Una casa in cui manca l’essenziale, dove non è previsto tutto quello che costituisce il comune senso dell’abitare cos’altro è se non una folle, sconclusionata e divertente metafora della libertà? Detto che ogni riferimento alla coalizione berlusconiana del tempo che fu è puramente linguistico, è un po’ come se in televisione venissero meno le canoniche, noiosissime regole dell’intrattenimento per puntare, incredibile solo a dirsi, a giocare con l’intelligenza. Così, come cantava Sergio Endrigo, in una casa libera, senza soffitto, cucina, pavimento né tantomeno vasino per la pipì, subito dopo il sempreverde gioiellino “Blob” va in onda “Via dei matti numero zero”, un programma che ha deciso semplicemente di infischiarsene delle tradizionali quattro mura televisive e ha sovvertito, a colpi di tasti bianchi e neri, un pezzettino minuscolo ma non per questo meno importante di palinsesto.
Valentina Cenni e suo marito Stefano Bollani (di solito si citano invertiti, ma la tradizione è fatta per essere sovvertita) regalano così un interludio preserale di cultura della leggerezza. La musica e il suo inesauribile racconto, un ospite, un pianoforte e un tesoretto di aneddoti e riflessioni misurate accompagnano lo spettatore, generalmente disabituato al piacere, fino al momento di sedersi a tavola. Breve, giusto il tempo di rendersene conto, la striscia quotidiana di Rai Tre è un soffio di buonumore, una ventata di emozioni saporite capace di aprire un baule di storie che viene voglia di ascoltare.
Così si parla di jazz, di censura, di bellezza. Si ascoltano i Beatles di Checco Zalone, gli aneddoti di De Gregori, l’ironia di Ornella Vanoni. E tra una nota e l’altra, che Bollani regala con la naturalezza propria solo di chi vive il pianoforte come un’estensione delle braccia, Cenni intrattiene e duetta, e da attrice navigata al punto da sembrare sempre a suo agio, scava con agilità nel senso della musica, saltellando qua e là, senza bisogno di cercare un filo ma tenendone stretti parecchi: «Se le parole possono essere pietre, le note invece non offendono mai, un’armonia può confonderti, spaventarti, metterti in crisi, ma non ti umilia».
Insomma, una boccata d’aria fresca nell’orario giusto. Perché è vero che sarebbe stato bello vedere quei due sposi raccontare le loro storie in allegria in seconda serata. Ma la seconda serata non esiste più. E ogni tanto è cosa giusta portare un briciolo di rispetto al povero spettatore che ha il sacrosanto diritto di non fare le ore piccole per godere di qualcosa di buono.