Nove anni a Maria Giulia Sergio, dieci al marito Aldo, guerriero del Califfato. Massimo della pena anche per la reclutatrice italo-canadese Bushra Haik, che però resta libera in Arabia Saudita. Ecco tutti gli audio con le intercettazioni-choc tra Siria e Milano
Tutti condannati nel primo processo ai jihadisti italiani dell'Isis. La corte d'assise di Milano, presieduta dal giudice Ilio Mannucci, ha inflitto nove anni di reclusione a Maria Giulia Sergio, la cittadina italiana, originaria della provincia di Napoli e cresciuta alle porte di Milano, che nell'autunno 2014 è partita per la Siria con il suo secondo marito, diventato un combattente del cosiddetto Stato islamico. Lui, Aldo Kobuzi, un integralista albanese che ha trasferito in Siria dall'Italia anche la sua famiglia d'origine, è stato condannato al massimo della pena: dieci anni di carcere. Marianna Sergio, la sorella di Maria Giulia, arrestata dalla polizia mentre si preparava a partire per la Siria, era già stata condannata a 5 anni e quattro mesi, con lo sconto di pena del rito abbreviato, ed è tuttora in carcere. Maria Giulia e il marito Aldo restano invece latitanti in Siria, in una zona di guerra ancora controllata dal Califfato nero.
Le due sorelle italiane erano state intercettate dalla Digos di Milano mentre inneggiavano alla guerra santa e cercavano di convincere anche il padre e la madre a partire per la Siria e obbedire al sedicente califfo Abu Bakr Al Bagdadi. La sentenza di oggi è importante anche perchè riconferma l'applicabilità ai nuovi jihadisti dell'accusa di terrorismo internazionale e del nuovo reato che incrimina chi pianifica di lasciare l'Italia per unirsi al Califfato.
La Corte, composta da due giudici togati e da sei cittadini estratti a sorte come giurati, ha inflitto nove anni di reclusione a Bushra Haik, la predicatrice italo-canadese che, dopo essersi trasferita in Arabia Saudita, dove ha sposato un imam ultra-integralista, teneva terrificanti lezioni di jihad su Internet. Bushra è stata intercettata mentre esaltava le stragi terroristiche di Parigi e indottrinava prima Maria Giulia e poi Marianna Sergio, portandole a giustificare gli omicidi di infedeli (compresi i musulmani estranei al Califfato) e le decapitazioni di ostaggi.
Il padre delle due sorelle, che si chiama Sergio anche di nome, non era accusato di associazione terroristica ed è stato condannato a quattro anni (sei mesi in più della pena chiesta dai pm) solo per aver aderito al progetto di viaggio jihadista programmato dalla sua famiglia, poi sventato dalla polizia. L'uomo è tuttora agli arresti domiciliari. La moglie Assunta, anche lei inquisita solo per il viaggio, era morta per malattia dopo essere stata scarcerata.
La corte d'assise ha condannato a otto anni di reclusione altre due donne jihadiste, nate in Albania e poi trasferitesi in Italia, nella Maremma grossetana, entrambe parenti del guerriero sposato da Maria Giulia: la madre Donica e la sorella Seriola, tuttora latitanti in Siria come l'italiana e il marito.
Maria Giulia Sergio si era convertita da anni all'Islam ed era già sposata con un musulmano normale. Quando si è radicalizzata su Internet, ascoltando soprattutto le lezioni di Bushra dall'Arabia Saudita, ha divorziato per poter risposarsi con Aldo Kobuzi, arrivato solo allora in Italia dall'Albania: un «matrimonio combinato», secondo l'accusa, per andare insieme in guerra nel Califfato siriano-iracheno.
La sentenza ha accolto pienamente le richieste del pm Maurizio Romanelli, che nel frattempo è passsato alla Direzione nazionale antimafia, dove continuerà a coordinare le indagini sul terrorrismo internazionale.
A tutt'oggi, secondo i dati del ministero dell'Interno, sono circa un centinaio i jihadisti collegati in qualche modo all'Italia (anche solo per averci abitato in passato) che sono andati a combattere in Siria o in misura minore in Libia per il cosiddetto Stato islamico. Dalla Francia ne sono partiti quasi duemila, dalla Germania e dalla Gran Bretagna più di mille, oltre 700 solo dal Belgio.