Ragazza fragile, donna aspra e indurita, la capostipite dell’impero dei Florio ne "I Leoni di Sicilia", è un personaggio centrale nella saga, appena arrivata in tv. “Il suo legame col potere compensa le violenze subite”

«Finalmente una serie che non parla del Sud in termini di criminalità, ma una bellissima storia di riscatto che racconta quando il Mezzogiorno era potente e florido». Usa queste parole l’attrice Donatella Finocchiaro per descrivere a L’Espresso il suo entusiasmo nell’aver interpretato la matriarca Giuseppina Florio nella serie “I Leoni di Sicilia”. Appena presentata alla Festa del Cinema di Roma, e dal 25 ottobre su Disney +, è diretta da Paolo Genovese e tratta dall’omonimo bestseller di Stefania Auci. Un’autrice che Finocchiaro conosce bene: alla prima presentazione del libro fu lei a chiederle di leggere delle pagine, sostenendo che fosse perfetta per dare voce a Giuseppina. «Passato un po’ di tempo, mi chiama il regista Paolo Genovese e mi dice: “Auci dice che sei tu Giuseppina: sono d’accordo con lei”, e mi propone il ruolo».

 

Che cos’ha Giuseppina Florio che la rende così speciale?
«È la capostipite che ha creato l’impero dei Florio. A quei tempi c’era il patriarcato, comandavano i maschi, eppure è lei di fatto a dominare tutti. Più avanti nella storia dei Florio ci sarà un altro personaggio femminile meraviglioso, Franca Florio, una donna che ama l’arte, tiene i salotti nelle sue ville a Favignana e a Palermo, usa il potere per la ricchezza artistica e per la cultura. Giuseppina è la tostissima matriarca».

 

Un personaggio femminile duro, ostile.
«È arcigna, sembra cattiva, in realtà è solo una donna privata dell’amore della sua vita che si lega morbosamente al potere, al denaro, al riscatto sociale. Lo fa per compensare, come fanno ancora oggi tanti uomini. Le ho donato i miei spigoli, lavorando molto sulla mia durezza. Ho pensato a mia nonna, vissuta ai primi del Novecento».

 

Di solito le affidano personaggi più morbidi, sentimentali.
«Vero, per questo non mi sono fatta sfuggire la chance di tirare fuori tutta la durezza da suocera, come sa bene la mia “nuora” Giulia Portalupi interpretata da Miriam Leone, con cui ci siamo fatte tante risate da brave catanesi».

 

Con Michele Riondino, che interpreta suo figlio Vincenzo, com’è andata?
«Bene, malgrado recitassimo in un clima in cui io lo comandavo molto, avevamo scene piene di contrasto in cui stavo sempre a redarguirlo. Ero la mamma che rompe le scatole, che sente la responsabilità di dover disegnare la strada per suo figlio. Abbiamo mantenuto anche sul set una giusta distanza, accanto all’affetto materno tipico di quelle madri che caricano le loro frustrazioni sulle spalle dei figli».

 

Con quali conseguenze?
«Dipende, nel caso dei Florio hanno creato un impero, il rischio però è sempre l’infelicità dei propri figli. Lo dico da madre, consapevole che sia il mestiere più complesso del mondo».

 

Che cosa significa per una siciliana raccontare la saga di una famiglia del Sud che dal nulla è diventata potente?
«Significa raccontare la storia di un sogno e di un riscatto del Sud. Qualcosa che nelle serie in genere trova poco spazio: il potere del Mezzogiorno, il Sud ricco e potente dell’epoca garibaldina. Poi le cose si sono invertite, hanno depauperato il Sud delle sue ricchezze creando i poli industriali al Nord, dove hanno finito per migrare i meridionali. Un ribaltamento studiato a tavolino, con conseguenze evidenti al giorno di oggi. Per fare un esempio, ancora impieghiamo quattro ore per arrivare da Catania a Trapani nel 2023. Non c’è nessun desiderio di far progredire il Sud».

 

È il momento delle attrici che passano alla regia, ci ha pensato?
«Sto girando un documentario su femminilità e sessualità, sull’orgoglio di essere donne e vivere la sessualità come si vuole».

 

La sessualità femminile è ancora un tabù?
«Certo, siamo ancora circondate da uomini che vogliono possederci in ogni modo, anche attraverso il giudizio e minando la nostra autostima. Il giudizio patriarcale regna sovrano, siamo valutate in base a come andiamo vestite e con chi andiamo a letto, è qualcosa che ci condiziona l’esistenza. Ancora capita di sentir dire che le donne non sono in grado di guidare, è così umiliante. Per noi, ma anche per gli uomini che dicono e pensano certe cose. Siamo cresciute tutte con violenze psicologiche senza saperlo da parte di chi per secoli ci ha voluto far sentire incapaci».

 

Da dove bisogna ripartire?
«Dalla stima verso se stesse. Parlo per esperienza personale, ho subito anche io delle offese, ho conosciuto e subìto la violenza fisica e psicologica. Oggi che sono madre mi scioccano le violenze di gruppo da parte dei ragazzi: stiamo sbagliando qualcosa come genitori, stiamo crescendo figli malati nella sessualità, nell’ego, nel rapporto con gli altri. Chi si sente inferiore diventa arrogante e violento, ma sbagliamo noi adulti. A livello di società, di genitori, di scuole, è tutta responsabilità nostra. Dobbiamo ripartire dall’educazione sentimentale e sessuale in famiglia e nelle scuole, spiegare chiaramente ai ragazzi e alle ragazze che fare l’amore non è un atto di possesso, ma di amore e scambio emotivo. Ma come si fa a cambiare se non se ne parla, se la sessualità delle donne resta un tabù?».

 

Le registe e le autrici stanno contribuendo a offrire una nuova prospettiva.
«Purtroppo non sono sostenute come dovrebbero. L’ultima Mostra del Cinema di Venezia ne è stata la prova: le registe in concorso erano solo tre e nessuna italiana. Abbiamo un problema. Sono convinta che ci debbano essere quote rosa anche al cinema, non è possibile che solo gli uomini sappiano girare, scrivere e dirigere i film. Dobbiamo cambiare le cose e farlo adesso, per le nostre figlie e nipoti. Ma anche per noi stesse, perché siamo veramente stufe».

 

A cosa si dedicherà dopo la promozione de “I Leoni di Sicilia”?
«Dovrebbe uscire “Greta e le favole vere”, un film girato con Raoul Bova e Sabrina Impacciatore. Ho saputo che Greta Thunberg è stata arrestata pochi giorni fa a Londra, il film è liberamente ispirato a lei. Io interpreto sua madre, che all’inizio non la capisce, poi la asseconda. Nella vita reale mia figlia Nina mi chiude sempre il rubinetto per non sprecare l’acqua, grazie alla scuola oggi le nuove generazioni sono più informate sui temi ambientali. Sono consapevoli che dobbiamo iniziare per primi ad agire, partendo da piccoli gesti. Se ognuno ci mette del suo, tutto può cambiare».