Dopo l’inchiesta dell’Espresso, due interrogazioni parlamentari sul caso delle immigrate dalla Romania violentate e seviziate. Avviato in prefettura a Ragusa l’iter per un protocollo d’intesa che coinvolgerà anche gli agricoltori. E la stampa della Romania si interessa al caso

Dieci deputati hanno presentato due interrogazioni parlamentari sul caso delle donne rumene abusate nelle serre del ragusano. La vicenda è stata portata alla luce da un' inchiesta pubblicata qualche settimana fa sul sito dell'Espresso. Gli esponenti di Sel (Nicchi, Costantino, Palazzotto, Duranti, Bordo, Ricciatti, Pannarale) si rivolgono al ministro della Salute, a quello del Lavoro e dell’Interno: occorre «intervenire affinché ogni presidio ospedaliero sia in grado di garantire la possibilità di abortire alle donne» vittime di violenza. Quattro onorevoli del Pd (Agostini, Lenzi, Pollastrini, Albanella), invece, chiedono ai ministri competenti «quali misure ritengano di dover predisporre al fine di proteggere queste donne».

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Il caso è stato citato anche durante un intervento alla Camera dell’onorevole Celeste Costantino: «Si devono fare violentare come e quando pare ai [padroni] e siccome mettere un preservativo è cosa fastidiosa meglio portarle a Modica ad abortire. Tanto mica sono, come piace dire alla Lega, “le nostre donne”, sono donne rumene...». Parole che hanno scatenato la contestazione dei deputati leghisti, placati solo dopo l’intervento del presidente dell’aula.

Intanto ieri una delegazione guidata dall’on. Erasmo Palazzotto ha incontrato il Prefetto di Ragusa Annunziato Vardè. «Davanti ad un fenomeno di tali dimensioni la risposta non può essere meramente di natura repressiva», ha detto il deputato di Sel. «Serve un’azione più ampia che coinvolga tutti i soggetti interessati, comprese le organizzazioni dei produttori, che devono essere chiamate a fare la loro parte per porre fine a questa situazione». Il primo risultato concreto è un tavolo permanente di confronto per stipulare un protocollo d’intesa tra le parti coinvolte.

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Anche le principali testate e la televisione rumena si stanno interessando del caso, emerso grazie all’attività della cooperativa Proxima che opera sul territorio. Paradossalmente, però, quel progetto anti-tratta rischia di non essere rifinanziato. Come tutti gli altri a livello nazionale.

«Questo episodio dimostra ancora che le vittime di tratta trovano la forza di denunciare grazie ai programmi dell’art.18», dichiara all’Espresso Andrea Morniroli, portavoce della piattaforma antitratta. «Con i mediatori culturali scatta il coraggio di denunciare. Parliamo di 30mila persone sottratte al traffico, spendendo quei 10 milioni di euro che ora sono stati tagliati. Sono risultati strabilianti sia per il contrasto al traffico che per la salvaguardia dei diritti umani. Per ogni vittima presa in carico, abbiamo sottratto 60mila euro l’anno alle organizzazioni criminali. Un danno enorme per i trafficanti. Ma anche territori più sicuri per le comunità».