A caccia di assurdità sul web con Vincenzo Maisto, creatore del blog che scova i gruppi social più inquietanti: «È la speranza che siano dei falsi che ci fa tirare avanti»

Madri un po' troppo “entusiaste” che sui social si scambiano consigli su come consumare la propria placenta, come cucinare dolci con la ricotta ricavata dal proprio latte (qualche volta servendola a ignari vicini di casa) o come creare gioielli con il cordone ombelicale. Donne che amano preparare sconvolgenti torte splatter a tema parto, che si preoccupano moltissimo della diffusione della "teoria gender" nelle scuole, ma cercano di allattare i figli fino a oltre i sette anni. Sono le mamme “pancine”, il più noto fenomeno social scovato dal Signor Distruggere, il blog che da anni si infiltra nei più assurdi gruppi Facebook chiusi, rubando screenshot di conversazioni tra il macabro e il surreale (per tacere dell'italiano martoriato).

L'ultima serie - forse la più inquietante - è quella delle mamme dei “bimbi speciali”, i cosiddetti bambolotti reborn, pupazzi in vinile sinistramente realistici e simili a neonati in carne e ossa, che possono costare anche migliaia di euro. Le “mammine speciali” provano il massimo piacere nell'andare in giro – con tanto di passeggini, carrozzine e pannolini – facendo passare per veri i loro bimbi di gomma. C'è chi riesce a ottenere dal parroco del quartiere dei vestitini per i poveri, chi salta la fila al supermercato, chi addirittura fa colloqui con ignare ragazze che cercano lavoro come babysitter. E ci sono anche le “Mamme vegane contro l'invidia” contro cui il Signor Distruggere ha ingaggiato una vera e propria battaglia fitta di colpi di scena, più avvincente di una telenovela carioca.

Dietro al Signor Distruggere c'è Vincenzo Maisto, salernitano di 32 anni, recentemente premiato per il miglior articolo o post ai Macchianera internet awards. «Il Signor Distruggere – spiega – è il mio alter ego, non ho fatto altro che mostrare il mio lato più umano... nel privato sono peggio. Il Signor Distruggere lo possiamo definire come un cattivo-buono. Il nome, comunque, non è opera mia, me lo affibbiò una ragazza siciliana all’aeroporto di Barcellona, io stavo rientrando in Italia, lei, invece, era diretta al cammino di Santiago. Le elencai almeno dieci validi motivi per cui sarebbe stato meglio lasciar perdere, mi disse che io ero “Il Signor Distruggere”».

La tua pagina esiste da molti anni, ma solo a partire dagli ultimi due ha cominciato ad avere grossa risonanza. Anche il successo sui social e su internet ha bisogno in realtà di un lungo lavoro e di perseveranza?
«La pagina esiste dal 2011, ma a partire dal 2015 ne ho cambiato l’immagine, mettendoci la mia faccia. Per i follower è più semplice rapportarsi o comunque identificarsi con una persona reale, rispetto a un concetto astratto. Ovviamente c’è molto lavoro dietro, basti pensare che ogni giorno arrivano anche 400 email con le più svariate segnalazioni».

Come scegli i tuoi “bersagli”?
«Ogni giorno è una sorpresa. Si apre la posta e si sceglie dal menù».

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Alcuni degli screenshot che pubblichi sono talmente assurdi da far dubitare che siano veri...
«La speranza che siano dei falsi ci fa tirare avanti. Non ci è possibile verificare l’autenticità dei post, perché vengono condivisi “in anonimo” su pagine e gruppi legati al tema della maternità. Con le amministratrici di quei gruppi non c’è alcun dialogo umano, bannano chiunque non le riconosca come autorità in stile papato del tardo Ottocento. Probabilmente, però, non le darei neanche io le generalità dei mittenti. Per la legge sulla privacy se viene richiesto l’anonimato in una conversazione privata e tu te ne freghi, puoi passare delle noie. Per non parlare del problema del bullismo in rete. Quello su cui però possiamo garantire è la veridicità dei commenti ai post condivisi. Spesso i commenti sono peggio dei post stessi e quelli vengono scritti dalle autrici con nome e cognome».

Ti definisci come quello che “distrugge i sogni altrui esponendo la realtà oggettiva”. Ma più che la realtà, sembra che tu metta in mostra la follia altrui...
«Beh sì, la distruzione dei sogni ha rappresentato il primo periodo del blog. Si distruggevano le favole, contrapponendo le versioni edulcorate del cinema anni Novanta alle storie macabre e splatter delle prime versioni letterarie. Così scopriamo che Cenerentola fece cavare gli occhi alle sorellastre per mezzo di corvi, che la Bella addormentata in realtà era in coma e veniva stuprata nel sonno dal principe e che Cappuccetto rosso non era una bimba, ma una prostituta».

Qualche volta l’assurdità sembra sfociare nella patologia mentale. Hai mai avuto qualche remora a prendere in giro certe persone?
«Fin quando si tratta di scritti, di post anonimi su un social network, non è possibile fare una diagnosi. Anche perché non sono uno psicologo. Evito i video, alcuni su YouTube sono davvero inquietanti e anche a un occhio un po’ profano danno l’impressione che i soggetti ripresi non stiano proprio benissimo. Ma anche lì si parla di materiale pubblico e di cui è assolutamente lecita la condivisione».

Mai avuto un po’ di paura che qualcuno di quei “soggetti” venisse a cercarti di persona?
«No. Partecipo a eventi in tutta Italia da ormai due anni, non è mai capitato. Una signora disse che sarebbe venuta a trovarmi al salone del libro di Torino quest’anno, ma ahimè non venne nessuno. Fu un peccato, avrei voluto farne una diretta Facebook».

Hai provato anche con il gruppo sulle strategie di rimorchio dei maschi, ma è andata meno bene. Perché?
«Il ragazzo che passava il materiale è sparito, forse per paura di qualche ritorsione. Speriamo in un suo sostituto».

La tua ultima serie è sulle bambole “reborn”. Al di là del sarcasmo, pensi che fenomeni di questo tipo dovrebbero farci interrogare sulla società di oggi?
«Il gruppo delle signore che spacciano le bambole reborn per bambini reali, coinvolgendo gente ignara, è forse il più inquietante di tutti. È un fenomeno nuovo e assurdo, per questo è rimbalzato sulle principali testate nazionali. Forse bisognerebbe chiedersi il perché di tutto questo, ma non ho una risposta».

C'è un pericolo serio (per la democrazia e la convivenza civile) nella proliferazione di messaggi, idee e comportamenti irrazionali? I social che responsabilità hanno in tutto questo? Attribuisci un valore civile alla tua opera di “smascheramento”?
«Io sono sempre stato molto critico nei riguardi delle bufale online. Viviamo un periodo storico e politico dove regna l’incertezza. Quindi l’ago della bilancia è, di fatto, succube delle bufale. Non tutti hanno gli strumenti intellettivi per riconoscerle, ma tutti hanno diritto di voto. Non credono all’efficacia dei vaccini, alla magnitudo dei terremoti e alle parole di un primo ministro in carica, ma se leggono su qualche sito anonimo che la Boldrini è andata a fare shopping in elicottero lanciando il Corano nelle chiese, ci credono subito. La proliferazione di messaggi e idee irrazionali è la stessa cosa. Alcune signore, in quei gruppi, preferiscono bruciare assorbenti fuori al terrazzo invece di seguire la terapia per la fertilità prescritta dal loro medico. Colpa dei social o colpa degli imbecilli che vi soggiornano? Rubando il termine al signor Eco».

Con la saga delle "mamme vegane" sei andato molto oltre il semplice sfottò, costruendo una vera e propria dimensione narrativa compiuta, con tanto di finale a sorpresa. Come è nata e come è evoluta la “serie”?
«Un bel giorno, nel marzo 2016, una signora mi inviò degli screenshot provenienti dal gruppo segreto “Mamme vegane contro l’invidia”, che raccontavano le vicissitudini di una donna col suo cane. La padrona aveva portato il suo labrador in giro per negozi e l’animale non sentendosi bene aveva fatto “danni”. Nel gruppo la signora si lamentò della commessa di quel negozio, che aveva preteso che fosse lei a pulire. Il gruppo di mamme dimostrò solidarietà alla vegana. In un altro caso una signora, trovando dei segni d’effrazione sulla porta di casa, invece di chiamare la polizia, convocò una sensitiva. Capii che poteva essere interessante.
Quando le mamme si resero conto che all’interno del gruppo c’era una “spiona”, una “Vipera”, avviarono una caccia alle streghe per carpirne l’identità. Si inventarono quindi Cinzia, una sedicente avvocatessa (e psicoterapeuta), per spaventarmi con inverosimili minacce di querele. Alla fine, dietro a quella Cinzia, c’era la figlia quattordicenne dell’amministratrice del gruppo. Il resto è storia».

Il tuo lavoro è possibile grazie alle tue infiltrate. Vipera, Annabelle: come le contatti e come vi organizzate?
«Sono loro che contattano me. Mi spiegano in che gruppo si trovano, mi inviano qualche screenshot e valuto di caso in caso. Solo nel caso di Vipera c’è stata una mia regia sul cosa fare e come comportarsi, ma lì si era valicato il limite da entrambe le parti. Le signore avevano preso mie foto, miei riferimenti personali e minacciavano l’inverosimile».

Dalla saga delle mamme vegane hai – giustamente – tratto un e-book, mentre il tuo libro d’esordio è “Distruggere i sogni altrui esponendo la realtà oggettiva”.
«Il mio primo libro è del 2015 e parla della rubrica del mio blog “Il mio essere choosy”, era il 2011 e non gradii molto le parole dell’allora ministro Fornero. Quindi, in ogni puntata, raccontavo una mia esperienza lavorativa surreale: dal giudice canoro, alla finta sposa su Internet. Per poi concludere il volume con un’appendice sulle favole distrutte, che ho citato prima.
Mamme vegane contro l’invidia, che è uscito solo in ebook nel 2016, parla appunto della battaglia tra me, Vipera e le mamme di quel gruppo. E, a distanza di quasi un anno, è ancora tra i bestseller di Amazon».

Prossimi progetti? A quando un capitolo sui genitori no vax o sulle scie chimiche?
«Sì, è in cantiere un altro libro che speravo di poter pubblicare entro l’anno, ma per mancanza di tempo il progetto slitterà al 2018. Non escludo un ebook entro fine anno… Una saga sui no vax sarebbe carina, aspetto gli screenshot!».