Sotto copertura
Non solo Mata Hari e Andrée Raymonde, le vite spericolate delle spie
Rete Alice, la miss polacca nel 1930. Il coraggio e le trame oscure. Un saggio ricostruisce le storie delle agenti segrete, che hanno cambiato il mondo
Una spia al posto giusto sostituisce ventimila uomini al fronte, diceva Napoleone. Mappare in presa diretta la geologia dei servizi segreti è impossibile, dal momento che i documenti sono classificati. Ma ciò che veniamo a sapere dal loro progressivo desecretamento è da un lato che in un mondo sempre in bilico su un instabile equilibrio tra pace e guerra è l’azione sotterranea dei servizi di spionaggio a mantenere la pace finché dura o a guidare la guerra poi; e dall’altro che spesso ciò che di ufficiale viene emanato dagli uffici stampa dei governi, anche in tempo di pace, nasconde un fittissimo e sotterraneo lavoro di intelligence che serve a depistare il nemico (ci rendiamo per esempio conto oggi, nel pieno della guerra tra Russia e Ucraina, di come la guerra stessa sia innanzitutto propaganda, e di come riuscire a far passare un’affermazione per vera, nell’infinito gioco caleidoscopico delle propagande incrociate, valga più della presa di una città).
Il lavoro dei servizi segreti guida sotterraneamente quello dei governi, e invisibilmente disegna il mondo in cui ci muoviamo. Più che i film d’azione ad alto budget servono maestri della rappresentazione del mistero per avvicinarsi alla sottile mente inafferrabile e saturnina di una spia. Doppiogiochisti, triplogiochisti, manipolatori. Ci è riuscito Javier Marìas in “Berta Isla” (Einaudi), che racconta la vita della spia Tomàs Nevinson. Riesce magistralmente a rendere il gioco infinito di specchi tra la realtà e la verità anche Hernan Diaz nel recente “Trust” (Feltrinelli). Ma spie tra le spie più occulte sono sempre state le donne, che per ragioni storiche e culturali (condivise non solo nel blocco occidentale ma anche per esempio in Cina o in Vietnam), rimangono più “coperte”, meno osservabili, e per questo più efficaci nell’arte dell’infiltrarsi, del raccogliere informazioni, dell’essere silenziosamente letali. Queste donne, di cui il libro di Gabriele Faggioni, “Spionaggio femminile del Novecento” (Odoya) fa una veloce carrellata, spesso per scelte politiche e ideologiche, altre volte per denaro, condizionano il mondo in cui viviamo. Non esiste solo Mata Hari, la celebre spia tedesca doppiogiochista.
La rete di spionaggio di maggior successo della Prima Guerra Mondiale si chiamava Rete Alice ed era gestita da Louise de Bettignies, che è passata alla storia come “la regina delle spie”. Nata in una famiglia belga di otto figli, frequentò il collegio religioso di Lille.
Allo scoppio della Grande Guerra Luise era in Francia a prestare servizio come governante e lì poté assistere all’occupazione tedesca. Prese subito a occuparsi dei feriti, presto però raggiunse la famiglia rifugiata nella Francia non occupata, portando con sé la posta di diversi rifugiati. La nave fece scalo a Folkestone, e lì il suo inglese fluente e la sua vispa intelligenza furono notati da un funzionario dei servizi segreti britannici. Il maggiore Walter Kirke, responsabile dell'intelligence, a Londra la iscrisse al corso di formazione per agenti segreti e le assegnò il compito di organizzare la rete di intelligence Ramble, con i cittadini belgi già coinvolti nella Resistenza, assistita da Léonie Vanhoutte, un'operaia di Roubaix che aveva già aiutato i soldati alleati ad attraversare il confine. Così, in breve tempo, Louise e Léonie crearono una rete di spionaggio chiamata Rete Alice, la più grande della Grande guerra, di cui facevano parte non solo adulti ma anche giovani e bambini: raccoglievano ogni tipo di informazione sul nemico. La rete ebbe un successo sbalorditivo, e i tedeschi riempirono le strade di posti di blocco per catturare le spie. Louise usava diverse false identità, e ingannava le guardie recitando la parte della donna chiacchierona, riuscendo a passare i confini con i messaggi in codice nascosti tra le pagine di una rivista o arrotolati all'interno dei bastoni degli ombrelli. Nonostante questo la Rete Alice venne scoperta. Léonie fu arrestata all'inizio di settembre del 1915 e pochi giorni dopo la stessa sorte toccò a Louise. Le due donne furono imprigionate a Bruxelles. Nel processo del marzo 1916 Louise fu condannata a morte e Léonie a quindici anni di prigione. L'ambasciata di Spagna riuscì a commutare la pena all'ergastolo, ma trasferita nella colonia penale di Siegburg Louise si ammalò di pleurite e morì in due mesi, a soli trentotto anni. Al termine della guerra fu decorata con la Croce di Guerra e con la Legione d'Onore.
Andrée Raymonde nacque il 18 novembre 1919 in una famiglia operaia a Bécon-les-Bruyères, un sobborgo nordoccidentale di Parigi. Dopo la morte del padre, Andrée interruppe gli studi e andò a lavorare come commessa. Le piaceva andare in bicicletta e la domenica partecipava a gare ciclistiche femminili finché, nell'autunno del 1939, non si trasferì con la madre a Tolone, dove frequentò un corso di formazione come aiuto infermiera presso l'Association des Dames françaises, per assistere i soldati feriti. Dopo l'occupazione tedesca della Francia immortalata nei romanzi di Irène Némirovsky, Andrée decise di aderire alla Resistenza francese.
Collaborò alla rete di fuga creata dal medico belga Albert Guérisse: migliaia di volontari aiutavano soldati non evacuati e aviatori alleati abbattuti a lasciare la Francia e a rientrare nel Regno Unito. Nell’autunno del 1941, però, la Gestapo scoprì il gruppo e molti suoi membri vennero arrestati. Andrée fuggì a Lisbona, dove continuò la propaganda a favore della Francia libera. Poi, nella primavera del 1942, raggiunse il Regno Unito. Dal quartiere generale della Francia Libera, comandata dal generale De Gaulle, venne a conoscenza che il SOE, il servizio segreto britannico, reclutava agenti che collaborassero con la Resistenza francese. Venne arruolata e divenne agente speciale.
La notte del 24 settembre 1942, lei e la sua compagna Lise de Baissac, partite dalla base aerea della RAF a Tempsford, furono le prime agenti della storia a essere paracadutate nella Francia occupata. Lise atterrò nei pressi di Poitiers, Andrée vicino al villaggio di Mer, dove era attesa da una squadra della Resistenza locale. Fu assegnata come corriere per la nuova rete Prosper gestita da Francis Suttill, prima di prendere parte ad alcuni sabotaggi attuati dai maquis, la Resistenza francese. Quando, il 23 giugno del 1943, i Prosper furono scoperti e smantellati dalla polizia segreta tedesca in seguito alla segnalazione di un traditore, Suttill e Andrée vennero arrestati, interrogati e rinchiusi nella prigione di Fresnes. Nel maggio 1944 Andrée e le sue compagne di prigionia Vera Leigh, Sonya Olschanezky e Diana Rowden furono trasferite nel campo di concentramento di Natzweiler-Struthof. Il 6 luglio 1944 alle quattro donne furono praticate iniezioni letali di fenolo al cuore: morirono all’istante tranne Andrée. Riprese conoscenza e con le ultime energie ferì il suo boia. Venne gettata ancora viva nel forno crematorio.
Maria Krystyna Skarbek era di Varsavia, figlia di ricchi conti ebrei. Era bella, bellissima, e si classificò seconda a Miss Polonia 1930. Trasferitasi a Londra con il secondo marito dopo l’occupazione polacca della Germania, chiese di entrare a far parte dell’intelligence britannica. Partì per la prima missione a Varsavia, dove raccoglieva informazioni sulle truppe tedesche e organizzò una rete di corrieri che portavano rapporti di intelligence a Budapest, da dove raggiungevano Londra. Fu lei a scoprire che la Germania aveva stretto un’alleanza militare con il maresciallo Antonescu e con la Romania, e quindi a portare gli Alleati a difendersi con anticipo su quel fronte. Nel gennaio 1941 Krystyna venne arrestata dalla Gestapo insieme al suo amante, l’agente segreto Kowersky, amico d’infanzia ritrovato in Ungheria. Ottenne il rilascio mordendosi la lingua, sputando sangue e dichiarando di essere malata di tubercolosi. Cambiò allora identità in Christine Granville, e raggiunse Sofia nascosta nel bagagliaio di un’auto. Lì consegnò al personale diplomatico britannico microfilm sui preparativi tedeschi di invasione dell’Unione Sovietica.
Fu così che Churchill scoprì il piano della Germania e cambiò le sorti della guerra. Krystyna venne promossa a capitano, una delle pochissime donne nella storia, e alla fine della guerra non tornò in Polonia, governata dal regime comunista, ma andò a Londra, dove finì per trovare solo lavori precari, come quello di hostess sulle navi da crociera. Fu in uno di quei viaggi che conobbe uno steward che si innamorò follemente di lei, non ricambiato, e la uccise con un fendente al cuore. Sono migliaia le donne che hanno lavorato, e che lavorano, come agenti segreti. Anche attorno a noi. Non conosceremo mai le loro verità, ma le nostre vite saranno condizionate dalle loro azioni.