Scusate, ma dove lo vedete il rosso nel governo giallo-rosso?
Il nuovo esecutivo e non solo: le recensioni senza inutili millanterie di Luca Bottura
di Luca Bottura
6 settembre 2019
ESPRESSOMUNAFO-20190905121734685-jpgROSSO colore primario Utile in diversi contesti, tra i quali la maglia del Bologna, i semafori, le corride – nelle quali è comunque consigliabile schierarsi sempre per il toro – il rosso fa parte dei colori primari additivi. Miscelato al blu, determina il viola mentre, unendolo al giallo, crea l’arancione. Molto efficace a livello figurativo (rosso è il Natale, rosso è il calore, rosse sono le luci che inspiegabilmente pubblicizzano alcune patatine) è utilizzato nel campo sociale per definire forze afferenti alla tradizione del socialismo e/o del comunismo, movimenti del secolo passato a cui si richiamano diverse forze politiche perloppiù radicali, o almeno così vengono definite nel nostro Paese, dove è radicale anche non parcheggiare in doppia fila. Il Partito Democratico, nato nel 2007 in Italia dalla fusione tra una forza socialdemocratica – i Democratici per la Sinistra – e una moderata di ispirazione cattolica (la Margherita) sta a quella tradizione come la Coca Cola Zero al Brunello di Montalcino e definire “rossi” i suoi esponenti può essere conseguenza solo dell’assunzione di sostanze lisergiche o di un qualunque salario da parte di entità editoriali della cosiddetta Destra Cattivista. Ne consegue che definire giallorosso l’esecutivo formato da Giuseppe Conte rappresenta una corposa forzatura o, per utilizzare una modalità espressiva più vicina alle entità editoriali di cui sopra, una epocale stronzata. GIUDIZIO: semaforo rosso
ULTRA' Stato mentale Nel saggio che prima o poi mi piacerebbe dare alle stampe per Micromega, “Prolegomeni del paraculismo: il caso italiano” è previsto un capitolo piuttosto diffuso sui tifosi degli stadi, e su come la mentalità passivo/aggressiva delle curve abbia esondato in ogni anfratto pubblico e privato, cercando sempre e comunque di ammantare anche le peggiori ribalderie con una qualche motivazione razionale, oggettiva, pro domo propria. Ringrazio perciò gli ultras dell’Inter, società che probabilmente vincerà il campionato, i cui proprietari hanno appena investito nella campagna acquisti una cifra che equivale al Pil del Gambia o al denaro necessario per far avere una licenza media a Tony Nelli (a proposito: ciao Tony, ci mancherai, o quasi), i quali hanno ritenuto di scrivere una lettera aperta per “spiegare” a Romelu Lukaku, il centravanti nerazzurro di origini congolesi, che i loro “colleghi” di Cagliari, bersagliandolo con cori scimmieschi, non intendevano affatto essere razzisti. Se vi capita (si trova sul web) apprezzate con me il minuetto lessicale con cui al povero centravanti viene raccontato che da noi il razzismo non c’è, che è normale tifare contro, che – anzi – se gli fanno gu-gu è un segno di rispetto perché ne temono il talento. Tutto questo per un malinteso senso di appartenenza (erano ultrà anche quelli del Cagliari, che peraltro invece si è scusato per i propri tifosi: viva) che tratterò nel successivo saggio per Micromega: “Mentalità mafiosa e difesa oltranzista della propria appartenenza, meglio se dedita a una qualunque causa del menga”. ’sti peracottari. GIUDIZIO: Grazie ragazzi (tata tatà ta). Grazie ragazzi (tata tatà ta)