La spesa sanitaria per le cure oncologiche è cresciuta enormemente negli ultimi anni. E con questa anche il divario tra i servizi per i pazienti garantiti dalle regioni italiane. Un esempio? In Campania si fa una chemio ogni mille abitanti, in Piemonte 31

Il peso dell'oncologia all'interno della spesa sanitaria italiana cresce anno dopo anno, insieme al numero di decessi dovuti a forme tumorali. Se nel 2010, secondo gli ultimi dati Airtum, le nuove diagnosi erano state circa 2,5 milioni, nel 2015 si sono superati i 3 milioni di casi. Non stupisce quindi che per la prima volta nel 2014 la spesa sanitaria per i farmaci per il cancro ha superato quella per gli antimicrobici e per i medicinali per il sistema cardiovascolare, collocandosi al primo posto per un totale di 3,2 miliardi di euro complessivi. Un trend in linea con il costo medio delle terapie farmacologiche oncologiche, che nel periodo 2005-2009 ammontava a 25.675 euro ed è arrivato a 44.900 euro fra il 2010 e il 2014.

Il punto cruciale di questo sistema rimangono però le forti disuguaglianze che intercorrono fra regione e regione, per quanto riguarda l'accesso alle cure, prestazioni di terapia del dolore (in alcune zone inesistenti quando invece dovrebbero venire erogate), profonde differenze nell'assistenza domiciliare, disparità di accesso ad adeguate terapie nutrizionali, disomogeneità nel numero di posti letto e di servizi di hospice per le cure palliative. Questo nonostante tutte le prestazioni di assistenza tutelare siano definite come LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) dal 2001.

Una situazione messa in luce dall' "Ottavo Rapporto sulla condizione assistenziale dei malati oncologici” pubblicato dalla FAVO (Federazione Italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia) che registra una disomogeneità geografica di servizi e strutture, e quindi di accesso alle cure.

Prese in carico, peggio al sud
Il primo passo per l'accesso alle cure oncologiche è la presa in carico da parte del Servizio Sanitario Nazionale. Le disuguaglianze partono proprio da qui, con un divario nord-sud molto evidente. Se la media in Italia è di una presa in carico per malattie oncologiche su 1.000 abitanti, in quasi tutte le regioni del nord e in particolare nel nord-est, la percentuale è di poco inferiore al 2 per mille, mentre il sud è profondamente sotto la media. In Calabria si contano 0,11 prese in carico per 1.000 abitanti, nel Lazio 0,22 e in Campania 0,36.










La Radioterapia: pochi i dati
Per molti pazienti, cancro è anzitutto sinonimo di radioterapia e un'ulteriore disomogeneità riguarda proprio il numero di strutture che prevedono un servizio di radioterapia e il numero di posti letto disponibili per abitante. In Toscana e in Umbria, per esempio, si superano le 4 strutture per milione di abitanti, mentre in Campania, Basilicata e Sardegna non si toccano le 2 strutture per milione. Per quanto riguarda i posti letto per servizi di radioterapia e radioterapia oncologica la forbice è ancora più aperta: qui il nord-est spicca con una media di 18 posti letto per milione di abitanti mentre al sud troviamo 4 posti letto per regione per milione di residenti.



Il numero di posti letto e di strutture però non è certo il solo indicatore di un sistema che funziona. Un modo per misurare l'efficacia delle unità di radioterapia – spiegano gli esperti - "e? rapportare la popolazione al numero di strutture radioterapiche presenti nel territorio, partendo dal dato che una moderna ed efficiente unita? radioterapica (con meno di 10 anni di vita) e? in grado di curare circa 400-450 pazienti per anno”. Il problema è che di dati definitivi a riguardo pare non ce ne siano, sebbene le stime ci dicano che da qui a 10 anni il fabbisogno di questo tipo di trattamento salirà del 15 percento. I dati noti e relativi al numero di acceleratori – si legge nel rapporto - sono infatti molto eterogenei, e per questa ragione risulta impossibile ad oggi un monitoraggio dell’attivita? svolta per inquadrare il numero di pazienti trattati per anno per regione.

Un fatto che contrasta con le raccomandazioni della letteratura scientifica più recente. Secondo quanto pubblicato nel 2015 da un gruppo di esperti sulla prestigiosa rivista The Lancet Oncology, proprio in ragione di un fabbisogno crescente di terapie radiologiche, espandere l'accesso alla radioterapia rappresenterebbe un importante investimento per i sistemi sanitari europei in termini di prevenzione oltre che di cura.

Cure palliative a più velocità
Nel 2011 una Commissione parlamentare ha verificato lo stato di attuazione della Legge 38 del 15 marzo 2010, che prevedeva la presenza di un’Unita? Operativa Cure Palliative e Terapia del Dolore, di protocolli di collaborazione con i medici di medicina generale, il consumo dei farmaci oppiacei e la valutazione dell’intensita? del dolore nella cartella clinica. L'indagine evidenzia tre dimensioni assistenziali profondamente differenti: al nord la percentuale di adeguamento alla normativa è risultata infatti essere del 91-93 percento, al centro del 75 percento mentre nel Meridione ci si è fermati al 41 percento.

Anche se analizziamo i dati riguardanti gli Hospice, cioè le strutture deputate ad accogliere i malati terminali, e che si riferiscono al periodo luglio 2012 - luglio 2013, la disomogeneità è evidente a livello regionale. In Calabria e nelle Marche, per esempio, la terapia del dolore è stata offerta nel 18 percento dei casi, mentre la media italiana è del 68 percento. Profonde anche le differenze sulle sedazioni terminali palliative, erogate in media nel 20 percento dei casi in Italia, con percentuali che superano il 30 in Veneto, Trentino, Liguria e Basilicata, mentre nelle Marche, in Molise e in Calabria si sfiora lo zero.



Chemioterapia a macchia di leopardo
Forti differenze anche sul fronte delle cure chemioterapiche, con un sud che ha in media la metà delle prestazioni del nord: 6,8 ogni 1000 abitanti contro 15,8 delle regioni settentrionali. In Campania addirittura non si tocca 1 prestazione per 1.000 abitanti, e in Sicilia, Calabria e Abruzzo le cose non sono poi molto diverse. Una situazione che appare ancor più negativa se consideriamo che queste regioni rappresentano complessivamente un'area contigua molto ampia del nostro paese.



Terapia nutrizionale per pochi
Gli esperti lo definiscono un "bisogno inespresso” in oncologia. Stiamo parlando dell'importanza di un'adeguata terapia nutrizionale per i malati oncologici, che preveda percorsi diagnostico-terapeutici condivisi tra oncologi e nutrizionisti clinici. In una percentuale ben superiore ai 2/3 dei malati di cancro si riscontra, nel corso della malattia, una perdita del peso corporeo, e il 20-30 percento di essi muore per gli effetti della malnutrizione.

Si tratta però di un bisogno che in Italia viene accolto in maniera profondamente disomogenea dai sistemi sanitari regionali. Un problema – stando a quanto si legge nel rapporto - legislativo prima ancora che operativo. Il quadro di riferimento per i trattamenti di NAD (Nutrizione Artificiale Domiciliare) differisce da regione a regione e addirittura tra Asl dello stesso territorio, traducendosi di fatto in una differenza di accesso alle cure. Ancora oggi, solo in circa il 10 percento del territorio nazionale esiste una legge specifica per la Nad, mentre nel 25 percento del territorio nazionale non e? disponibile alcuno strumento normativo che garantisca l'effettiva erogazione di questo trattamento.

Ma prima ancora si tratta qui di un problema di prevenzione, di valutazione del rischio di malnutrizione nel malato alla prima visita di oncologia medica, cioe? prima di iniziare il percorso di chemioterapia o di radioterapia. I risultati del progetto PreMiO (Prevalenza della Malnutrizione in Oncologia), realizzato dalla Societa? Italiana di Nutrizione Artificiale e Metabolismo (SINPE) e dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), hanno evidenziato che oltre il 60 percento di circa 2000 pazienti valutati su tutto il territorio nazionale italiano alla prima visita di oncologia medica, mostrava una perdita di peso involontaria nei 6 mesi precedenti. Circa la meta? presentava alterazioni dello stato nutrizionale e tra questi il 9 percento era evidentemente malnutrito. Piu? del 40 percento dei malati oncologici risultava infine a rischio di malnutrizione.

Twitter @CristinaDaRold