Anniversari

Caro diario, oggi sono in trincea

di Pier Vittorio Buffa   2 giugno 2015

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La grande guerra raccontata giorno per giorno. Il freddo, la paura, gli eroismi nelle parole dei protagonisti e nelle immagini. Dieci libri in edicola con l’Espresso dal 5 giugno

La notte tra il 23 e il 24 maggio 1915 trentacinque divisioni del Regio esercito sono schierate lungo i confini con l’Impero austro-ungarico e ricevono l’ordine di attacco. All’alba muore il primo soldato italiano e vengono sparati i primi colpi di cannone. Comincia, un secolo fa, la Grande Guerra dell’Italia. Seicentocinquantamila soldati uccisi, centinaia di migliaia di mutilati e invalidi, intere regioni sconvolte dai combattimenti, migliaia e migliaia di civili costretti a fuggire dalle loro case, battaglie continue e sanguinosissime per guadagnare pochi metri di terreno. E, infine, la conquista di Trento e Trieste.

Fu questa la guerra italiana che vide in armi quattro milioni e mezzo di uomini e decimò intere generazioni, fino a quella del Novantanove chiamata, a diciotto anni, a difendere il baluardo del Piave.

Per raccontare la guerra di un secolo fa “l’Espresso” ha deciso di dedicare una serie di libri, “La Prima Guerra Mondale in Italia”, proprio a loro, ai giovani che la combatterono nel fango delle trincee e sul ghiaccio delle montagne. La collana è divisa in due parti: le Voci, quattro volumi ognuno dedicato a un anno di guerra e le Immagini, sei volumi che raccontano visivamente i protagonisti della tragedia: i soldati in trincea, le donne, gli aerei e le navi, i civili.

Il primo volume delle Voci, “Cronache dal fronte-1915”, uscirà con il giornale la prossima settimana, il 5 giugno. Gli altri seguiranno con cadenza settimanale. Questa collana è nata non solo per ricordare, con i racconti di chi vi partecipò direttamente e con le fotografie di allora, le più importanti battaglie, ma anche, e soprattutto, per stare accanto ai soldati nella vita di tutti i giorni.

Una vita fatta di paura, sonno, fame, freddo. E morte. Una morte pronta a colpire in ogni momento e dalla quale è molto difficile difendersi. A parlare, nei primi quattro volumi, sono i nostri nonni e bisnonni combattenti. Con i loro diari, le loro lettere, le loro cartoline, le loro memorie.

I diari sono compagni di tutti i giorni, tenuti al riparo e utilizzati come amici preziosi e silenziosi per lasciare traccia di quello che si stava vivendo. Le lettere sono dialoghi a distanza con le persone a cui si vuole bene, l’unico mezzo per tenere vivi gli affetti, immaginare un futuro. Le cartoline e i biglietti con poche parole sono i tweet di un secolo fa. Servivano a rassicurare, a dare prova di essere ancora vivi, di essere sopravvissuti a una sanguinosa battaglia della quale, probabilmente, avrebbero parlato i giornali. Le memorie sono le pagine scritte dopo la guerra, dopo l’uscita dall’incubo, per aiutare se stessi e gli altri a non dimenticare quello che era successo.

La copertina del primo volume
Il tutto è organizzato come in una grande, collettiva agenda, una sorta di diario dei diari. Anno per anno, mese per mese, giorno per giorno. Memorie, lettere e diari sono stati scomposti e riordinati in modo da collocare i singoli brani nelle rispettive giornate. Così si ritrovano uno accanto all’altro, dopo cent’anni, soldati che non si sono mai conosciuti ma che descrivono la stessa battaglia, la stessa azione. E dello stesso momento regalano a noi racconti a due o più voci.

Due sottotenenti di fanteria, di due reggimenti diversi ma della stessa brigata, partecipano, nel 1916, al medesimo assalto: ne lasciano entrambi una minuziosa e drammatica testimonianza. Un medico descrive i feriti gravi che gli arrivano dalla prima linea. Quel giorno moriranno in cento, tra loro un soldato che ha da poco scritto l’ultima lettera a casa, gelosamente conservata per un secolo.

I giorni della disfatta di Caporetto, nell’ottobre del 1917, tornano a noi con pagine che sembrano tratte da un documentario girato con più macchine da presa. Alcuni bombardamenti o attacchi delle truppe tedesche e austro-ungariche sono come in stereofonia. Con un pizzico d’immaginazione, ma solo un pizzico, si può vedere la stessa scena con gli occhi di più soldati che vi hanno assistito. E così per tutte le grandi battaglie come quella degli Altipiani, quando venne respinta la Strafexpedition, la Spedizione punitiva austro-ungarica nel 1916. O come quella del Solstizio, che fu la premessa della definitiva Battaglia del Piave.

Le storie s’intrecciano, le emozioni si condividono. Nel giugno 1918, sul Montello, viene abbattuto l’aereo di Francesco Baracca, il pilota muore. La voce corre lungo il Piave, la morte dell’asso dei cieli diventa un grande lutto condiviso da centinaia di migliaia di soldati. Diari e lettere annotano con dolore.

I volumi “Cronache dal fronte” sono il frutto di un lavoro durato quasi due anni e che ha avuto una grande, fondamentale tappa intermedia: lo speciale online La Grande Guerra. È qui, in uno strumento interattivo appositamente progettato, che sono confluiti, nel 2014, oltre mille estratti dell’enorme materiale autobiografico custodito presso l’Archivio diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano, che di tutto questo è stato prezioso e indispensabile partner dell’Espresso.

Mille estratti di più di centosettanta autori selezionati con cura, digitalizzati, “geolocalizzati”, spiegati. Mille estratti che consentono a ciascuno di costruirsi, grazie alla efficiente architettura del sito, un proprio viaggio nelle trincee della Grande Guerra. È dal sito che hanno preso forma i quattro volumi delle Voci, “Cronache dal fronte”, che ne sono in qualche modo la prosecuzione e il completamento.

Ciascun libro della prima parte della collana è dedicato a un anno della Grande Guerra italiana, dal maggio del 1915 al novembre 1918. Suddiviso in mesi e giorni è arricchito da schede storiche, note redazionali, elenchi di nomi e di luoghi, grandi mappe, fotografie.

Non sono però quattro libri da utilizzare per ricostruire i grandi eventi bellici, per sapere di reggimenti e divisioni, dei loro spostamenti, delle tattiche di combattimento. I generali, il re Vittorio Emanuele III, i comandanti in capo Luigi Cadorna e Armando Diaz appaiono e scompaiono proprio come accade nella vita di un soldato qualunque. Se ne vede l’ombra durante una visita ai reparti o in una sfilata. Se ne subiscono le decisioni dopo un ordine o un proclama.

Nei primi quattro volumi della collana, insomma, si parla più di carne in conserva e di pidocchi che di generali e colonnelli. Più di teste spaccate da una scheggia che di medaglie al valore. Più di paura di morire e non tornare a casa che di gloria e coraggio. Più di atti di umanità che di atti di eroismo. E così è facile imbattersi nella storia del soldato rimasto senza nome che ha soccorso un compagno a rischio della propria vita. O di quello che si è tolto un chilo di pane dalla bisaccia per donarlo a un austriaco fatto prigioniero.

Perché i veri e unici protagonisti delle “Cronache dal fronte” sono gli uomini e le donne che quella guerra hanno combattuto o subito. E stampare su carta, un secolo dopo, le parole che raccontano le loro sofferenze e i loro grandi piccoli gesti è un po’ rendere omaggio a tutti loro.