E' la materia più bistrattata dall'insegnamento. Grazie alle ultime riforme sta lentamente scomparendo
Tutti la riscoprono, ma i ragazzi non la studiano. La geografia nell’ultimo decennio è diventata la cenerentola delle materie scolastiche. Riforma dopo riforma, il ministero dell’Istruzione ?ha drasticamente ridotto le ore dedicate al suo insegnamento.
È stata soprattutto Maria Stella Gelmini, quando era titolare del ministero di viale Trastevere, a tagliare fortemente il monte orario della geografia nelle scuole. Con la sua riforma, tra il 2008 e il 2010, sono diminuite le ore settimanali dedicate alla materia nelle scuole elementari da tre a due, così come nelle scuole medie.
Nei licei classico e scientifico, invece, lo studio della geografia, relegato ai soli primi due anni già dalla riforma Moratti, è stato quasi completamente accantonato. Sono state eliminate le due ore settimanali dedicate alla materia, sostituita da un nuovo insegnamento creato dal nulla, la “geostoria”. A questo sono dedicate tre ore settimanali, da spartire a discrezione del docente tra geografia e storia. Il risultato è che sempre più spesso l’insegnamento della disciplina viene relegato ai ritagli di tempo.
La riduzione delle ore di geografia ha colpito anche gli istituti tecnici e quelli professionali, dove si studiava la materia in alcuni suoi aspetti più specifici: come quello economico o turistico.
Il monte orario prospettato dalla riforma Gelmini è in vigore ancora oggi.
Per risollevare la situazione, quattro anni fa il governo Renzi aveva promesso di investire 13,2 milioni di euro tra il 2014 ?e il 2015 per reinserire un’ora di geografia negli istituti tecnici ?e professionali. Una notizia che aveva fatto ben sperare, in particolare le associazioni degli insegnanti. Tuttavia, nella riforma delle classi di concorso del decreto “Buona Scuola” è stato consentito ai professori abilitati in italiano e scienze di insegnare la geografia «pur in assenza di requisiti e di abilitazione» specifici. Gli insegnanti abilitati hanno presentato ricorso al Tar del Lazio che, il 7 novembre 2017, gli ha dato ragione: solo loro possono occuparsi dell’argomento. Una piccola rivincita per la materia più bistrattata della scuola italiana.