Le gaudenti note

Il successo di Taylor Swift ci dice molto del mondo in cui viviamo. Purtroppo

di Gino Castaldo   13 settembre 2023

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Taylor Swift

Il tour dei record l’ha consacrata artista più potente del globo. E questo spiega tante cose sul triste stato della musica attuale

Inutile lamentarsi della pochezza del nostro attuale orticello musicale, il problema è molto più ampio, diciamo pure globale. Sapete chi è in questo momento l’artista più potente al mondo? Si chiama Taylor Swift e il giro d’affari che genera è enorme, anzi abnorme, ogni giorno che passa arriva un record, numeri su numeri, streaming colossali, poi il tour, questo mostruoso Eras tour che ha macinato cifre che nessuno mai nella storia ha prodotto prima, e ora l’ultimo dei record: il film del concerto annunciato per metà ottobre ha già raccolto 26 milioni di dollari in prevendita. E anche questa è una prima volta nella storia. Da un lato questa incontenibile ascesa potrebbe sembrare l’annuncio di una nuova era in cui a comandare sono le donne, o meglio l’immagine della donna. Almeno così sottolineano alcuni giornali americani, accostando il successo parallelo della Barbie cinematografica e ricordando anche che Beyonce qualcosa del genere l’aveva di fatto annunciato.  O, più in generale, riferendosi alla spavalderia con cui molte donne di spettacolo in America oggi gestiscono la loro immagine, a partire dall’indimenticabile «le donne non piangono, le donne fatturano» con cui Shakira ha steso, cantando, il suo ex Piqué.

Ma veniamo alla Swift, il cui successo trionfante deve essere seguito e capito anche solo per decifrare il mondo verso il quale ci stiamo dirigendo. È una sorta di Katy Perry all’ennesima potenza, un po’ Madonna ma sapientemente censurata, incapace di blasfemia ed eros troppo torbido, un po’ principessa disneyana, bellezza bionda e slavata, da eterna adolescente ma con un corpo da donna, un po’ Barbie, eroina da girl power ma debitamente annacquato, biancolatteo, gigantesca proiezione di adolescenza inquieta, cantata col senso di rivolta alla Abba in stile Dancing queen, o «nessuno può mettere baby in un angolo», in fondo rassicurante, rivoltosa da stanzetta coi poster e con i trucchi rubati alla mamma.

Eppure, per la prima volta, questa accondiscendente vena pop ruggisce negli stadi, sempre meno tempio del rock e sempre di più megateatro per bambocci commerciali. E costa tanto: ci sono ovunque ragazzi disposti a pagare cifre molto alte per vedere dal vivo questa figura che sembra un fumetto diventato reale, un personaggio immaginario che si è incarnato e balla e canta, che sembra una conseguenza della cultura pop, una creazione fittizia, troppo perfetta per essere vera, un prodotto da Intelligenza Artificiale, mediamente gradevole per chiunque, dolcemente maliziosa, somaticamente armoniosa. Chi potrebbe mai non volerle bene? Come si può resistere a qualcuno che vi dice sempre che voi siete il suo preferito?

UP
James Blunt ha spiegato bene e con ironia cosa vuol dire essere legato a una sola “signature song”. Gli hanno chiesto se non si annoiava a cantare “You’re beautiful” e lui ha risposto: «E perché dovrei. Mi sono comprato questa casa bellissima grazie a questa canzone. C’è gente che pagherebbe per avere anche solo una canzone».

& DOWN
Britney Spears non ha pace. Continua a pubblicare le sue piroette da picchiatella sui social e nel frattempo ha annunciato il divorzio da Sam Ashgari, sposato con grande eco mediatica poco più di un anno fa, e ha festeggiato l’evento con due nuovi tatuaggi, anche quelli ampiamente pubblicizzati via social.