“Glitch” come errore, anomalia. E disobbedienza.È la strada per smantellare il genere binario, collegare la battaglia sul corpo ad altre lotte. E costruire identità nuove. Colloquio con Legacy Russell, curatrice di mostre e attivista statunitense

In questi anni abbiamo assistito con interesse alle nuove ondate dei movimenti femministi che hanno trovato in #MeToo una delle loro espressioni più note. Ma cosa succede quando la lotta per i diritti delle donne incontra uno dei dibattiti fondamentali di questo secolo, ovvero la domanda aperta sul corpo e sull’identità di genere? Legacy Russell vive a New York City e si occupa di arte contemporanea. È stata curatrice del The Studio Museum di Harlem e oggi dirige lo spazio artistico The Kitchen. In questo momento sta curando una mostra per il MoMa. Il centro del suo pensiero intellettuale è sempre l’attivismo per i diritti delle persone QTPOCI+ (Queer & Trans, People of Color, Indigenous): nel 2012 dalle sue riflessioni è nato un vero e proprio manifesto. Manifesto che negli anni si è ampliato ed è diventato virale, fino a prendere la forma definitiva di libro: si intitola “Glitch Feminism” e in Italia è edito da Giulio Perrone. Un libro che parla di arte e di lotta; che si interroga sul viaggio verso la propria identità; che mette in connessione il femminismo con l’identità di genere, l’identità sessuale, il razzismo e la lotta al capitalismo. Un libro che è necessario leggere per avere una visione complessa su alcuni aspetti fondamentali della nostra contemporaneità.

51HA7RH-FNL

Da nativa digitale, in che modo la rete può costituire uno spazio sovversivo di sperimentazione identitaria? Chi è LuvPunk12? 
«LuvPunk12 è l’origine di tutto. A dodici anni, ho creato la mia prima avatar digitale, che ho chiamato appunto LuvPunk12 e che è diventata una alter ego con cui poter essere quello che davvero desideravo. Sono cresciuta nell’East Village, quartiere di New York che durante la mia adolescenza si stava gentrificando. Le famiglie di colore stavano scomparendo, quindi mi risultava difficile affermare e definire la mia identità Nera e queer. È stato allora che ho cominciato a esplorare lo spazio digitale in cerca di nuovi punti di riferimento. Così ho scoperto un luogo in cui era possibile allontanarsi dalle etichette rigide e asfissianti che mi venivano imposte ogni giorno nel mondo reale. Ho cominciato a sperimentare con tutte le possibili identità che potevo creare e dismettere a mio piacimento. In questo credo che il mondo digitale sia uno spazio sovversivo: a oggi, è l’unico in cui ci è permesso distaccarci dal nostro corpo codificato e genderizzato per inventarne infiniti altri, corpi e identità libere e queer che ci restituiscono la libertà e il diritto di definire per noi stessi quello che siamo».

 

Cosa significa oggi essere nell’intersezione tra donna, queer e Nera?
«Il rapporto tra diverse identità, l’essere intersezionali, è sempre stato abbastanza complicato. Nelle prime ondate femministe, era chiaro che il movimento fosse costituito ed esistesse soltanto da e per le donne bianche. Le persone Nere, le persone queer e le persone trans erano escluse perfino dal movimento femminista, che lottava unicamente per una cerchia ristretta di persone, eppure è innegabile il contributo che la nerità ha dato alla pratica femminista. Oggi abbiamo certamente fatto tanti passi avanti, ma ancora i corpi intersezionali risultano invisibili, sono esclusi e osteggiati, perché non sono conformi al modello che si vuole imporre».

 

Cos’è il glitch feminism? Qual è la rivoluzione di cui si fa portatore?
«In informatica il “glitch” è un errore, un’anomalia talmente piccola che è complicatissimo prevederla o aggiustarla. Quindi il femminismo glitch prende le mosse dal concetto di errore, di falla, innanzitutto come tecnica di disobbedienza e resistenza. Ci rifiutiamo di funzionare all’interno di un sistema che non riconosce ed esclude i corpi e le identità queer. In secondo luogo il glitch può diventare anche un’apertura che conduce a nuovi spazi, quello digitale per primo, capaci di accogliere tutti coloro che non sono più disposti a vivere e agire in un sistema che riconosce come corpi conformi (addirittura come esseri umani) i corpi bianchi, cis, etero e in salute».

 

Cosa significa smantellare il genere? Cos’è un corpo cosmico?
«Smantellare il genere binario, e la concezione di genere in senso più ampio, significa rifiutare un sistema che pretende di ridurci a un’opposizione binaria, di farci scegliere tra due poli. Creandoci nuovi corpi ibridi e fluidi, smettiamo di essere rintracciabili e definibili immediatamente da un’etichetta. In definitiva, quindi, smantellare il genere significa creare corpi nuovi, cosmici appunto, che diventino sfuggenti al targeting del genere binario, che è utile soltanto al sistema capitalista per raccogliere su di noi quante più informazioni possibili e poterci così usare quasi come una merce di scambio».

 

Come si inserisce e connette il Glitch feminism ai movimenti #MeToo e Black Lives Matter?
«Non può esistere un femminismo scollato dalle altre lotte dei nostri tempi. In particolare, il femminismo glitch, essendo particolarmente incentrato sull’idea di corpo e sul suo sfruttamento, non può ignorare quello che i corpi Neri e delle persone che si identificano come donne hanno sempre subito e subiscono ancora».

 

GETTYIMAGES-1233694449-594X594_ALTA

In che modo l’attivismo digitale può trasformarsi in movimento collettivo nel mondo reale?
«È innegabile il ruolo fondamentale che i social network, e quindi il mondo digitale, hanno avuto nella diffusione e nella crescita di molti movimenti. Questo dimostra quanto i luoghi digitali possono essere spazi di informazione, di incontro, spazi politici in cui i movimenti possono discutere e organizzarsi, dando luogo a una vera e propria “quarta ondata” femminista. Uno dei pregi dei canali digitali è la facilità con cui ci permettono di parlare a un ampio pubblico e di raggiungere persone e utenti molto lontani. In questo senso l’attivismo digitale ha una maggiore libertà e un maggiore raggio d’azione, riuscendo a parlare a quelle comunità frammentate escluse dai luoghi fisici che non concedono loro uno spazio vitale adeguato. Dalla sperimentazione online, è naturale trasportare nel mondo fisico tutto quello che si è imparato».

 

Nel 2014 Facebook ha reso possibili 58 opzioni (e tre pronomi) per indicare il proprio genere. Eppure il mondo digitale e i social media in particolare sono espressione del capitalismo della sorveglianza. Contengono in sé moltissime contraddizioni.
«È indubbio che il mondo digitale, e in particolare i social media, sono pieni di contraddizioni ancora irrisolte, perché fin troppo spesso ricalcano le dinamiche del mondo reale. Eppure, è più facile trovare in essi degli spazi franchi. Uno degli aspetti principali degli spazi digitali è il fatto che questi proteggono dal male fisico e permettono quindi di esprimere le proprie idee con un po’ più di libertà rispetto al mondo fisico. Ancora più importante e prezioso, però, è il fatto che tramite i social media, categorie e persone che nel mondo fisico non hanno letteralmente spazio per sé stessi e sé stesse possono confrontarsi con chi invece nel mondo reale è abituato ad avere sempre spazi dedicati e a escludere chi in quegli spazi non si trova a proprio agio».

 

Come curatrice ogni giorno ti applichi attivamente per fare spazio nella storia dell’arte per le persone QTPOCI+. Juliana Huxtable, E.Jane, Victoria Sin, Shawné Michaelin Holloway. Qual è la portata sovversiva delle loro opere?
«Tutte le artiste e gli artisti che ho citato portano avanti un lavoro sovversivo perché giocano con il materiale che hanno a disposizione per creare qualcosa di nuovo, come in un processo di remix. Tutte e tutti loro rivendicano il diritto a essere vasti, che sia tramite protesi e spettacoli di drag queen, o tramite il rifiuto dello sguardo dominante che appiattisce i corpi e le identità che non rientrano nella definizione binaria, questi artisti giocano con maestria con il materiale digitale per creare nuove identità e affermare la propria libertà a costruire sé stesse e se stessi e il proprio corpo, scardinando il sistema binario».

P_6_ALTA

Se il genere è una performance economica oltre che socioculturale, qual è la portata politica della rivoluzione glitch?
«In primo luogo, un corpo glitch per sua stessa natura sfugge al controllo: in quanto errore, non si conforma e non è riconducibile a una definizione semplice ed esatta. Per questo motivo, uno degli obiettivi del femminismo glitch è quello di sfuggire al controllo del sistema capitalista e patriarcale. Il glitch è disobbedienza. L’obiettivo finale è quello di far capire che la realtà è quella che noi creiamo e non quella che ci viene imposto, che l’unica soluzione è di distruggere il sistema e mandarlo in cortocircuito, diventando corpi e identità fluide».

 

Quello verso la nostra identità è un viaggio. Che tipo di viaggio è?
«Il viaggio verso la nostra identità è intenso, talvolta doloroso. Una volta iniziato a sperimentare, però, diventa un percorso gioioso di comunanza con gli altri, di scoperta di sé e delle infinite possibilità insite nel nostro io. Insomma, è un viaggio durante il quale costruiamo noi stessi e, così facendo, edifichiamo mondi che abbiano spazio a sufficienza da essere veramente inclusivi e solidali».