Il colpo di fulmine, l’amore, ma anche la rabbia e l’impotenza, dal punto di vista femminile. L’attrice esordisce alla regia teatrale con lo spettacolo “Secondo lei”: viaggio nelle relazioni sentimentali. Inclusa “la violenza di non toccarsi”

Se non fosse un’intervista, sarebbe Lol. Non è facile restare impassibile davanti a Caterina Guzzanti per quaranta minuti senza scoppiare a ridere. L’occasione è “Secondo lei”, lo spettacolo teatrale che segna il debutto alla regia dell’attrice nonché autrice della sceneggiatura: storia sulla crisi dell’uomo (interpretato da Federico Vigorito) e della donna, la narrazione dal punto di vista femminile delle dinamiche di una coppia tra malinconia, rabbia, tristezza e risate. Dopo aver attraversato l’Italia, il 25 maggio andrà in scena al teatro Goldoni, a Livorno, per il Festival sull’umorismo “Antani. Comicità e satira come se fosse”. La commedia offre lo spunto per affrontare temi di attualità, nevrosi, illusioni e disillusioni. Politica, addirittura. Amicizie, fratellanza e sorellanza.

 

Caterina Guzzanti, “Secondo lei” segna il suo debutto alla regia. Paola Cortellesi è la punta dell’iceberg, al cinema sempre più spesso le attrici passano dietro la macchina da presa. Perché proprio ora?
«Non mi sento di far parte di questo gruppo (ride, ndr.). Ho sempre declinato gli inviti a fare qualcosa di diverso rispetto a quello che ho imparato a fare: recitare. Tutte le volte che mi hanno chiesto: “Fai un film tuo?”, ho sempre risposto di no perché non sarei capace. Sicuramente Paola, che ha molta più esperienza di me, è stata ben in grado di fare un film meraviglioso come “C’è ancora domani”. A me non va di mettere la firma per il gusto di metterla».

 

La tournée sta per concludersi. Si è mai trovata in una situazione alla “Boris”,  spettacolo nello spettacolo?
«A Padova è successa una cosa incredibile, stavo per fermare tutto. Dunque: dietro le quinte ci sono sempre tantissimi pompieri. Al Teatro Verdi c’era un vigile del fuoco che invece di stare dietro si era piazzato in quinta, seguiva i miei spostamenti. A un certo punto faccio una battuta e lui mi risponde distraendomi tantissimo. “Esco con questo tizio che mi ha invitato a uscire più volte l’anno scorso”, dico indicando nella sua direzione. Era la direzione giusta, era lui a trovarsi nel posto sbagliato. Mi domanda con voce fortissima: “Ma io?”. Volevo sbroccare e dirgli: “Ma te levi?” (ride)».

 

Sembra proprio “Boris”.
«Avrei voluto interrompere lo spettacolo e dire: “Vabbè, però così non si può lavorare!”, come avrebbe fatto Arianna (personaggio di “Boris”, ndr)».

 

“Secondo lei” esplora le dinamiche all’interno di una coppia. Se il maschio è in crisi come risponde la partner?
«Non è uno spettacolo sulla crisi del maschio, si parla di una coppia e di un colpo di fulmine: lei e lui si innamorano, è tutto meraviglioso tranne che non riescono a fare l’amore. Più si va avanti, infatti, più gli uomini sembrano doversi cimentare in nuove acrobatiche sfide: essere forti e rassicuranti ma affidabili e sensibili, ambiziosi ma fedeli, passionali e mai volgari, lavoratori e casalinghi, leali, presenti, padri, mammi giocosi ed esempi virtuosi, sempre aperti all’ascolto. In una parola, donne».

 

Vale ancora la pena investire sulla coppia?
«Non vale la pena se è un investimento su uno status sociale. Vedo intorno a me il mondo delle coppie e il mondo dei single. È come se si ambisse a essere in coppia perché siamo programmati così. La coppia viene intesa come salvezza, e in effetti lo è: crescendo, l’idea di stare soli è una responsabilità faticosissima. Lo spettacolo si chiede proprio questo: bisogna stare in coppia a tutti i costi?».

 

Lei porta in scena il tema dell’impotenza maschile. È ancora un tabù?
«Un tabù totale».

 

Anche nel privato? Si è ispirata anche alla sua esperienza personale…
«Certo, mi è capitato in passato. Più si va avanti con l’età e più succede, lo dice la statistica. Ho fatto studi in merito, anche se non volevo diventare esperta de ’sta roba, non voglio finire al finto tavolo di Geppi Cucciari a parlare di impotenza sapendone veramente (ride, ndr.). Comunque non è uno spettacolo sull’impotenza, non si fanno battute sui cazzi mosci per intenderci». 

 

Nel 1983 debuttava al Ciak di Milano la commedia “Coppia aperta, quasi spalancata” di Dario Fo e Franca Rame. La storia di una coppia che si apre a relazioni extraconiugali ma a beneficiarne è solo il marito. Cosa è cambiato da allora?
«Non saprei, ogni storia è a sé: intorno a me vedo donne che si innamorano e chiudono relazioni, cosa che un uomo difficilmente fa finché non trova una donna che gli fa perdere la testa e lo comanda con il joystick. Gli uomini sono stati sempre più abili in questo, noi donne siamo abituate a tollerare. Ma oggi vedo più donne capaci di lasciare un uomo se sono infelici».

 

Pensa che il movimento femminista stia ottenendo risultati?
«Non si sta facendo abbastanza, sono tutte conquiste sparpagliate. Alle ragazze non si insegna a essere indipendenti e finiscono per essere ostaggi. Anche sulla procreazione il messaggio sembra rivolto solo a loro, come se facessero i figli da sole. Mentre si parla molto di violenza domestica, con questo spettacolo ho voluto creare il paradosso di quella violenza che deriva dal non toccarsi. Una coppia perfetta, due persone che si amano alla follia ma non si possono sfiorare. Come in un reality».

 

Caterina Guzzanti con Federico Vigorito nello spettacolo teatrale "Secondo lei"

 

Perché ha scelto di raccontare la crisi della coppia in chiave comica?
«Nel dramma della coppia si trovano gli spunti più divertenti. Io e Federico Vigorito litighiamo, ci addanniamo e poi ci abbracciamo maldestramente, ci diciamo cose intimissime, delicatissime e orrende. E dal pubblico riceviamo esplosioni di risate in punti sempre nuovi».

 

A proposito di comicità, lei, Corrado e Sabina siete tre fratelli un po’ speciali. Cosa avete in comune?
«Un occhio attento a quello che ci circonda. È un non detto che vige tra noi, quando costruiamo un racconto interpretiamo tutti i personaggi, come se fossimo tutti su un palco. Di fronte a un’informazione cerchiamo il senso del grottesco, una battuta che la sintetizza e la ridicolizza».

 

Cosa vi differenzia?
«Non siamo una cucciolata, siamo molto diversi».

 

Tra i suoi personaggi più riusciti c’è Vichi, la militante di Casa Pound nel programma “Un due tre stella” (2012) condotto da sua sorella Sabina. Chi è diventata oggi Vichi?
«Una madre, una donna e…tutto il cucuzzaro! Essendosi sempre occupata del bivacco, probabilmente sarebbe… assessore alla Cultura! Quando ho fatto quel personaggio, Casa Pound e i partiti di estrema destra erano un fenomeno preoccupante ma non così presente. Ora sono ovunque, anche se fanno finta di no. Noi viviamo in una bolla, ci battiamo per i diritti e alle elezioni scopriamo di essere in pochi. L’algoritmo ci presenta tutte persone simili a noi, ci sentiamo protetti perché abbiamo l’impressione di essere tutti d’accordo. Basta cambiare bar per renderci conto che la realtà è diversa».