Jackal è anche un’agenzia commerciale: «Tre anni fa abbiamo creato la srl», spiega Francesco. Molte aziende famose si rivolgono a loro per spot e campagne pubblicitarie: gli incassi della società arrivano da qui.

«Con la fiction non si guadagna ma per noi ha la stessa importanza degli spot commerciali. Perché se non avessimo fatto quei video online, non staremmo lavorando», spiega Francesco. «Vorremmo trovare un modo per avere un ritorno economico anche dalla fiction sul web. Con Spotify paghi 10 euro per ascoltare la musica legalmente: ci vorrebbe una cosa simile per i video», aggiunge il regista.

Da YouTube alla fiction, a una reputazione crescente nel circuito commerciale che non ha intaccato il carattere indipendente del collettivo napoletano. «Il segreto è essere intimi. Raccontare in modo personale per tenere il contatto con il pubblico», spiega Francesco. E, all’orizzonte, l’obiettivo resta lo stesso: «Continuare a divertirsi», dice Alfredo. In futuro, forse, un’altra serie di “Gomorra”. E “Vrenzole”, la serie sulle donne del popolo napoletane in cui «sogniamo un cameo di Sofia Loren», dice Francesco.

Infine, la voglia di realizzare un lungometraggio. Perché il grande cuore che si cela dietro il sorriso di The Jackal meriterebbe un respiro più ampio. Come “Napoli in 4K”, corto che mostra (ad alta risoluzione) la città, i volti, i bambini che corrono nei vicoli. A riprendere il cinema napoletano di una volta, dove i bambini sono ovunque. Ne “L’oro di Napoli”, di Vittorio De Sica, l’episodio “Il funeralino” racconta della bara di un bambino povero portata in processione sulla via grande. E la città diventa muta, perché quella piccola morte porta con sé la fine della speranza di una vita migliore. Ecco, i The Jackal, vogliono continuare ad essere una speranza che deve rimanere viva e crescere. E farci sognare sul Web come faceva il cinema di una volta.