
Autobiografia, racconto, saggio, riflessione problematica sull’essere ebrei nel XX secolo, “Il bambino nella neve” è un’opera letteraria, almeno nelle prime cento pagine con la rievocazione della propria infanzia ?a Katowice, città di minatori e operai metallurgici, a breve distanza da Auschwitz, in una casa per i funzionari del partito comunista, cui appartiene ?il padre.
Una genealogia famigliare con storie incredibili, meravigliose e terribili. Il punto di vista del narratore è quello rasoterra del bambino. Poi nel 1965 comincia l’antisemitismo di sinistra, se così possiamo dire, e un bel giorno del 1968 i Goldkorn partono con 5 dollari a testa e una valigia per Vienna. Vanno in Israele. Wlodek rimpara a vivere in quel paese che inizialmente crede la propria patria. Più rapida e meno dettagliata questa parte, certamente dolorosa, ma non come quella delle nevi polacche, perché intanto il bambino è cresciuto, è diventato un ragazzo, un contestatore.
Dopo il servizio militare va in Germania, ma neppure lì si sente a casa propria. Arriverà, come un personaggio di “Se non ora, quando?” di Primo Levi in Italia, a Firenze. Nell’ultima parte del volume c’è il ritorno in Polonia, proprio come all’inizio del libro, non per trovare ?il sé bambino; ora ci va per visitare ?il cimitero di famiglia: Auschwitz. Lì ci sono le ceneri dei famigliari, la nonna, ?i cuginetti. A scrivere quelle pagine ?è il giornalista. Pagine ricche di storia che s’intervallano con ricordi e incontri. ?
Va a visitare i Lager con una fotografa, Neige De Benedetti, le cui immagini arricchiscono di narrazioni il libro. Racconta la storia di questi luoghi. Meno struggenti e liriche, contengono tuttavia alcune perle. Come quando ?va a Treblinka con Marek Edelman, ?il leggendario comandante della rivolta del Ghetto di Varsavia, suo padre putativo. Si mangia le unghie per il nervosismo fino a ferirsi un dito. Marek lo vede sanguinare. «Niente, due gocce di sangue», risponde Wlodek conscio ?di dove si trovano. Marek: «Effettivamente è una cazzata». ?Un libro sulla memoria, personale ?e collettiva, che dà da pensare ?e si legge d’un fiato.