La riforma voluta da Matteo Renzi si propone di chiudere con la piaga del precariato. Invece le lascerà fuori ancora un bel po'. Che continueranno a cercare suppelenze, protestare e sperare nel concorso prossimo venturo

All'inizio dovevano essere 150.000. Poi, nel disegno di legge sulla “Buona scuola”, sono diventati 100.701: quasi il 10 per cento dell’organico attuale delle scuole. Ma alla fine i precari assunti dal primo settembre potrebbero essere solo 50-60.000. Perché l’operazione parta, infatti, serve che la legge sia approvata in tempi rapidi entro fine maggio.

mpresa quasi impossibile, visto che il ddl, approvato il 12 marzo in consiglio dei ministri, si è poi inabissato nelle stanze dei tecnici, della Ragioneria, del Quirinale. In mancanza della legge, non partirà il nuovo “organico funzionale” e si potrà solo sostituire chi va in pensione. Ma per applicare i nuovi criteri sarà necessario un decreto legge.

LABIRINTO PRECARIO
Il mondo dei “precari della scuola” è un labirinto senza mappe. Un universo brulicante e complicato, che tra poche settimane sarà spaccato in due dalle assunzioni. La “Buona scuola”, che voleva chiudere con la piaga dei precari nella scuola, ne lascerà ancora fuori un bel po’. Continueranno a protestare, cercare supplenze, sperare nel concorso prossimo venturo. Ma soprattutto a riempire carte per i tribunali, per una valanga di ricorsi che è già pronta ad abbattersi sul “piano assunzionale”, parola vecchia che campeggia, all’articolo otto, dentro la nuovissima “Buona scuola”. Che prima che ai docenti darà lavoro a molti avvocati.

IDONEI MA BOCCIATI
«Addio alle graduatorie, da ora in poi si assume per concorso». Correva l’anno 2012, e l’allora ministro Profumo risvegliò le speranze di molti. In oltre centomila si misero in fila per il primo concorso nella scuola bandito dal 1999. Doveva essere il primo di una nuova serie: il secondo era annunciato già per la primavera 2013. Invece non se ne fece niente. Due governi dopo, il piano-scuola di Renzi si trova tra i piedi, in prima fila, le vittime di quel concorsone: quelli che pensavano di avercela fatta, i circa 6.600 idonei che hanno superato le prove, ma erano in sovrannumero rispetto alle cattedre disponibili. Sono i grandi esclusi della Buona scuola. «Gli idonei non sono vincitori di concorso, altrimenti si chiamerebbero vincitori di concorso», ha detto il premier, cercando di chiuderla lì. E invece ha riaperto una controversia gigantesca. Gli idonei, sui social e in ogni dove, spargono le loro ragioni: il merito, innanzitutto. Perché chi ha superato una prova selettiva deve essere scavalcato da chi sta da tempo nelle graduatorie, ma potrebbe anche non aver mai fatto concorsi né insegnato negli ultimi anni? E poi le leggi, a partire dal Testo unico sulla scuola che prevedeva l’accesso al ruolo per concorso e la validità per tre anni di quelle graduatorie.

Lo stesso spot originario della “Buona scuola” parlava di assunzione per «tutti i precari storici e tutti i vincitori e gli idonei dell’ultimo concorso»; promessa fatta anche da vari ministri e parlamentari. «Quel concorso era bandito solo per le cattedre esistenti, non doveva creare nuove graduatorie. Se qualcuno ha fatto promesse che non doveva fare, non è colpa nostra», dice Francesca Puglisi, renziana di ferro, che intende guidare la pattuglia dei senatori del Pd ad approvare il ddl in tempi brevi. Ma l’esercito degli idonei preme per emendamenti che li ripeschino. Se non riusciranno per le vie parlamentari, quelle giudiziarie sono già spalancate. All’Anief - associazione della scuola specializzata nella macchina dei ricorsi - non hanno più tempo neanche per rispondere al telefono. Perché gli idonei sono solo la prima fila, dietro c’è una massa di altri docenti precari pronti ad andare dal giudice.

GIOVANI, PREPARATI E DANNATI
In gergo si chiamano “seconda fascia”, o “graduatorie di istituto”. Sono quei prof rimasti fuori dalla madre di tutte le graduatorie - la Gae, Graduatoria ad esaurimento - che a un certo punto ha chiuso i battenti. Ma quando una scuola ha bisogno di supplenti, non sempre li trova pronti nelle Gae, proprio nelle materie e nelle zone in cui servono. Così i nuovi, soprattutto i più giovani e molto spesso i matematici, i fisici, gli insegnanti di scienze, arrivano dalla “seconda fascia”. Per loro, niente assunzione col piano Renzi. Sono arrabbiati neri, visto che hanno avuto la sventura di entrare nella scuola negli anni in cui si alzavano le asticelle dei requisiti, e man mano che conquistavano un titolo questo si rivelava insufficiente. «Sono 60mila persone che hanno fatto i Tfa, tirocini formativi attivi, e poi i percorsi abilitanti dei Pas», dice Francesco Scrima, segretario della Cisl scuola. Molti di costoro potrebbero avere qualche diritto da vantare, davanti al giudice: perché lo Stato fa prendere ai laureati degli ulteriori titoli per insegnare (e a caro prezzo: 2.500 euro all’anno come minimo), e poi non li tiene in minimo conto? Dal Miur rispondono: aspettate, ci sarà a breve il prossimo concorso. Che a questo punto comincia ad affollarsi.

GLI SLALOMISTI
Giovanni Romano Gargarelli è uno dei giovani dannati della seconda fascia (trent’anni, insegna a chiamata, nelle scuole superiori romane). Ha fatto tutto per bene, in apparenza: laureato in matematica a 24 anni, si è iscritto subito ai corsi del Tfa. Ma ha sbagliato i tempi, e non certo per colpa sua: «Stavo finendo la specializzazione quando si è bandito il concorso Profumo, e non l’ho potuto fare. Intanto si erano chiuse le graduatorie, e non potevo entrare più: che fare?». Alcuni suoi colleghi sono andati dall’avvocato; hanno chiesto di essere ammessi al concorso con riserva, e il giudice ha dato loro ragione. Lui no, ed è rimasto fuori sia dalla Gae che dal concorso.

Nel frattempo ha fatto ricorso anche lui, per entrare nelle graduatorie, e ha sempre insegnato, ma anche stavolta non sarà pescato. Come lui, ce ne sono tanti altri, rimasti fuori delle graduatorie, ma attivi nella scuola. Il punto è che i criteri per entrare in quella Gae che a parole tutti volevano sopprimere sono cambiati continuamente, e spesso per mano giudiziaria. L’ultima sentenza, del Consiglio di Stato, è arrivata proprio nei giorni del ddl della “Buona scuola”, e ha riconosciuto a 3.000 che avevano preso il diploma nelle vecchie magistrali il diritto di entrare in graduatoria: e ancora non è chiaro se queste tremila maestre sono entrate in paradiso all’ultimo momento o se hanno vinto fuori tempo massimo e resteranno nel purgatorio precario. Peggio ancora per i 500 che in gergo si chiamano i “congelati ex Ssis”, altro lascito del precedente percorso di specializzazione, rimasti fuori dalle graduatorie quando quelle scuole sono state chiuse. Una gigantesca sala d’attesa invece è preparata per oltre 23mila maestre della materna: per loro, tutto è rinviato alla riforma detta 0-6, quella che unificherà nidi e scuole dell’infanzia.

LA BEFFA DEGLI OVER 36
Infine ci sono i supplenti “lunghi”, i più stabili dei precari. Quelli che hanno fatto supplenze continue, per oltre trentasei mesi, e che hanno visto le loro ragioni trionfare davanti alla Corte di giustizia europea, che ha condannato l’Italia per abuso di precarietà. Anche per loro, niente assunzione automatica, a meno che non siano anche iscritti nella famosa Gae. Secondo il governo, la sentenza europea obbliga lo Stato a risarcirli (se chiederanno i danni), non ad assumerli. E il Miur pensa di cavarsela con 10 milioni per il 2015 e altri 10 per il 2016, per indennizzare i precari “lunghi”, del cui numero dà un’interpretazione molto restrittiva. Intanto, per prevenire altri guai, il governo ha deciso di proibire di dare incarichi a chi ha già avuto contratti per tre anni. Così, gli over 36 si trovano ad essere all’ultimo girone degli esclusi: non solo non vengono assunti, ma vengono cacciati dalle aule di scuola. C’è da giurare che anche loro andranno ad affollare quelle dei tribunali.