Il fumettista ripercorre con noi la sua carriera. Dagli inizi nei '60 a oggi. E dice: "Allora l'eros era politico, una rivoluzione. E a me piaceva, e piace ancora, sfidare il comune senso del pudore"

Un foglio di carta da riempire, una matita e una gomma da cancellare. La mano ferma, il tratto deciso. E un immaginario inconfondibile che prende corpo poco alla volta, linea dopo linea, dando forma a ciò che fino ad un attimo prima era solo pensiero.

Mentre il profilo di una donna comincia a delinearsi, con i riccioli raccolti e mossi dal vento, un pubblico fatto anche di giovanissimi assiste rapito alla performance live di una delle firme più prestigiose del fumetto d’autore.
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Ospite di punta di EtnaComics 2014, il Festival Internazionale del fumetto e della cultura pop che da quattro anni si svolge a Catania, Milo Manara ha accompagnato alle pendici del grande vulcano una mostra personale di 70 opere originali, riunite sotto il titolo Tutto ricominciò con un’estate catanese in omaggio al celebre Tutto ricominciò in un'estate indiana frutto della fortunata collaborazione tra la matita del maestro del fumetto erotico e la penna di Hugo Pratt.
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Proprio dalle suadenti atmosfere coloniali di quello che è oggi considerato un capolavoro del fumetto d’autore, Manara ha preso ispirazione per realizzare dal vivo una tavola che, nel suo lento e magistrale comporsi, rievoca ad ogni tocco suggestioni d’altri tempi e senza tempo. Man mano che la matita del maestro scorre sul foglio, quasi accarezzando le linee del volto e le curve del corpo di quella donna dai capelli ricci, a lui così familiare eppure disegnata un po’ come fosse ancora la prima volta.

«Le mie donnine» le chiama così Milo Manara, mentre ci parla scherzosamente del suo 'harem' «mi hanno regalato una fortunatissima carriera. Quando ho iniziato, il tema erotico occupava almeno il 50% delle ambizioni personali maschili, come diceva benissimo John le Carré definendosi un “maniaco sessuale normalissimo come tutti”. Il lavoro che mi veniva commissionato era prevalentemente erotico e io lo facevo anche con grande piacere! Il fatto che le mie donnine abbiano colpito la fantasia dei lettori diventando il tratto identificativo dei miei disegni è stato un bene e lo è ancora oggi, in un panorama fumettistico ed editoriale ampio in cui bisogna essere “scelti”».

««Ho iniziato a disegnare a ridosso del Sessantotto, l’anno del risveglio della libertà sessuale rispetto alla quale anche la letteratura e il cinema hanno svolto un grande ruolo. Il mio immaginario si basa sull’aspetto pubblico dell’erotismo, non racconto mai camere da letto private ma cose e situazioni che possano dare scandalo secondo il comune senso del pudore, che a mio avviso ha molta più importanza di quanto possa sembrare. La trasgressione è un argomento socio-politico interessante e anche in base ai luoghi ha diverse implicazioni importanti da esplorare».

A proposito di cinema, Milo Manara quel mondo lo conosce bene. Lo ha frequentato nel migliore dei modi, soprattutto collaborando con un grande maestro come Federico Fellini, ma anche con Pedro Almodovar, Vincenzo Cerami e Alejandro Jodorowsky, senza farsi mancare un passaggio alla Marvel Comics per la quale ha disegnato le “Ragazze in fuga” della serie “X-men” dotandole di tutta la sensualità che contraddistingue le sue donne.

Intanto, mentre continua a disegnare dal vivo, lo sguardo del pubblico è incantato, segue ogni nuovo dettaglio sul foglio con ammirazione. E quando appaiono i primi tratti di un veliero che lascia il porto e poi quelli di un gabbiano in volo, il pensiero va proprio a quel Federico Fellini che lo stesso Manara stregò con le proprie tavole, realizzando per il regista più immaginifico di tutti i tempi sia storyboard che strisce e illustrazioni indimenticabili. Come accadde per il misterioso e suggestivo “Viaggio a Tulum” e per “Il viaggio di G. Mastorna”. Tra cinema, esoterismo onirico, eros e visionarietà.

«Fellini era un grande artista, io lo considero come Michelangelo o Tiziano. Aveva un immaginario diverso dal mio, perché la sua metodologia partiva dal ricordo come pretesto narrativo o dal sogno come trasfigurazione della realtà. Una realtà che spesso filtrava, usando come criterio selettivo anche la memoria. Ecco perché le sue donne erano “gigantesse”, mentre le mie “donnine” sono più esili e reali. Lui vedeva le donne con occhi di bambino, era la sua memoria che lo portava al gigantismo femminile. Comunque abbiamo trovato un terreno comune, in cui ho messo a sua disposizione il mio immaginario senza sovrapporlo al suo. Eseguivo le sue indicazioni, sempre precise in sceneggiatura e nelle successive correzioni».

Questo, in effetti, è uno dei grandi meriti riconosciuto da molti a Milo Manara. Quello di essere stato sempre capace di mettere la sua arte al servizio delle storie e dei loro autori, trovando i volti più adatti ad interpretare i vari ruoli, soprattutto quelli femminili, sottoponendo i personaggi a veri e propri “casting” come lui stesso ci ha raccontato.

In cerca poi dei gesti più eloquenti, delle alchimie e delle chimiche più accattivanti, delle atmosfere più evocative. Come quella che, in un’ora appena e «senza avere gli strumenti giusti», Milo Manara è riuscito a creare sotto gli occhi di un pubblico catanese estasiato. Immergendo, attraverso un gioco di colori ed acquerelli, una donna, un veliero ed un gabbiano in un tramonto sfumato, mosso da una leggera brezza che sussurra il racconto di una grande passione e il ricordo di una grande avventura.

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