Lo stupore davanti a una donna bella come un marmo di Canova. Le allusioni ironiche. Il linguaggio giocoso. E la forza del desiderio. È la raccolta “Piccoli miracoli e altri tradimenti”

Cominciamo dal titolo: “Piccoli miracoli e altri tradimenti”. A leggere la raccolta di dodici brevi racconti di Valeria Parrella, pubblicati da Feltrinelli, dedicati più che altro alla narrazione di quei momenti singolari della nostra vita in cui il desiderio si manifesta all’improvviso e inatteso, e si fa più forte di ogni altra considerazione, a leggere dunque quei racconti, nella testa dell’anziano maschio chiamato a scrivere di questo libro, femminista e dove i corpi delle donne sono sempre presenti, si compie appunto un piccolo miracolo.

 

Per parlare di questo miracolo, sia permessa una parentesi, che in apparenza ci porta fuori dal libro. All’indomani della Seconda guerra mondiale, un giovane eroe della resistenza e testimone della distruzione, in Polonia, decise di fare un lungo viaggio in giro per l’Europa, un po’ per dimenticare, un po’ per curiosità e per cambiare lo sguardo sul mondo. Molti anni dopo, quel giovane nel frattempo diventato medico affermato e custode di memorie preziose, diceva che di quel girovagare, nella sua memoria, si sono impressi due episodi. Uno, politico; l’altro invece, il più importante: tutto folgorazione, stupore, oblio - per quanto momentaneo - delle sofferenze. In altre parole: si era compiuto un miracolo, un momento in cui lo sguardo sulla bellezza ha risvegliato il desiderio. Stiamo parlando di una scultura di Canova, che il giovane vide a Roma, e che raffigura, scolpita nel candido marmo, Paolina Borghese. Questa scultura per lui era il sublime fatto forma. E torniamo al libro.

 

In uno dei racconti, “Passare”, Parrella narra proprio di un medico folgorato dalla bellezza sublime delle forme di Canova. Non però nel marmo ma in un corpo di donna talmente bello da ricordargli i marmi dello scultore. Siamo in Italia, il dottore si chiama Franco e deve occuparsi del corpo di Fiorella, una giovane morta per un arresto cardiaco alla stessa età (anno più anno meno) in cui l’artista scolpiva la figura grazie a cui il giovane viaggiatore polacco riscoprì il desiderio. Miracolo di letteratura e di bellezza, diciamo noi, che fa incrociare il destino vero del dottore polacco con quello immaginario del collega italiano.

 

Illustrazione dalla prima edizione del suo primo romanzo di Gustave Flaubert "Madame Bovary"

 

Ma ecco, Fiorella e il suo corpo diventano oggetto del sogno di Franco. Per lui, del resto, ogni vita è un corpo (lo spiega ai suoi studenti). E così il corpo di lei è certamente onirico ma è pure concreto e soprattutto sessuato. Il sogno, che sembra verità di quanto è tangibile, di quel corpo di una bellezza perfetta (leggermente sfregiata dal bisturi del dottore) passa, in una chat di whatsApp, da un amico di Franco all’altro, e da lui a un altro ancora e fino a un’amica, Sofia. Ma, a differenza dei maschi, lei non ne è turbata; anzi vive il sogno - e una pratica sessuale raccontata esplicitamente - senza sensi di colpa. Ma forse - e questa è un’ipotesi verosimile - Fiorella è una specie di sorella e di specchio rovesciato di Gradiva, e il racconto è un’allusione ironica e soprattutto un po’ sovversiva a Sigmund Freud. Spieghiamoci: Gradiva è un bassorilievo romano, diventato a sua volta oggetto di un’opera letteraria di uno scrittore tedesco e che narra di un archeologo che si innamora della donna del bassorilievo, la incontra poi nel sogno mentre lei cammina sulle pietre di Pompei. Freud leggendo quel racconto, si convinse che l’invenzione letteraria poteva essere altrettanto vera come i veri sogni e ne scrisse un saggio: “Delirio e sogni nella “Gradiva” di W. Jensen”. Però, ecco il lato sovversivo dell’autrice: il sesso, lesbico, fra Sofia e Franca non comporta, appunto, alcun senso di colpa.

 

È di una riflessiva gioia la prosa di Parrella. Il tradimento è compagno dei miracoli e ne è la conseguenza. E va bene così, senza moralismi né teorizzazioni di sorta. In “Caffè”, la protagonista, Margherita, vive con la madre abbandonata da un marito violento, ossessionata dalle pulizie (“pulizie radicali”) della casa. E forse l’ossessione di riordinare la casa è l’urgenza psicologica di dare ordine alla propria vita. Margherita dunque, nata e cresciuta in quell’atmosfera, da ragazzina innamorata delle poesie e dei romanzi, sogna di chiamarsi Emma. Emma come Madame Bovary. E anche qui c’è l’elemento di sovversione. Madame Bovary così come Anna Karenina, donne infedeli, traditrici, muore suicida. Ma se Karenina, nonostante le sue presunte colpe, in qualche modo si salva nella nostra memoria, Bovary dà addirittura un nome a un fenomeno chiamato “bovarismo”. Parrella la riscatta. E si potrebbe continuare con la storia che dà il titolo al libro “Piccoli miracoli”: in quel testo viene rivendicato un linguaggio erotico esplicito, leggero e in fin dei conti, giocoso. Del resto, dice Parrella: “Dio gioca”, ed è una allusione a Eraclito per cui la vita è come un fanciullo che gioca a dadi. Ma anche qualcosa di più. Quando Albert Einstein volle polemizzare con i sostenitori della fisica quantistica disse: “Dio non gioca a dadi”. E invece gioca.

 

La copertina del libro "Piccoli miracoli e altri tradimenti" (Feltrinelli)

 

Si dice e si è ripetuto tante volte che in Italia la narrativa breve non è sufficientemente apprezzata. E per argomentare che quel genere di prosa non è invece inferiore al romanzo, si citano i maestri e le maestre: da Anton Cechov ad Alice Munore, a Katherine Mansfield. Leggendo i testi di Parrella ci si rende conto quanto il racconto breve sia un genere nobilissimo perché la qualità della scrittura (nuda) è tutto e si lavora senza la rete di protezione della trama (il vestito del re). E poi, “Piccoli miracoli” sono la continuazione ideale di “Mosca più balena”, il libro d’esordio della scrittrice, sempre, libro dopo libro, in crescita.