Napoli – Siena: da 19 euro in su. Roma - Verona lo stesso. Milano - Parigi, che è una novità, parte da soli 9 euro a tratta. Il successo di “Flixbus” invade i caselli d'Italia. Sulle strade d'agosto centinaia di autobus verdi scorrazzano elefantiaci e felici migliaia di «clienti soddisfatti nel 97 per cento dei casi», come dice la pubblicità: studenti e famiglie, turisti ed emigrati, ogni giorno gaiamente trasportati per decine di ore grazie al boom del trasporto low cost sull'asfalto.
Ma gli stessi giorni di sole sono stati molto meno felici per chi quei bus li avrebbe voluti guidare. Dal 16 agosto infatti hanno smesso di lavorare i 115 autisti di Megabus, società che già un anno fa portava festanti milanesi a Bari e viceversa per solo un euro o poco più. Dopo un anno di viaggi a prezzi stracciati, la compagnia ha chiuso le tre sedi italiane e ceduto le sue attività alla concorrente. Lasciando a casa tutti i suoi giovani autisti, assunti con contratto nazionale e promesse di crescita. Flixbus infatti si è presa lo spazio me non le persone. Anche perché Flixbus qui di autisti proprio non ne ha.
La new economy dei torpedoni verde smeraldo ha adottato infatti in Italia una strategia a impatto zero. A impatto zero, o quasi, per la casa madre. Ovvero: su Flixbus i clienti prenotano, pagano i biglietti, è Flixbus a fare pubblicità e brillare con i propri loghi sulle carrozzerie. Ma gli autobus, concretamente, non sono mai loro. Sono di «49 “partner” commerciali», come spiegano dalla società, ovvero 49 piccole e medie aziende di noleggio e trasporto che lavorano per conto della start up. Sono questi “partner” a comprare i mezzi. A pagare la benzina. E soprattutto a stipendiare gli autisti.
«Abbiamo iniziato a metà maggio. Ho pensato: è meglio averli come partner che come concorrenti, visto che molte loro tratte si sovrappongono alle nostre. E loro sono, bisogna ammetterlo, delle potenze del marketing», racconta ad esempio Michele Caputo, amministratore delegato della “Caputo Bus”, che per conto di “Flixi” trasporta villeggianti fra Roma e Napoli oppure Salerno e Potenza. «Come numero di passeggeri non ci possiamo lamentare», dice, già più titubante invece sul ritorno economico, almeno per ora, perché i prezzi dei biglietti li decide la capofila e «il rischio di impresa oggettivamente è stato più nostro, ad oggi: ho comprato quattro mezzi nuovi di zecca per dare il servizio».
Per le tratte “verdi”, il signor Caputo ha assegnato sette dei suoi 40 autisti, tutti assunti da anni a tempo indeterminato («perché siano più tranquilli»). Lorenzo Troiani, invece, patron della Autolinee Troiani, 100 mezzi, 225 dipendenti, volto concreto di Flixbus su quattro linee che attraversano città come Roma, Firenze, Bologna, Novara, ha delegato diciotto autisti. «Tutti pagati con lo stipendio che avevano prima, un lordo mensile medio di 2.180 euro. E abbiamo comprato otto autobus nuovi», racconta. Anche Troiani si dice soddisfatto. Ma come Caputo (altri che abbiamo provato a contattare preferiscono non parlarne) non offre dettagli sui guadagni reali a riguardo.
Altri operatori nel frattempo preparano barricate: «L'arrivo di Flixbus sta destabilizzando un mercato che non è in crescita. Generando scompiglio. Molti colleghi mi stanno chiedendo di uscire allo scoperto a settembre. Così non può andare avanti». Giuseppe Vinella, amministratore della “Sita Sud Srl” e attuale presidente dell'associazione nazionale autotrasporto viaggiatori, Anav, risponde concitato. «Parlo da imprenditore, adesso, non da presidente: i miracoli non li può fare nessuno. I prezzi stracciati hanno un costo. Per gli autisti e gli agenti. In questo caso, Flixbus non è che una software house. Che ingaggia ex noleggiatori o medie e piccole imprese per trasportare passeggeri. È un portale. Non un operatore». Per questo dice, avvieranno dei ricorsi. Ma da “Flixi” rispondono che è tutto in regola: le autorizzazioni del ministero dei Trasporti sono state date alla capofila in associazione con le aziende. E le richieste di sicurezza vengono fatte rispettare sempre.
Sul fronte del lavoro resta però scoperto il nodo d'agosto del licenziamento ormai definitivo per i 115 autisti della sussunta Megabus. «Il 25 maggio abbiamo visto il ministro del lavoro Giuliano Poletti festeggiare l'arrivo di Flixbus con la promessa di 220 assunzioni», ricorda Antonio Piras, segretario generale del sindacato dei trasporti della Cisl, riferendosi all'annuncio del ministro del Jobs Act che brindava all'accordo con la compagnia per l'inserimento di giovani e neet, inviato a tutte le agenzie di stampa nazionali: «Un mese dopo sono stati mandati a casa i dipendenti della concorrente, cancellata dal mercato...».
«Poletti disse “il virtuale incontra il reale”. Ma dopo un anno in regola sono finiti in mobilità per sei mesi gli oltre cento autisti della Megabus. È questo il reale?», rincara Domenico D'Ercole della Cgil: «Almeno Flixbus ha aperto sul suo portale una pagina dedicata per convincere i “partner” ad assumere alcuni di loro». Il massimo. Per i licenziati d'estate. Mentra la compagnia festeggia un ferragosto di grandi numeri fra i propri passeggeri low cost.