Economia
15 dicembre, 2025Coldiretti lancia il suo "manifesto": Serve un cambio di rotta, questa non è l’Europa che vogliamo. E si prepara alla mobilitazione a Bruxelles il 18 dicembre
Coldiretti alza il livello della sua mobilitazione annunciando per il 18 dicembre a Bruxelles la partecipazione alla manifestazione imponente con agricoltori da tutta Europa contro le scelte della Commissione Von der Leyen. Una protesta che nasce da un malessere più profondo e che l’organizzazione ha deciso di mettere nero su bianco nel suo nuovo “manifesto”, presentato all’assemblea nazionale: un testo politico che afferma con chiarezza che «questa non è l’Europa che vogliamo» e che chiede un cambio di rotta radicale nelle politiche e nel funzionamento dell’Unione.
All’assemblea nazionale di Coldiretti, accanto ai dossier su agricoltura, filiere e mercato, è stato presentato infatti una sorta di “manifesto” rivolto all’Europa. Un testo politico, nel senso più ampio del termine, che tenta di mettere a fuoco il malessere profondo che attraversa l’Unione Europea. Un’analisi che non parla solo di agricoltura ma del rapporto – ormai logoro – tra istituzioni europee e cittadini. Il titolo è già una dichiarazione di intenti: “Questa non è l’Europa che vogliamo”.
Il ragionamento parte da un presupposto: gli agricoltori sono da sempre fra i pochi a misurarsi quotidianamente con Bruxelles. Ne conoscono ingranaggi e limiti, e Coldiretti rivendica per sé un ruolo di «intermediario sociale», capace di intercettare le inquietudini di un Paese che non si riconosce più nel progetto europeo. Da qui la decisione di produrre una riflessione complessiva, che va oltre gli ambiti tecnici e tocca la qualità democratica dell’Unione.
Il cuore del documento riguarda il riequilibrio dei poteri europei. Secondo Coldiretti, negli anni la Commissione – definita una «élite tecnocratica non eletta» – ha assunto un peso sproporzionato nel processo decisionale, relegando il Parlamento europeo al ruolo di comparsa. Un esempio su tutti: il recente bilancio Ue, approvato nonostante il voto contrario dell’Eurocamera e caratterizzato da un taglio di 90 miliardi alle politiche agricole a favore del riarmo. Un passaggio che nell’organizzazione agricola ha lasciato il segno.
Il testo ricostruisce poi il lungo elenco di “campanelli d’allarme” ignorati: dal no danese a Maastricht ai referendum francese e olandese sulla Costituzione europea fino alla Brexit, letti non come episodi di populismo ma come veri segnali di una distanza crescente tra Bruxelles e i popoli europei. Una distanza che, per Coldiretti, continua ad alimentare astensionismo e sfiducia.
Nella lettura dell’organizzazione, l’errore originario dell’Ue sarebbe stato quello di ridursi a un grande dispositivo economico, convinto che il mercato bastasse a garantire coesione e benessere. Oggi, in un mondo segnato dal ritorno dei conflitti e dal ripiegamento della globalizzazione, emerge invece un’Europa «senz’anima», incapace di ritagliarsi un ruolo geopolitico e prigioniera di scelte che hanno indebolito interi settori produttivi, a partire da quello agricolo e manifatturiero.
Il documento non offre soluzioni preconfezionate, e Coldiretti non pretende di farlo. Ma la sua conclusione è chiara: non serve «meno Europa», bensì un’Europa diversa. Più democratica, più vicina ai cittadini, più attenta ai bisogni reali dei territori e meno ripiegata su logiche burocratiche e autoreferenziali.
Un messaggio politico forte, che colloca l’agricoltura al centro di una riflessione più ampia sul futuro del continente. Coldiretti, con questo testo, sembra voler dire che il tempo degli aggiustamenti marginali è finito. E che se l’Unione vuole recuperare fiducia e legittimità, deve tornare a guardare negli occhi chi ogni giorno custodisce la terra e, con essa, una parte essenziale dell’identità europea.
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