Le guide de l’Espresso / A tavola
Le nespole, il frutto della pazienza che va bene ovunque
Conosciuto fin dal Medioevo, hanno proprietà organolettiche straordinarie. E si prestano anche a combinarsi con la carne di maiale
Frutti beneauguranti dalle straordinarie proprietà organolettiche, emblema di saggezza e virtuosità, il cui arbusto riuscirebbe addirittura ad allontanare dalla casa sventure e stregonerie: chi non desidererebbe un albero di nespole in cortile? Il nespolo comune (“Nespilus germanica” – nome che sembra derivare dalla sua significativa presenza in Germania) è conosciuto in Europa fin dal Medioevo, coltivato in origine sulle rive del Mar Caspio e poi diffuso in Asia Minore fino a raggiungere il bacino del Mediterraneo.
Le nespole comuni, però, non maturano in primavera: vengono raccolte in autunno (secondo antichi usi prima del 4 ottobre, la festa di San Francesco) ma a causa della consistenza troppo dura e del sapore eccessivamente aspro e astringente, non sono immediatamente edibili. Si lasciano maturare, “ammezzire”, per alcune settimane in luoghi freschi e asciutti, tradizionalmente nei granai, su un letto di paglia: la fermentazione trasforma il frutto, rendendo la polpa morbida e zuccherina.
È così che le nespole ci insegnano la pazienza, e sono legate al concetto di abbondanza. Un tempo erano tra i pochi frutti che i contadini potevano consumare nei mesi invernali, a partire dal 1700 viene importato dall’Estremo Oriente il nespolo del Giappone. Alla pianta occorrono temperature miti e assenza di gelate per generare frutti numerosi, grandi e succosi, ecco perché in Italia trovò terreno fertile, specialmente nel meridione. In Sicilia, per esempio, se ne coltivano in abbondanza e tra le varietà più pregiate vi sono la Santa Rosalia, la Precoce di Palermo e il Monreale.
La nespola nipponica matura già da fine maggio, le primizie si distinguono per un gusto acidulo comunque gradevole. Al momento della scelta va prestata attenzione all’aspetto: la pelle dovrà essere turgida, meglio se con delle macchioline scure sinonimo di qualità e dolcezza. Da gustare in primis al naturale, la nota di acidità del frutto dona equilibrio anche alle preparazioni più dolci come torte o cheesecake e l’alto contenuto di pectina le rende eccellenti nella produzione di confetture e gelatine. Ma sono ottime anche in ricette salate. Il frutto si presta a combinarsi con la saporita carne di maiale: avvolgendo un po’ di polpa in una fetta di pancetta per poi scottare l’involtino in padella antiaderente si ottiene uno goloso antipasto.
Ridotte in purea con l’aggiunta di yogurt greco, un pizzico di sale e pepe macinato, si crea invece un’ottima salsa per accompagnare gamberi crudi e carpacci di pesce; ideali anche per arricchire le insalate o preparazioni a base di verdure marinate e formaggi come il Primosale.
DOLCE
Pep Guardiola. Cosa c’entra il maestro del calcio con la cucina? I geni sono geni a 360° e così mentre in un intervista parla del suo collega De Zerbi come di un allenatore che “sta segnando” questi tempi - e ovviamente ha ragione – cita anche Ferran Adrià come paradigma della cucina contemporanea. E ha ragione anche qui.
E AMARO
I piatti instagrammabili. La diffusione della comunicazione gastronomica passa anche da Instagram e conseguentemente è plausibile che alcuni operatori lavorino solo per avere appeal su questo social. Meno condivisibile che chi fa cucina professionale si pieghi a questi media con conseguenti sbandamenti di presentazioni e gusto.