Reed Hastings presenta la sua rivoluzione alla stampa: "La visione in streaming cambierà le regole stesse della narrazione: niente pubblicità, niente vincoli di orario"
“La più grande rivoluzione della televisione mondiale, dopo l’avvento del colore”: spara alto, ma potrebbe avere ragione Reed Hastings, il numero uno di Netflix, mentre presenta la sua televisione alla stampa italiana.
Il fondatore dell’ex servizio di consegna a domicilio di Dvd, trasformatosi poi in piattaforma on line, e poi in casa di produzione molto (e a buon titolo) di moda, mette subito le carte in chiaro: il suo, per chi non lo avesse ancora capito non è un nuovo canale, ma un nuovo medium.
“La televisione - prova a spiegare - in buona sostanza è ferma da cinquant’anni. Ha aumentato i suoi standard di qualità ma, sostanzialmente è rimasta sempre la stessa. Internet e tutte le tecnologie che sul suo uso si fondano, come gli smartphone o i tablet, sono andati molto più veloci e in dieci anni, da quando è uscito il primo iPhone ad oggi, la velocità di innovazione è stata vertiginosa. Ora la stessa velocità può innestarsi sulla televisione e cambiarne le regole”.
Dunque la scommessa è di fare con il televisore del nostro soggiorno quello che dieci anni fa gli smartphone hanno fatto con i nostri telefoni e con il modo con cui, da quando siamo nell’età della ragione, chiamiamo la mamma. Prendere quella scatola e farne un contenitore vuoto di quello che vogliamo, di quello che ci somiglia di più, con un taglio sartoriale.
“Oggi noi sul nostro telecomando - continua a spiegare Hastings- abbiamo dei canali tra i quali scegliere. Nel futuro no: avremo delle app tra le quali scegliere”.
Ma Netflix e il suo capo, per chi non se ne fosse accorto, hanno grandi ambizioni. Così, lo dicono ma non lo ammettono, non vogliono solo cambiare la tecnologia, vogliono dare il via ad altri due cambiamenti molto più invasivi, forse persino invadenti e, se prenderanno piede, storici.
Il primo riguarda
la gestione del tempo di ognuno di noi: “Oggi il modello proposto dalla televisione lineare, fatto di programmi che vanno in onda il tal giorno alla tal ora, è un’anomalia storica destinata a scomparire - spiegano ancora da Netflix - chi è un po’ avanti con gli anni è cresciuto con questo modello, e ci è abituato. Ma i più giovani - leggasi quelli che consumeranno contenuti tv da qui ai prossimi cinquent’anni - sono già abituati da anni al click and view e andranno sempre di più verso quel modello”.
Il secondo invece, riguarda
il modo stesso di raccontare le storie: “Sarebbe assurdo - spiegano - pensare che i capitoli di un libro debbano durare 22 pagine; allo stesso modo anche la durata di un’ora o poco meno degli episodi è destinata a essere superata, perché la visione in streaming cambia le regole stesse della narrazione, niente pubblicità, niente vincoli di orario. Già oggi le nostre serie sono, in buona sostanza film di 13 ore”.
A raccontarla così sembra l’eldorado della narrazione visiva e, allo stesso tempo, la rivoluzione copernicana della visione di cinema e tv. O forse, come ha detto Daryl Hannah (attrice della serie originale Sense8) in conferenza stampa, “La chiamiamo televisione, ma in realtà è un’altra cosa”.
Solo il tempo potrà dirci se la scommessa di Netflix e dello streaming legale sarà stata azzeccata o un buco nell’acqua in un Paese, come il nostro, piuttosto restio ai cambiamenti.
Eppure da qui a pochi anni Netflix punta a conquistare un terzo del pubblico italiano, con una proporzione simile a quella realizzata negli Stati Uniti e, mano a mano, negli altri paesi in cui Netflix ha esportato il suo modello. L’ottimismo, alla presentazione aleggia sovrano. “Dai, siamo seri: pochi anni fa nessuno avrebbe immaginato che gli anziani usassero i social network, adesso - scherzano ma non troppo - nessuno di noi riesce a tenere lontana sua nonna da Facebook”.