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Giovani state sereni: i problemi li risolve Gianni Ippoliti
Su quella che un tempo era Rai Tre va in onda il bizzarro dibattito “Genitori, che fare?”. Che dimostra come il contraddittorio sia ormai del tutto sopravvalutato
Un tempo quando si parlava di Rai Tre veniva subito in mente la parola sperimentazione. Poi le malelingue hanno insinuato il dubbio che questa vocazione fosse andata perduta senza considerare che invece si era solo modificata in rivoli decisamente più creativi. Ultimo esempio è il programma “Genitori, che fare?”, voluto con decisione dalla Direzione Approfondimenti che si sa, per sua natura, tende ad approfondire.
Nel ruolo di capitano è stato chiamato Gianni Ippoliti con l’abito buono, per gestire una sorta di piccola arena equamente divisa tra giovani giudiziosi e parenti critici. Certo, lo studio è un po’ così e le inquadrature anche, ma d’altronde quando si sperimenta non si guarda il capello. L’assunto è che i ragazzi e le ragazze dei nostri scoloriti giorni sono dipendenti dai social ma soprattutto dalla cannabis e quindi per espiare le loro colpe devono sottoporsi al dibattito della trasmissione.
«Sento il dovere di dare voce ai loro problemi», aveva affermato con piglio deciso il conduttore ai nastri di partenza, «per offrire soluzioni concrete, evidenziando il ruolo fondamentale dei genitori come guide». Così, per attenersi al copione, prende una madre scomodamente seduta in studio e le chiede di inscenare con lui un finto dialogo col figlio per indagare se per caso faccia uso di sostanze stupefacenti. «Amore c’è qualcosa che non va?» chiede la genitrice a Ippoliti. E Ippoliti risponde: «No mamma, tutto ok».
Ma evidentemente l’aiuto non è abbastanza, serve qualcosa di più incisivo. «Noi parliamo solo con rigore scientifico prescindendo dagli aspetti ideologici», premette. E mostra i titoli che ha trovato in Rete, giusto per rimanere nell’ambito della scienza esatta. I genitori intervengono sempre con un: «Lo dico da padre – io sono una madre», che di questi tempi funziona parecchio, e mentre si percepisce che il contraddittorio è solo una pratica desueta e assai poco sperimentale, a convincere i ragazzi a gettare le cartine lunghe alle ortiche arriva Massimo Gandolfini, portavoce del Family Day, quel signore, per intendersi, che considera l’aborto non un diritto ma l’eliminazione di un bimbo innocente.
Così, tra un autoelogio e l’altro («Questo programma è molto importante perché fa informazione seria»), si arriva alla morale di chiusura, per voce dello stesso Ippoliti. Che chiosa, neanche fosse un’interrogazione a salti, spiazzando tutti: «Quando attraversate la strada sulle strisce parlando al cellulare non mandate a quel paese chi vi dice che state rischiando la vita». E se non è sperimentazione questa allora ditelo che non siete mai contenti.
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