Ho visto cose

The Real housewives ci ricorda cosa si è disposti a mostrare pur di comparire in tv

di Beatrice Dondi   6 maggio 2024

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Sei agiatissime donne romane mettono in piazza tutta la loro dorata inutilità. E pazienza se le reazioni al loro personale stile cafonal di lusso siano di profondo fastidio. Perché l'importante è sempre apparire

La prima sensazione che arriva potente guardando le inesistenti avventure delle protagoniste di “The Real Housewives di Roma” (Real Time) è quella di un consistente fastidio. Sei donne definite non si capisce bene a quale diritto  “carismatiche”, che si arrovellano su come arrivare a fine giornata, costrette a nutrirsi di alghe essiccate per mantenersi in forma, separando le bollicine dallo champagne non sia mai dovesse rovinare la pelle. Aristocratiche, chi più chi meno, che accordano i loro abiti coi collari dei cani, e il cui stress maggiore è il tornare da Cortina per poi trovarsi a dover ripartire per la Sardegna, impartendo alla servitù indicazioni in inglese con rimbrotto incorporato. 

Insomma, nei giorni in cui “cultura” sembra stia diventando una brutta parola, si sentiva evidentemente il bisogno di provare un disagio inusitato, guardando queste copie arricchite dell’amica di Nanni Moretti che in “Ecce Bombo” si raccontava con «giro, vedo gente, mi muovo, conosco, faccio delle cose». Perché si sa, i soldi non danno la felicità ma spesso neppure il buongusto. Cresciute in una Roma tristemente né santa né dannata di cui frequentano solo il minuscolo puntino posto esattamente al centro della cartina, le “casalinghe” ben stirate, che spendono di manicure quanto basterebbe a risollevare il Pil nazionale, si destreggiano tra cocktail e vernissage da mattina a sera per poi ricominciare, come forzate della mondanità di livello. Perché in realtà, conducono una vita d’inferno. 

Una sorta di operaie degli eventi, solo che al posto delle divise indossano abiti con i quali viene difficile persino sedersi sui divani in pelle umana dell’ospite. Obbligate da un codice non scritto a fingersi eleganti dentro e fuori («Sopporto tutto ma non i cafoni») spesso cedono alla normalità che sbuca all’improvviso e magari si indispettiscono quando l’invitata al piccolo aperitivo si presenta a mani vuote, neanche fosse un pranzo domenicale qualunque da cui ti aspetti il cabaret di paste.

 Probabilmente però queste nobili senz’animo, che per dare i nomi ai figli perdono tempo ad assicurarsi che nessuna delle loro scelte figuri su un qualsivoglia calendario, nel loro recente passato avranno avuto anche una vita vera. Eppure hanno deciso di presentarsi vestite di vacuo, solo per il piacere infinito di entrare nel piccolo schermo, una specie di rigurgito di vanità in cui sono cadute con tutte le scarpe (firmate), in cambio di una reazione di imbarazzo diffuso. Come quelle sagome dei luna park dei tempi andati a cui potevi tirare una palla in faccia per vincere il peluche, “tre palle per un soldo”, o meglio, “tre palle per un programma”.

DA GUARDARE 
Baby Reindeer (Netflix), la vera storia di una stalker seriale, di un comico abusato, di uno sgabello in un pub. Incredibile, angosciante, magnifica. Come la sua protagonista, Jessica Gunning, che riesce a passare dalla pietà alla malizia, dal pianto alla violenza, muovendo le sopracciglia.

MA ANCHE NO
Lo stop per giorni dei dati di ascolto elaborati per programma è stato a causa di un’agitazione sindacale di Nielsen Media contro la minaccia dei licenziamenti. Si sappia per rassicurare chi ha creduto fosse solo per colpa dalla bruttezza eccessiva di quanto spesso mandato in onda.