Valorizzare il lavoro degli insegnanti, investire nei programmi di studio, creare incentivi per la ricerca: solo così l'innovazione può essere il motore di crescita del nostro paese. Parla la senatrice scienziata

Più o meno sappiamo quali sono ?i guai economici e sociali dell’Italia. ?Uno dei pochi dati empirici certi e costanti dell’economia politica - oltre quello ?che i prezzi dei beni sono regolati ?dalla domanda e dall’offerta - è che gli investimenti in ricerca e innovazione ?hanno un impatto positivo sulla crescita economica.

Tutti i Paesi che malgrado ?la crisi sono costantemente avanti per tassi di crescita economica - Cina, ?Corea del Sud, Finlandia, Israele - hanno investimenti in ricerca dell’ordine del 3 per cento sul Pil.

La direzione non potrebbe essere più chiara. Ma perché l’innovazione funzioni, sia motore alla crescita ?del paese, vi è una condizione che ?va richiamata. Senza una cultura che rispetti i fatti, in mancanza di un’istruzione che potenzi le qualità intellettuali dei futuri cittadini, date solo dal pensiero critico ?e da una solida alfabetizzazione scientifica, mancherebbe la condizione necessaria ?per consentire agli investimenti nella ricerca di creare un circolo virtuoso in grado di arrestare il declino dell’Italia.

Ristrutturare le scuole va bene ma si dovrebbe pensare anche ad adeguare i programmi di studio e a valorizzare il lavoro degli insegnanti, il più importante in una società davvero ispirata da valori liberali e democratici. Cominciare ad investire nella formazione prima e nel riconoscimento ?e nella valorizzazione poi, di cittadini liberi, in grado di fiutare le trappole dell’ignoranza, degli interessi particolari ?e delle bufale pseudoscientifiche è ?il primo passo di quel processo di crescita civile, culturale e sociale senza il quale l’innovazione poco potrebbe e peggio farebbe.

Servono regole moderne, disegnate da istituzioni autorevoli per la loro competenza, che funzionino a prescindere dagli uomini e dalle donne che le compongono, non demagogicamente improvvisate. Servono studenti che “sentano” di non poter copiare dal compagno di banco, giovani che non ?si tirino indietro dal denunciare un diritto negato e che tanto meno passino ad altri tale responsabilità, docenti capaci di inorridire di fronte a commissioni che truccano concorsi, scienziati pronti ogni giorno a partire per la luna sì ma anche a rispondere, sempre e con interesse, a chi ?fa loro delle domande.

Serve una politica competente, che capisca quanto costa al paese parlare a sproposito di staminali, di ogm o di vaccini che causerebbero autismo, o sottostare ad una burocrazia bizantina, ?e quindi perdere ogni anno centinaia ?di giovani, che portano altrove la loro passione. E che finalmente, se soldi pubblici mancano, si creino almeno ?gli incentivi, ovvero i vantaggi fiscali, ?per gli investimenti privati nella ricerca, anche in quella industriale.

Se non abbiamo ancora i numeri per essere il “paradiso dell’innovazione”, ?non vorremmo certo divenire il “paradiso degli pseudo-scienziati e degli pseudo-innovatori”. Nel paese ci sono modelli ?a cui guardare. Da lì si deve cominciare, per un progetto culturale e civile che faccia leva sulle nostre, molte e vere, ricchezze per trasformarle in innovazione, produzione, benessere.

Elena Cattaneo, Senatore a vita, docente all’Università degli Studi di Milano