Incredibile, la satira di Lundini fa (quasi) più ridere della vera tv

di Beatrice Dondi   21 settembre 2020

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Il surreale programma in onda su Rai Due "Una pezza di Lundini" fa il verso a tutto ciò che abitualmente passa sul piccolo schermo. Dalle interviste allo sport. E il risultato è esilarante

Nel 1953 René Magritte dipinse una pipa su una piccola tela, solo 14 centimetri per 16. Sotto la scritta: Ceci n’est pas une pipe”. No, questa non è una pipa. Non è l’oggetto reale, e la didascalia nomina solo la sua immagine. Come avrebbe poi detto qualcuno, è il surrealismo bellezza. Ecco, nella tarda serata, alcuni giorni sì e altri no, a un orario indefinito uno spettro si aggira per Rai Due. Quello della comicità irresistibile di “Una pezza di Lundini”, un programma che sembra essere televisione ma che televisione non è.

Un’esperienza ai limiti del lisergico, un po’ Televacca, un po’ Battute, dove ogni cosa sembra al suo posto ma a ben guardare è sbagliata, una mina vagante, la sensazione che l’equilibrio sia precario al punto che basta ridere a voce troppo alta (cosa che a onor del vero accade) per far crollare tutto fragorosamente.

Sì, perché Valerio Lundini e la sua magnifica compagna di viaggio Emanuela Fanelli, mettono in piedi la parodia di un programma fasullo che appare più vero del vero.

C’è la promozione, la fiction, il quiz, le interviste in studio, il parente misterioso, le sigle, le citazioni da Mixer, le pause, la cronaca nera, i servizi estremi. Ci sono insomma uno dopo l’altro tutti gli elementi puntuali che compongono ogni trasmissione che quotidianamente ci viene inoculata nostro malgrado, senza che, una volta tanto, si abbia quella sgradevole sensazione di sconfitta che generalmente colpisce senza sosta lo spettatore incauto.

Venti minuti o giù di lì, sempre che si riesca ad intercettare nel bailamme dei palinsesti, in cui per una volta si ride senza difese, non tanto per una sorta di liberazione inedita davanti a un mezzo che generalmente tende a incupire, quanto per quel filo rosso di vergogna che costella tutte le volte che abbiamo guardato esattamente la stessa cosa senza la giustificazione della satira.

Nel senso che Lundini e Fanelli sbattono sì in onda un copia e incolla del disagio televisivo quotidiano ma spesso fanno persino fatica a eguagliarlo. «Leghista gay spara a migrante omofobo: da che parte stare?» non è poi così più surreale di quanto si vede la domenica pomeriggio, quando su Canale 5 campeggia la scritta «Esclusivo - Il pappagallo di Francesco Salvi preso a sassate», così come l’inchiesta choc dello zio che ha rubato il naso al nipote e lo tiene ben nascosto in un cassetto insieme a molti altri nasi e a tre pesche sembra irreale almeno quanto le due ore di Mara Venier dedicate in buona parte a Romina Power cantante. La differenza è che da una parte si ride a crepapelle e dall’altra si ride di imbarazzo. Come la pipa di Magritte, gouache su piccolo schermo.