Anna, la serie di Niccolò Ammaniti, in corsa verso il domani

L’avvincente serie di tratta dal bellissimo romanzo del 2015, è un racconto lungo sei episodi sulla spasmodica ricerca di un futuro negato

C’è il mondo del Prima, quello in cui gli adulti non erano tutti morti per colpa di un orrendo virus assassino che risparmia solo i bambini. E c’è il mondo del Dopo, quello del tempo che passa e che, inesorabile, quei bambini li farà crescere per renderli adulti e farli morire. In mezzo c’è Anna. Che nel Prima aveva una madre, e un fratellino che detestava. Che nel presente prova ad accudire con tutte le sue forze, sfidando un mondo ostile strizzando gli occhi sotto la sua frangia. E che pensa al Dopo, cercando una soluzione dal sapore di futuro, per arrivarci ancora viva.

Superato il brivido inevitabile per il richiamo ai nostri giorni, ci si rende conto che la serie (Sky) di Niccolò Ammaniti, tratta dal suo (bellissimo) romanzo, lascia a chi guarda gli atti di accusa e regala solo un avvincente e doloroso racconto del tempo, che ti prende a schiaffi, anche se cerchi di fissare delle regole su un quaderno. E che si accavalla, guardando indietro e avanti e ancora indietro, intrufolandosi dentro Pinocchio e la sua balena, sfiorando il Signore delle Mosche, e approdando al porto della speranza.

E in questa continuo muoversi tra orologi ormai fermi, straborda, come la lava dell’Etna, la ferocia gratuita dei piccoli schizzi scomposti come Zombie, bambini mostruosi nel loro insensato sadismo, siano essi gemelli bulimici o principesse avvolte negli stracci di un Carnevale passato. Perché i cattivi non guardano né indietro né avanti, bloccati in un quotidiano naturalmente imbevuto di una inarginabile crudeltà.

E in questi giorni tutti uguali, come polvere di una clessidra che giunge alla fine, si attinge a piene mani dalle sardoniche citazioni televisive: “Pressure Test, Prova Immunità. Tu hai l’X Factor”, sono le frasi che echeggiano nella villa della perfida Angelica, regina impiastrata di calce per coprire le macchie, che gioca con le vite degli altri senza umanità alcuna, tanto sa che alla fine si può solo perdere, visto che l’unico modo per sopravvivere è non crescere, e questo la vita, per definizione, non te lo può concedere.

Così, mentre la morte la insegue, la magnifica Anna cerca il suo domani aggirandosi per una Sicilia selvaggia tra i cumuli di abiti, di ossa, di giocattoli, di polvere, di carcasse, di cadaveri putrefatti. Cumuli di un mondo scomparso, che torna nei flashback continui per descrivere i grandi che si spengono come candele, sdraiati senza respiro, incapaci di fermare la fine che incombe. E cammina Anna e corre, e pedala, senza tregua, tenendosi stretti i suoi ricordi, figlia nel prima, sorella madre nell’oggi e incapace di rinunciare all’idea di un tempo chiamato salvezza. Di cui abbiamo tutti un grande bisogno.

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