Dalle invenzioni grafiche e narrative del suo lavoro, all’insopprimibile autoironia che gli impediva di definirsi “artista”. Un genio che sul mondo dell’arte diceva: «Penso sia giusto ci sia anche gente ?che comunica in modo non specifico, ?con cose abbastanza salottiere, un po’ stupide. Il fumetto no. Il fumetto è il dogma»

In una notte d’autunno a Lucca, durante ?il Salone Internazionale dei Comics, Andrea Pazienza mi dà un passaggio verso l’hotel ?dove cartoonist e addetti ai lavori si attardano ?a suonare e bere. Saliamo in macchina e non appena mette in moto parte il tema di “Guerre Stellari”, trasformando idealmente l’auto nel Millennium Falcon, mentre Andrea ride a crepapelle del mio entusiasmo. Ripensando a Paz, alle invenzioni grafiche e narrative del suo lavoro e all’insopprimibile autoironia che gli impediva di definirsi “artista”, lui che genio era davvero, mi torna in mente questo frammento della nostra frequentazione, un momento marginale, ma rivelatore di quanto l’aspetto ludico fosse basilare per il fumettaro più eclettico della storia dei comics.

1977-1988: in questo troppo breve periodo Andrea Pazienza ha pubblicato fumetti, disegnato fondali teatrali e manifesti cinematografici, bozzetti e costumi, copertine di dischi e abiti. Dopo nulla è stato più lo stesso. Andrea Pazienza è ricordato infatti, anche da parte dei suoi estimatori, come un cartoonist “trasgressivo”. Questa è però un’equazione errata e semplicistica: è il prezzo pagato dall’autore per essere stato padre di Zanardi ?e delle infamie che hanno reso il personaggio uno dei più memorabili antieroi della storia del fumetto.
Anniversari
Quando Andrea Pazienza disse: «Disegnare non mi piace»
20/5/2016

L’opera di Pazienza è, invece, troppo ricca di sfaccettature per ingabbiarla nei limiti di un solo genere. Dall’esordio con le avventure di Pentothal, profondamente radicate nella Bologna del 1977 e con un segno ancora debitore verso le innovazioni grafiche di Moebius; fino al capolavoro incompiuto ?Astarte, che racconta la vita e la morte ?del cane da guerra di Annibale apparsogli ?in sogno; il percorso creativo dell’autore ?è in continua evoluzione. Pazienza ha un segno godibilissimo, cangiante non solo di storia in storia, ma anche da una vignetta all’altra nella stessa tavola, il che gli permette di alternare momenti di realismo a scherzi caricaturali, ?che fondono la lezione umoristica di Jacovitti con la tradizione disneyana, ponendo il tutto al servizio di una narrazione altrettanto polimorfa.
[[ge:rep-locali:espresso:285202241]]
I crimini di Zanardi si affiancano così senza soluzione di continuità alle avventure di Paz & Pert, dove l’autore è al fianco di Pertini in una guerra partigiana degna di Bibì & Bibò, mentre il disperato testamento spirituale “Pompeo” può coabitare con le fiabe “A che serve un perepé?” e “Il leone Pancrazio”, disegnate ?in occasione della nascita del figlio ?di un caro amico.

Andrea Pazienza è un cartoonist della levatura di Winsor McCay, Carl Barks, Hugo Pratt, Moebius, un genio che, quando gli si chiedeva un’opinione sul mondo dell’arte, rispondeva: «Penso sia giusto ci sia anche gente ?che comunica in modo non specifico, ?con cose abbastanza salottiere, un po’ stupide. Il fumetto no. Il fumetto è il dogma, il fumetto è l’esattezza, la precisione per eccellenza, perché non si scappa, c’è l’immagine, ?c’è lo scritto: se sei un fesso si vede subito, ?se sei un genio anche. Se sei un artista ?non lo so, perché l’essere artista è un altro paio di maniche».