Cotillard e Baricco. De Gregori, Kavallieratos e Higgs. Il Festival rialza il sipario dal 29 giugno. Ed è sempre più trasversale

"Il Festival dei due mondi di Spoleto: spettacoli lirici, di prosa, balletti, concerti, mostre di arte figurativa, retrospettiva cinematografica..." È il testo di un’inserzione pubblicitaria che uscì sui principali quotidiani italiani, a più riprese, tra la fine di maggio e i primi di giugno del 1958: nel giro di un paio di anni quella pubblicità sarebbe divenuta superflua. L’idea, dimostratasi vincente, torna ad essere riproposta, per la sessantunesima edizione: organizzare in Italia un festival culturale che sia il contenitore ideale di diversi generi, dalla musica al teatro, dalla danza alla letteratura, dalla pittura al cinema, mettendo insieme artisti di fama mondiale ed emergenti. Lo scopo era, ed è, quello di dar vita ad una manifestazione di alta qualità non destinata ad una élite ristretta, ma al grande pubblico. Con moltissimi appuntamenti “che valgono la deviazione”, dal 29 giugno.
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Si comincia con l’omaggio a una famosa e brava attrice: il 15 luglio in piazza Duomo, al posto del consueto concerto, ci sarà Marion Cotillard in “Jeanne d’Arc au bûcher” ovvero Giovanna d’Arco al rogo, un oratorio con le musiche di Arthur Honegger. L’attrice francese, sui testi di Paul Claudel diretta da un maestro del cinema come Benoît Jacquot, accompagnata dal coro e dall’orchestra di Santa Cecilia, darà voce all’eroina che ripercorre in punto di morte la sua straordinaria avventura.

Una “prima” anche il battesimo festivaliero, il 29 giugno, con il “Minotauro”, con la regia e il libretto di Giorgio Ferrara (ai testi ha collaborato René de Ceccatty) e le musiche di Silvia Colasanti, l’Orchestra Giovanile Italiana e l’International Opera Choir diretti da Jonathan Webb. Libretto ispirato da Friedrich Dürrenmatt. Diverso dal mito, perché il protagonista non è un mostro feroce, ma un uomo con la testa di toro che si interroga sulla propria identità e sul significato della vita, immerso in un labirinto di specchi riflettenti la sua immagine. Lo spettacolo in scena al Teatro Menotti sarà interpretato dal baritono Gianluca Margheri, dal soprano Benedetta Torre, dal tenore Matteo Falcier.

Molta curiosità desta la “Beggar’s Opera” di John Gay, il 6 luglio, lavoro inserito nella tradizione del teatro barocco dei primi del 1700. Un gradito ritorno a quel ciclo delle opere cosiddette minori, spesso tali perché anticiparono i tempi. Per molti storici della musica, infatti, “Beggar’s Opera” è il primo esempio di commedia musicale. “Opera del mendicante” da cui Brecht con il compositore Weill trasse ”L’opera da tre soldi” e qui in una nuova versione di Ian Burton e Robert Carsen, quest’ultimo anche regista in una messa in scena legata alla contemporaneità, con l’ideazione musicale del grande barocchista William Christie. 

Tra le novità di quest’anno anche la presenza del cantautore Francesco De Gregori, che si esibirà il 7 luglio: in scaletta i  suoi classici, ma anche canzoni “mai passate alla radio”.
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Per il teatro, il 30 giugno c’è il ritorno del regista Romeo Castellucci con “La morte di Empedocle” di Friedrich Hölderlin «da eseguire in una palestra» perché, spiega lo stesso regista, «nella luce figurativa dello sguardo dello spettatore tutto sarà giudizio, possibilità, essere, secondo le stesse parole del Poeta. Nell’Antica Grecia - cui Hölderlin si è rivolto per tutta la vita - il Ginnasio era il luogo della preparazione dei giovani in vista delle gare atletiche. I giovani solo dopo il Ginnasio inauguravano la vita adulta potendo affrontare la guerra».

Altro evento da segnalare è di certo “Ramona” (5 luglio), di un mago del teatro di animazione, il georgiano Rezo Gabriadze, che dà vita a una storia strappacuore: l’amore sbocciato tra due vecchie locomotive a vapore. Il 12 luglio dal laboratorio di Robert Wilson arriva Marianna Kavallieratos, regista e coreografa: in “They” affronta il tema dell’identità sessuale nelle diverse accezioni. È poi la prima volta per la lettura “interpretata” che Alessandro Baricco farà del suo “Novecento” (dal 30 giugno).
Alessandro Baricco

L’attore Silvio Orlando sarà protagonista il 12 luglio di “Si nota all’imbrunire” di Lucia Calamaro, autrice e regista, esploratrice disincantata e ironica della natura umana. Si preannuncia un’opera multimediale “Decameron 2.0” di Letizia Renzini (30 giugno), un Boccaccio dell’era digitale in collaborazione con il Metastasio di Prato.

Sul palcoscenico anche la Storia dei nostri giorni con le “Lettere a Nour” (6 luglio) con Franco Branciaroli diretto da Giorgio Sangati: Rachid Benzine ha scritto un dialogo epistolare tra un padre e la figlia, che ha sposato la causa della jihad. Alla Storia che fu fa riferimento il lavoro di Corrado Augias e Corrado Gentile intitolato “Mussolini: io mi difendo!” (7 luglio), con la partecipazione di Massimo Popolizio nel ruolo del Duce: un Benito Mussolini che spiega il proprio operato, dagli scritti che lui stesso aveva redatto per una ipotetica difesa davanti agli americani, qualora lo avessero preso prigioniero.

Un omaggio al regista Ingmar Bergman nell’anniversario della nascita va in scena il 13 luglio, con due veterani del nostro teatro: Ugo Pagliai e Manuela Kusterman, protagonisti di “Dopo la prova” nell’allestimento di Daniele Salvo. Importante prova d’attrice quella di Adriana Asti in “Donna Fabia” (14 luglio), film e installazione a cura di Marco Tullio Giordana, che recita in video “La preghiera” di Carlo Porta, poema in milanese che “doppierà” dal vivo in italiano. Il 12 luglio è infine la volta di  “Bells and Spells”, spettacolo ideato e diretto da Victoria Thierrée Chaplin, con Aurélia Thierrée e Jaime Martinez.

Per quanto riguarda la danza, ai due spettacoli classici con la Lucinda Childs Company  (29 giugno) e l’Hamburg Ballet di John Neumeier (13 luglio) si accosta il nuovo “My ladies rock”, una coreografia di Jean-Claude Gallotta (6 luglio), negli anni Ottanta padre della nouvelle danse française, con una turbinosa colonna sonora di rock al femminile.
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Tanti gli incontri, le mostre, tra cui quella dedicata alle fotografie di Fabrizio Ferri. E tra le molte iniziative spicca, il 15 luglio, quella della Fondazione Fendi che porta in primo piano la scienza, con un’installazione che esalterà la spettacolarità dell’origine del cosmo, oltre a un tributo all’astrofisico Stephen Hawking con la proiezione di un video inedito prodotto dalla fondazione stessa, alla presenza della figlia dello scienziato Lucy. Nell’occasione il Premio Carla Fendi sarà conferito a tre importanti scienziati dei nostri giorni: Peter Higgs, François Englert, ambedue fisici Premi Nobel 2013 per la teorizzazione del bosone di Higgs, e a Fabiola Gianotti, direttrice del Cern.