Il lavoro femminile? È una costrizione. Gli asili nidi? Da combattere, perché la madre deve restare col bambino nei primi anni di vita. E la contraccezione? Va eliminata. Parla Don Pietro Cesena, il parroco di Borgotrebbia, quartiere di Piacenza.
Don Pietro Cesena da 14 anni guida la parrocchia di Borgotrebbia, 700 fedeli raccolti in un quartiere di Piacenza. Nel 2013 ha vinto un premio di solidarietà per il suo impegno a sostegno delle ragazze madri. Sulla scrivania, quando ci riceve, ha un libro dal titolo “Contro gli asili nido”.
Contro gli asili nido? «Nei primi tre anni di vita si decide il futuro di un bambino. Se la società avesse a cuore gli interessi della gente farebbe di tutto per dare alle madri la possibilità di stare a casa coi figli per tutto il tempo necessario»
Ma magari sono loro, le donne, a voler tornare al lavoro... «Il lavoro femminile è una costrizione. Una necessità dettata dal falso bisogno di guadagnare di più per consumare di più. Nella coppia cristiana invece la donna può decidere di rinunciare ad alcune capacità per amore, per donarsi alla famiglia».
A questo punto interviene Francesca, 39 anni, laica, scappata a 18 anni da genitori comunisti e ora responsabile dei progetti educativi della parrocchia: «Fare la madre per una donna è un riavvicinamento alla sua natura», dice.
La sua natura? «Come creature dobbiamo chiederci qual è la volontà di Dio per noi», prosegue il prete: «E seguire quindi il suo disegno secondo grazia e natura. Succede a tutte le donne: a un certo punto arriva il desiderio di maternità. E se fino a quel momento hanno pensato solamente al lavoro, ed è troppo tardi per riuscire ad avere un figlio, quanto soffriranno? Perché lì viene fuori la natura. La donna è creata per essere feconda».
A Don Pietro Cesena siamo arrivati perché il sito web della parrocchia presenta i risultati di tanti incontri realizzati dal 2011 ad oggi con giovani dai 13 ai 30 anni sui temi della sessualità, del rapporto col corpo, delle relazioni affettive.
Cosa insegnate alle ragazze su questi argomenti? «Noi non insegniamo nulla: non facciamo altro che ascoltare, riflettere, suggerire domande, dare punti di riferimento in questo mare in tempesta. Qui all'oratorio accogliamo persone ferite, testimoni sofferenti del fallimento sociale e morale portati dalla rivoluzione sessuale e dal femminismo»
Posizione forte. Ma i giovani cosa vi chiedono? Se parlate di sessualità, sarà arrivato il tema degli anticoncezionali, ad esempio. «Ah, certo: oggi le madri piazzano in mano alla figlia la pillola contraccettiva e promulgano il “dagliela subito”. Ecco: noi cerchiamo di trasmettere il contrario. Di far capire alle giovani che il corpo non è nostro: è un dono. Alle ragazze diciamo di credere nella loro dignità, di riconoscere il fatto che il dono del proprio corpo a un'altra persona è il regalo più prezioso, di pensare che la sessualità non nasce per il piacere, ma fa parte di un disegno più grande e profondo, che è l'amore, e il cui significato è legato alla procreazione»
La pillola quindi è bandita? «Gli anticoncezionali significano, per gli adolescenti, non avere stima di sé, deresponsabilizzarsi, sentirsi il Dio della propria vita. Quanto di libertà c'è nell'uso degli anticoncezionali e quanto di costrizione? Chi è che dice questo oggi alla gente? Nessuno. Solo la Chiesa»
Insomma, bisognerebbe rimanere vergini fino al matrimonio. Nel 2014. «Molti dei giovani che hanno seguito i nostri corsi hanno smesso di avere rapporti prematrimoniali, perché hanno capito che potevano dare un senso più vero alla relazione sessuale. E poi, se un uomo e una donna si incontrano, si riconoscono, decidono di donarsi l'uno all'altro, allora si sposano. E dico: si sposano, non vanno a convivere. La convivenza è solo una falsità, una banalizzazione, una relazione usa e getta»
Nella relazione sul laboratorio con i giovani di quest'anno è riportato un discorso del cardinale Javier Lozano Barragàn. In cui si legge: «Così si professa un individualismo totale, possessivo e anarchico; quest'uomo è antifamiliare, antimilitarista, anriclericale, antipartito, antistatale».
Antimilitarista? Che c'entra? «Per me significa insegnare ai ragazzi a non aver paura del conflitto come possibilità di crescita. A uscire dal politicamente corretto, a non cedere al molliccio “va bene così”»
Ho capito, ma qui c'è scritto “antimilitarista”. «Sorella cara, che le devo dire? Sono convinto che presto dovremo difenderci. In corso c'è la terza guerra mondiale. E la non violenza è vincente solo se l'altro conosce il perdono. Una guerra santa? Forse. Ma non mi sembra di dire cose straordinarie».