Intervista

Luca Ravenna: «Per uno spettacolo ci metto sei mesi a scrivere i testi. Sui social devi bombardare lo spettatore»

di Antonia Matarrese   5 luglio 2023

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«Oggi è molto più difficile fare satira politica, anche perché i giovani non sono molto interessati al tema». Il nuovo tour, l’importanza di YouTube, il rapporto tra padri e figli. Parla lo stand up comedian

“Un cantautore della risata”. Si definisce così Luca Ravenna, classe 1987, milanese trapiantato a Roma dal 2006 per seguire le lezioni al Centro Sperimentale di Cinematografia, protagonista di punta della stand up comedy italiana. Chioma arruffata, birignao lumbard volutamente accentuato, mimica convincente, interista sfegatato, Ravenna ha esordito con i romani The Pills prima di approdare a Comedy Central, canale della piattaforma Sky ad alto contenuto di comicità. Dal 29 settembre prossimo, girerà i teatri con il nuovo tour “Red Sox – Uno spettacolo comico di Luca Ravenna”, prodotto e distribuito da Trident Music. Prima tappa, il Teatro Alighieri di Ravenna.

Come si prepara ad affrontare il pubblico dal vivo?
«Tanto per cominciare, scrivendo i testi per almeno cinque o sei mesi. I temi sono molteplici perché non sai mai quale argomento avrà più presa sul pubblico. Quello che faccio è ancora molto indie e non può prescindere dal percorso parallelo sui social (Ravenna ha oltre 200 mila iscritti al canale YouTube e più di 300 mila follower su Instagram, ndr). Lo spettatore dimentica presto quello che ascolta. Negli immancabili momenti di strizza, organizzo serate con poche persone nei locali di Roma, per testare il terreno. I teatri e i piccoli club restano due realtà fondamentali: la prima è un punto d’arrivo, dalla seconda non si può prescindere».

Identikit di un appassionato di stand up comedy?
«Come fascia di età dai 18 ai 40 anni: se non ci sono i giovani, nei teatri non fai sold out. I fan sono gli stessi che mi seguono su YouTube che è il flagship store della comicità e ha veramente dato una svolta al destino della stand up in Italia, permettendo di farci conoscere. Quando stai su un social, devi bombardare lo spettatore, non devi fare il prezioso. Ho sempre in mente un consiglio di Frank Matano che diceva: “Dovete essere generosi con il pubblico”».

Si considera un comico della scuola romana?
«Penso di sì. Ho fatto la gavetta nelle serate open mic, ovvero quelle in cui ciascuno può salire sul palco ed esibirsi. Le organizzavano all’Oppio Caffè, in zona Colosseo, tre comici che poi sono diventati amici: Saverio Raimondo, Francesco De Carlo e Edoardo Ferrario (con quest’ultimo Luca Ravenna ha creato un podcast molto popolare, Cachemire, ndr). Roma apprezza chi mantiene le proprie radici: mai fingersi romano. È la città del cinema per eccellenza, in cui grandi registi hanno saputo valorizzare il tessuto comico esistente. Se volessi trovare delle differenze, direi che Milano è molto più curiosa mentre Roma è più diffidente».

Quali sono gli argomenti che affronta nei suoi monologhi?
«Sicuramente l’incomunicabilità padre-figlio, che racconto in chiave ironica. L’unico nucleo sociale in cui ci riconosciamo davvero è la famiglia. Usciamo da quella di origine e puntiamo ad averne un’altra. Le battaglie odierne hanno sempre al centro la famiglia. Nel prossimo spettacolo prenderò di mira i turisti mordi&fuggi che stanno cannibalizzando le città d’arte. Racconterò la loro real italian experience. Con molte frecciate velenose contro gli affitti selvaggi».

È ancora possibile fare satira politica in Italia?
«Oggi è molto più difficile di un tempo perché le spalle dei politici sono più fragili. Mancano figure con un tratto molto netto da poter colorare: Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi erano pop. Capaci di prendersi in giro. C’è anche da dire che i giovani, target di riferimento della stand up comedy, non sono molto interessati alla politica».

Alberto Arbasino diceva con una battuta: “Giovane promessa, venerato maestro, solito stronzo”. Come si vede fra dieci anni?
«Come uno stronzo pieno di soldi da reinvestire nel lavoro. Con mio fratello Matteo abbiamo aperto una società che produce spettacoli e, in giro, i talenti non mancano: da Francesca Esposito a Benedetta Orlando, da Salvo Di Paola a Monir Gassem. Il futuro della stand up comedy è decisamente roseo».