A Sanremo vengo anch’io? No tu no. Breve storia della guerra dei politici agli ospiti

Il ritornello del Festival è la protesta a prescindere. Contro Elton John, Rufus, Tiziano Ferro, Virginia Raffaele. Fino a Rula Jebreal

«È ora di dire basta a questa gente pagata coi soldi pubblici» è il vero tormentone della storia di Sanremo. I parolieri? L’allegra combriccola dei politici di turno che si svegliano appena si rendono conto che manca solo un mese all’inizio dello spettacolo. In genere le stampelle alla Enrico Toti si gettano con furia contro l’annunciato ospite processato nelle intenzioni di voler sciorinare sul palco pericolosissimi discorsi di apertura umana. Quest’anno, come sanno anche i sassi, la terribile minaccia arrivava dal nome di Rula Jebreal, che ha acceso scintille di vivacità furibonda in occhi generalmente vacui. Ma la polemica avrebbe potuto serenamente essere traslata in un anno a caso.

Daniele Capezzone, per fare un esempio volutamente calzante, ha volantinato la sua opinione con una sorta di slogan: «E la signora Rula Jebreal con il canone pagato dai contribuenti dovrebbe fare a Sanremo fervorini anti occidentali di questo tenore? No a monologhi nei programmi di intrattenimento».

Ma qualche edizione fa l’ex radicale, ex berlusconiano, oggi collaboratore della Verità e presenzialista televisivo, si scagliò contro la partecipazione di Maurizio Crozza più o meno con gli stessi termini: «Un clamoroso autogol! Farebbero bene a scusarsi tutti e a rispettare gli italiani che non vogliono comizi faziosi».
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Quindi no monologhi, no opinioni, no soldi pubblici. Ma l’ospite si sa, ha il vizio di essere una persona a volte parlante. Per questo Maurizio Gasparri, di cui si ricorda la recente battaglia contro la presenza dei Pooh considerati troppo vecchi e bisognosi di badanti, aveva espresso la sua moderata preoccupazione alla partecipazione di Elton John definendolo con eleganza «È uno schifo umano, con l’utero in affitto si arriva facilmente al nazismo». Sparata a zero di tono similare fu fatta da Mario Adinolfi: «Il supercachet come famiglie italiane dobbiamo pagarlo a Tiziano Ferro che deve comprarsi un figlio, a Ricky Martin che se ne è già comprati un paio». Mentre Daniela Santanchè rincarava la dose con «Questa propaganda da regime deve finire. Elton John l’abbiamo pagato tutti». Matteo Salvini condivise le preoccupazioni di don Buonaiuto contro l’ospitata di Virginia Raffaele accusata di satanismo, problema come ebbe a dire l’ex vicepremier «da non sottovalutare», alla ministra Fornero non piacque la farfallina di Belén, il Codacons si indignò per l’annuncio dell’intervista a Mike Tyson e Famiglia Cristiana sui costi della presenza di Celentano. Orrore e raccapriccio per Conchita Wurst e la sua splendida barba dell’epoca, guai al rapper Eminem, preghiera collettiva dei Papaboys contro Rufus.

E così via, contro i turbatori del pensiero italico. Che è il vero motivetto che ci piace tanto.

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