Non è il trash, l’assurdo, il gusto circense. Non è l’esagerazione, il kitsch, il piacere di tirare la corda. Non è l’amplificazione del nulla, la bolla, la fiction. Insomma, “Non è la D’Urso”. Perché quando cominci a giocare poi l’unica cosa che non vuoi è smettere. Pari, dispari, gratta e non vinci, ancora e poi ancora. Questo accade per qualche punto di share. Si lancia e si rilancia all’infinito, sino a fratturare uno scheletro già malmesso e attendere immoti che lo sbriciolamento si compia saltando a piedi pari la frontiera dell’innocuo per diventare disastro.
Abbiamo visto processi sommari tra uno spot e l’altro, politici minuscoli diventare giganti per colpa di nani seduti nelle sfere, abbiamo assistito a una fiction riassuntiva in cui un’attrice che interpretava un’attrice scopriva all’improvviso all’altare che il marito, che non è mai esistito, in realtà non era mai esistito veramente, e ancora blob di insulti da terza serata che sfociano nel bacio a sorpresa, bambole e bambolotti e vittime sacrificali. Ma serviva andare avanti, tipo la barzelletta in cui un gruppo di amici dopo una notte di orge sfrenate ancora tra i corpi avviluppati alzano una testa e chiedono: “E dopo che facciamo?”.
Così, come la Faye Dunaway di “Quinto potere” ma illuminata di luce non propria, Barbara Carmelita gioca la carta estrema, che cancella il limite della vergogna: quella del miracolo farlocco, della dieta magica seguendo la quale c’è chi è felice e chi finisce in ospedale. L’ospite fisso per amor di share si chiama Adriano Panzironi, ex giornalista, plurimultato, nessuna parvenza di scientificità nella punta dei lunghi capelli e una ingombrante presenza assicurata nel talk che ormai sfida la decenza firmato Canale 5. Dove il gioco sulla salute altrui arriva a un fondo che non si dovrebbe mai toccare.
Tra scritte roboanti che fingono il contraddittorio con qualche labile punto interrogativo, una signora racconta in diretta che mangiando salami e integratori la sua gamba si è allungata di tre centimetri. Tipo Alice nel Paese delle meraviglie. E la pelle è lucida, i chili scompaiono, la cistite si addomestica e i malati terminali di Aids migliorano. Una nuova frontiera ben oltre la tv, che diventa un “Sesto potere”, che infrange il limite del rispetto nei confronti di chi ti guarda e rischia di crederti, anche solo per un attimo.
Come la storia di Howard Beale, il primo caso conosciuto di un uomo che fu ucciso perché aveva un basso indice di ascolto. Senza nessuno che abbia il coraggio di urlare, come il protagonista del film di Sidney Lumet: «Sono incazzato nero, e tutto questo non lo accetterò più».