Ho visto cose
Povero Pino Insegno, il crollo senza appello del volto simbolo di Tele Meloni
Il mercante in fiera su Rai Due è un programma vecchio e senza slancio. Che non guarda praticamente nessuno. E il nostro "Joe I Teach" è costretto a incassare le critiche e persino a giustificarsi. Al punto che viene spontaneo un moto di solidarietà nei confronti del doppiatore: ma chi gliel'ha fatto fare
«Verrà il giorno della sconfitta, ma non è questo il giorno», ripeteva come un mantra Pino Insegno, felice nel nido della sala di doppiaggio. Poco prima che si scatenasse l’inferno. Trovato dalla premier e tirato per la giacchetta, Insegno è nominato il predestinato, la voce scelta per portare alto il buon nome di Tele Meloni. Una storia che sembrerebbe triste invece lo è.
«Ma almeno mi darete un programma nuovo di zecca?», immaginiamo abbia chiesto con l’occhio lucido. Neanche per sogno. Meglio un giochino ripescato dal dimenticatoio, quel “Mercante in fiera” dall’azzardo puro che a Natale riduceva in lacrime tutti i nipoti costretti a chiamare in causa i nonni per raddoppiare le paghette. Non voleva andarci, povero Pino, mentre veniva aspettato al varco in attesa del fallimento. Che puntualmente è arrivato.
L’esordio del giorno 1 è stato: «Il mio nome in inglese è Joe I Teach». Risultato: 638 mila spettatori. Ma non chiamatelo flop, per piacere, dice Insegno, costretto a volantinare interviste giustificative, come a scuola, ho studiato professore’, giuro ho studiato. Ma di sera in sera viene battuto da tutti, persino dalle repliche di “Cash or Trash” su Nove. E chissà perché.
Ogni 12 secondi esatti parte lo stacchetto musicale, col pubblico che batte le mani e il conduttore sottolinea con movimenti continui, braccia avanti, mani aperte, gomiti stretti, indice teso, praticamente una via di mezzo tra un direttore d’orchestra e Ken. Al suo fianco, una fanciulla incomprensibilmente furibonda, che stringe gli occhi con odio diffuso verso lo sparuto pubblico e nei panni della Gatta nera sembra nascondere una bambolina da pungere con uno spillone. Ma Insegno ringrazia tutti, uno per uno, tanto si fa presto. «Grazie, senza di voi sarebbe del tutto inutile».
Così, la pubblicità è furiosa, la rete perplessa pronta a correre ai ripari e Pino costretto a fare il giro di ogni programma Rai per far sapere che lui continua ad andare in onda, per favore non mi cacciate che a poi a Giorgia chi glielo dice. “La vita in diretta”, “Domenica In”, un tour de force che culmina con lo strazio da Pierluigi Diaco a “BellaMà”. «Sto male, malissimo» e per strappare uno straccio di consenso racconta di quella volta che ha perso un testicolo. Così viene quasi voglia di tifare per quest’uomo che più che ad Aragorn assomiglia al Rutelli di Corrado Guzzanti. Che anziché al Berlusconi dell’epoca a cui «portava l’acqua con le orecchie» potrebbe appellarsi a Meloni: «Macché servizio pubblico, ’a Rai è un servizio tuo! L’abbiamo dato a te: c’abbiamo messo mezza Mediaset dentro, famo dei programmi per far stravincere Canale 5. Che altro voi?».
DA GUARDARE
Quando si tratta di serie tv c’è sempre qualcuno che alza la mano e dice: «Ma come non hai visto...» e un titolo a piacere. Per rispondere a tono e vincere facile, un consiglio spassionato: “Shameless”, tutta a portata di mano su Netflix. Undici stagioni inaudite, che non temono confronti.
MA ANCHE NO
Il problema non è Fabrizio Corona che fa l’occhio viscido nelle Belve. E neppure Corona che nell’inutile “Domenica In” si scatena sui giornalisti corrotti, i magistrati, le pillole, gli eccessi, come fosse una star gradita. Il problema è che ci sta prendendo gusto. E chissà quante altre volte rispunterà dal piccolo schermo.