Ho visto cose
Bruno Vespa, il difensore non mascherato del governo
Il giornalista scatenato durante "Cinque minuti" prende le parti di Meloni sul caso del torturatore libico
Toccatemi tutto ma non il mio premier. Bruno Vespa che ha fatto della voce melliflua una categoria dello spirito, sta subendo attacchi alla sue granitiche certezze a ripetizione. E per certezze s’intende Giorgia Meloni, “il” presidente, il suo faro inamovibile che qualcuno da sinistra e pure da manca si ostina a prendere di mira. Si era appena placato per il caso Cecilia Sala quando all’improvviso gli scoppia tra le mani la liberazione del carceriere libico Nijeem Osama Almasri che potrebbe minare l’onorabilità del Governo e la faccenda si fa a dir poco inaccettabile. Al punto che questa volta non basta una parolina scritta male sul social di Musk, qui ci vuole proprio un’azione in senso stretto.
Così, dopo il dibattito lampo con Angelo Bonelli e il sottosegretario Sisto, Vespa tira fuori dal camerino il suo sguardo truce, quello che si indossa solo per le grandi occasioni, come lo smoking, e dopo aver preso fiato carica e spara: «In ogni Stato si fanno delle cose sporchissime per la sicurezza nazionale» dice con un tono di voce sopra le righe, tanto è casa sua e pazienza se entra nelle case degli altri. Indici lunghissimi puntati come canne di fucile, vene del collo gonfie alla bisogna, e gli occhi stretti, dritti verso la telecamera, come un maestro d’altri tempi che si rivolge a un Franti qualsiasi, Vespa continua la raffica: «Quello che i signori dietro la luce rossa non sanno ma che i parlamentari avvertiti, di tutti i partiti, sanno è che in ogni Stato si fanno delle cose sporchissime anche trattando con i torturatori per la sicurezza nazionale. Questo avviene in tutti gli Stati del mondo». Fine. Sigla. Tanto si sa, il contradditorio da tempo è assai sopravvalutato.