Libri omologati per compiacere il mercato o una letteratura che spinge per allargare i suoi orizzonti? E si può ancora esercitare la critica come giudizio di valore? Alla vigilia del Salone del Libro di Torino, prosegue il dibattito lanciato da L’Espresso con nuovi interventi di Giuseppe Culicchia, Evelina Santangelo, Gilda Policastro e Wlodek Goldkorn

Libri omologati, standardizzati dalle scuole di scrittura e pronti a compiacere il mercato. E una letteratura che invece spinge sugli argini dei generi per allargare forme e contenuti. Che cos’è più il romanzo? Roberto Cotroneo, editor della narrativa italiana della casa editrice Neri Pozza, ha lanciato il quesito con un pezzo dal titolo “Romanzi senza fine”. Sono intervenuti, nelle settimane scorse, gli scrittori Antonio Moresco e Massimiliano Parente, che hanno allargato la questione del futuro del romanzo al senso della critica oggi, all’influenza dei premi letterari. Replicano ora gli scrittori Evelina Santangelo, Gilda Policastro, Wlodek Goldkorn e Giuseppe Culicchia.

 

Con quattro appassionati contributi che difendono la qualità della nostra narrativa, pur sottolineandone le debolezze: tra sfide che gli scrittori si trovano oggi ad affrontare e cambiamenti strutturali della lettura e del libro.

Alla vigilia del Salone del libro di Torino, culla di bibliodiversità e occasione per guardare in faccia lo stato della lettura, mentre i dati dell’Associazione italiana editori parlano di una crescita del mercato librario nei primi nove mesi dell’anno, del 29 per cento rispetto al 2020; e mentre le classifiche editoriali fotografano interessi nuovi che mutano persino l’identikit del lettore, una galleria di riflessioni che confermano la vitalità della nostra letteratura.

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