Fra i tre giudici di Corte d'Appello che hanno condannato a due anni e mezzo per peculato Augusto Minzolini per l'uso illecito della carta di credito della Rai sentenza confermata in Cassazione nei mesi scorsi) c'era Giannicola Sinisi: parlamentare col centrosinistra dal 1996 al 2008, sottosegretario all'Interno con Prodi e D'Alema e candidato governatore in Puglia nel 2000.
Circostanza che secondo Forza Italia, che si oppone alla decadenza da senatore di Minzolini prevista dalla legge Severino, avrebbe dovuto indurre il magistrato ad astenersi per ragioni di opportunità: troppo politicizzato, il suo passato, per non prefigurare il rischio di mancanza di imparzialità. Chi invece lo ha fatto, nel processo a Napoli a carico dei coniugi Mastella, è stato un paio d'anni fa Nicola Miraglia Del Giudice: eletto alla Camera con An e transitato nel Ccd di Casini, nel 1998 aveva seguito l'esponente beneventato nell'Udr.
Si condivida o no la posizione dei berlusconiani, il problema del rientro in carriera delle toghe che hanno fatto politica si pone. Anche perché una legge non c'è: per chi non è stato eletto vale il divieto di tornare al lavoro nelle circoscrizioni in cui ci si è candidati - come mostra il caso di Antonio Ingroia, spedito al tribunale di Aosta dopo il flop di Rivoluzione civile - ma la norma nulla dice nei riguardi di chi, dopo essere stato in Parlamento, vuole tornare a svolgere il lavoro di prima.
NUOVA VITA
Attualmente, ha ricostruito l'Espresso, ci sono 22 magistrati in servizio con un passato in politica: 13 nel centrosinistra, 9 nel centrodestra. Di questi, 10 sono ex parlamentari, equamente ripartiti fra gli schieramenti. Nel vuoto legislativo e in attesa che le Camere si muovano (a Montecitorio giace un ddl approvato dal Senato due anni fa) il Csm si è dato delle regole di proprio iniziativa, ricollocandoli per almeno cinque anni in un distretto diverso da quello dell'elezione e mai con funzioni inquirenti.
È il caso dell'ex sottosegretario Alfredo Mantovano, parlamentare con An e Pdl per quasi vent'anni: candidato sempre in Puglia, dal 2013 è consigliere di Corte d'Appello a Roma. Il democratico Lanfranco Tenaglia, che fu anche ministro-ombra della Giustizia ai tempi di Veltroni, non rieletto in Abruzzo alle ultime elezioni, dopo otto anni da deputato adesso è giudice al tribunale dei minori di Venezia.
Angelo Giorgianni, sottosegretario diniano nel Prodi I, è in Corte d'Appello a Messina, dove a breve arriverà come presidente di sezione un altro ex dai lunghi trascorsi politici: Sebastiani Neri, deputato con An (di cui fu responsabile Giustizia) e l'Mpa di Raffaele Lombardo, che lo portò anche alla Regione Sicilia dopo una mancata elezione con Salvatore Cuffaro. Altri ex più “datati” sono invece arrivati nel frattempo in Cassazione, come Francesco Bonito (per anni responsabile Giustizia dei Ds), Domenico Gallo (con Rifondazione nel '94) e Antonio Oricchio (nel 2001 con Forza Italia).
Situazione identica pure per vari ex assessori: Alfonso Sabella dopo la breve esperienza con Ignazio Marino in Campidoglio (e in attesa di tornare nella Capitale come capo di gabinetto del nuovo sindaco, se Roberto Giachetti vincerà le elezioni) è ora giudice a Napoli. Giuseppe Narducci, in squadra per un anno e mezzo col sindaco Luigi De Magistris, è a Perugia. Scelta diversa per Lorenzo Nicastro, eletto con l'Idv e membro dell'ultima giunta Vendola in Puglia, che adesso è pm a Matera.
QUESTO E QUELLO
Tutto bene dunque? Non sempre. Non solo per la delicatezza di conciliare un diritto costituzionalmente riconosciuto come la partecipazione alla vita politica con la terzietà richiesta a chi indossa la toga senza sconfinare nelle porte girevoli (non a caso il Csm sta lavorando a una stretta sulle incompatibilità negli enti locali). Ma anche perché, pure quando la legge lo consente, le situazioni-limite non mancano, sempre per questioni di opportunità.
Il magistrato Roberto Bufo, ad esempio, ha collezionato negli ultimi anni un gran numero di cariche: consigliere comunale a Lerici per cinque anni e al tempo stesso giudice a Pisa, poi assessore ai rapporti con gli enti istituzionali in un paesino di poche centinaia di abitanti in provincia di Lucca durante l'aspettativa dal tribunale del capoluogo; poi, mentre era a La Spezia, una candidatura al comune di Massa in una lista civica di centrodestra e un'altra per Strasburgo coi montiani di Scelta europea nella circoscrizione Nord-ovest, che comprende anche la Liguria (per l'occasione sulla sua pagina Facebook si definiva "personaggio politico").
Non eletto, è stato spostato a Pisa (che ricade in un altro collegio) e in quegli stessi giorni è stato nominato assessore all'isola d'Elba. Per quanto singolare possa apparire, tutto assolutamente legittimo: nulla allo stato attuale vieta di esercitare un ruolo amministrativo al di fuori del circondario del tribunale in cui si esercita.
Come mostra la vicenda del sindaco di Portici Nicola Marrone: eletto da una coalizione formata da Sel, Verdi, Idv e Udc, nei primi mesi dopo l'elezione ha continuato a fare il giudice a Torre Annunziata anziché chiedere subito l'aspettativa. Non era obbligato: le due città, per quanto distanti pochi chilometri, si trovano in distretti giudiziari diversi ma le critiche non sono mancate.
SANZIONI E AMMONIZIONI
Il problema insomma resta, anche se la riforma Castelli del 2006 ha vietato l'iscrizione e la partecipazione alla vita dei partiti con la motivazione che possono "condizionare l'esercizio delle funzioni o comunque compromettere l'immagine del magistrato". Ne sa qualcosa Luigi Bobbio, pm antimafia a Napoli e in seguito senatore di An, capo di gabinetto del ministro Giorgia Meloni e sindaco di Castellammare di Stabia (ruolo che nel 2012 lo rese celebre per aver abbandonato una processione che omaggiava un boss della camorra): nel 2010 è stato condannato con l'ammonizione dal Csm per aver assunto la presidenza della federazione napoletana di Alleanza nazionale mentre era fuori ruolo per un incarico di collaborazione con la Camera. Il motivo: i "metodi partitici" per loro natura "non sono compatibili con l'indipendenza del magistrato".
Un rilievo avanzato a suo tempo anche nei confronti di Ingroia al termine dell'aspettativa chiesta per candidarsi alle ultime elezioni. Bobbio, che dal 2013 è giudice a Nocera Inferiore, nei mesi scorsi è anche stato condannato a otto mesi (pena sospesa) per aver scritto sul suo profilo Facebook che Carlo Giuliani, il ragazzo ucciso durante il G8 di Genova, era "una feccia di teppista di strada".
Un caso in parte simile interessa anche il governatore pugliese Michele Emiliano per la sua veste di segretario regionale del Pd: o la politica o la toga, l'aut aut del procuratore generale della Cassazione, che un anno e mezzo fa ha aperto un procedimento disciplinare nei suoi confronti. Una contestazione che però non risulta essere mai stata mossa verso quei magistrati che sono parlamentari e svolgono vita di partito, come nel caso di Anna Finocchiaro, in aspettativa dal lontano 1987.